Maria, il Diavolo, la vita, la morte, il canto
di Matteo Annecchiarico
Immagine di copertina: Piero della Francesca, dettaglio della Madonna del Parto, 1459, Museo di Monterchi (Arezzo)
Serhij Žadan è stato il secondo scrittore al centro del laboratorio di traduzione poetica coordinato da Olena Ponomareva presso l‘Università Sapienza di Roma nel 2022. Le modalità di lavoro sono state le medesime adottate durante la traduzione delle poesie di Lina Kostenko.
I componimenti che vi presentiamo oggi provengono dalla raccolta “Vita di Maria” (2015), di cui ha già parlato in maniera esaustiva Olena Ponomareva nel commento che accompagna le sue traduzioni di alcune poesie provenienti dalla stessa raccolta (vedi anche qui). Per avere invece maggiori informazioni di carattere più generale riguardanti la figura e l’attività di Žadan, sempre su Poli-logo è disponibile un’efficace mappa bio-bibliografica dell’autore tracciata da Serena Buti.
Nei tre componimenti qui proposti (Gravidanza, Il Rinoceronte e una poesia priva di titolo) l’autore dimostra una grande capacità nel raccontare diverse dimensioni della vita umana, esplorandone sia gli abissi di dolore, sia gli istanti di gioia che la scandiscono. Come affermato da Žadan stesso si tratta non a caso di un “libro sull’odio e sull’amore” che esplora questi due poli contrapposti attraverso una rivisitazione in chiave contemporanea dell’humus dal quale nascono i nostri concetti di bene e male: la tradizione cristiana sulla quale si fonda la cultura occidentale. L’impianto formale delle liriche è altrettanto variegato. Le prime due poesie si sviluppano mediante l’impiego del verso libero, con degli inserti “dialogici” che ne dinamizzano la struttura e l’impatto narrativo, il quale si fa più incisivo proprio in virtù di un io lirico/narratore dall’inusitata vitalità. L’ultima poesia è invece composta unicamente da rime baciate, coniugando il carattere “performativo” tipico della produzione di Žadan con un marcato andamento musicale. L’espressività dei versi scaturisce principalmente dalla suggestione visiva e sensoriale delle immagini poetiche proposte, all’apparenza prosaiche, ma dischiudenti al tempo stesso una fitta rete di significati e rimandi. L’io lirico s’interfaccia con diversi personaggi appartenenti alla tradizione biblica, soffermandosi su di essi dall’esterno, oppure confrontandosi direttamente con essi, quasi fossero dei semplici passanti incontrati per strada.
Nel primo componimento, Gravidanza, dei novelli Giuseppe e Maria sono alle prese con la gravidanza di quest’ultima. Le figure della tradizione biblica vengono desacralizzate e calate nel quotidiano, mostrandosi così in tutta la loro umanità. Con brevi ma suggestive pennellate, vengono descritti nei momenti di intimità che precedono l’arrivo del nascituro, attimi di trepidante dolcezza accompagnati da una “voce fuori campo” che descrive i suoni e gli odori dell’estate. Quest’ultima stagione è un regno di luce dove le tenebre non calano e il mare, riecheggiando la figura di Maria, pulsa di vita. La poesia si configura come un inno alla vita.
Il componimento successivo, Rinoceronte, cambia totalmente registro e affonda le proprie radici nella materia dell’incubo. Con una similitudine semplice ma, allo stesso tempo, tremendamente efficace, quella di un rinoceronte rinchiuso nella gabbia di uno zoo, vengono narrate le sorti di una ragazza in quello che probabilmente è uno scenario di guerra. L’oscurità avvolge ogni cosa e sembra non lasciare scampo. Žadan racconta la fragilità e la disperazione dell’essere umano in balia dell’orrore che lo circonda e sul quale non può esercitare alcuna forma di controllo. Eppure, per quanto il dolore sia insopportabile e la morte spaventosa, l’unico modo per intravedere un barlume di luce è affrontare il male. L’io lirico, rivolgendosi con tono accorato alla propria eroina e, al contempo, al lettore, incita entrambi a fronteggiare la paura che attanaglia, invitandoli a “spezzare l’oscurità” che li circonda. La poesia di Žadan si tramuta in un concitato appello all’umanità, un grido di guerra che non inneggia alla violenza, ma alla resistenza, all’accettazione del dolore, allo stringersi attorno all’amore rimasto per trarne forza.
L’ultimo componimento che vi proponiamo, privo di titolo, riprende il personaggio di Maria, la quale si fa interlocutrice diretta dell’io lirico, intento a narrarle del suo incontro con il diavolo. Come già accennato, il verso libero lascia il posto a una sequenza di rime baciate che donano alla poesia un andamento cantilenante, che ricorda la musicalità di un’antica filastrocca (qui, sulla natura del male) tramandata di generazione in generazione. Anche in questo caso amore e odio, incarnati dalle figure archetipiche di Maria e Satana, vengono nuovamente contrapposti, seppur in una chiave diversa. L’odio scaturisce principalmente dall’incomprensione e dall’insensibilità. Il diavolo è una creatura infida e mutaforma, che si nasconde dietro sembianze apparentemente innocue (quelle di un sarto). Sembianze che gli permettono di agire nell’ombra calpestando e sfruttando le vite altrui che tanto fatica a comprendere e che, per questo motivo, gli sembrano inutili. Un diavolo dei tempi contemporanei, dunque, il cui cinismo e materialismo sembrano riecheggiare quello di molti oligarchi e magnati della finanza del nostro tempo, ossessionati dal profitto e disposti a tutto pur di ottenerlo. L’amore è di nuovo la chiave di volta, riconfermandosi il filo conduttore dell’intera raccolta. L’amore di Maria protegge l’io lirico dalle insidie del diavolo, amore che nella poesia è simboleggiato dal canto (manifestazione dell’anima), in quanto espressione dell’individualità umana che solo la parola poetica è in grado di esprimere appieno e che l’abile tessitore trova tanto ripugnante. I componimenti di Žadan, ponendo l’accento sul ruolo salvifico della poesia, si confermano essere una concitata preghiera che il poeta rivolge alle muse affinché il canto di quest’ultime, nel momento in cui l’umanità viene minacciata dal male, possa trasformarsi in un grido d’amore in grado di sovrastare il boato dei cannoni e tenere così in vita la fiamma della speranza.
Вагітність
Вона сказала йому про це
на початку літа,
коли вже важко було приховувати.
«Коли чекати?» — запитав він.
«Десь після Нового року», —
відповіла вона.
Літнє повітря пахне дощем,
і дні такі довгі, що навіть після
заходу сонця тривалий час
не западає темрява.
Зранку в море виходять рибалки,
і коли повертаються,
сіті їхні тяжіють морськими їжаками
й пекучими, як вогонь,
медузами.
Прикладаючи голову до її
живота, він слухає його,
ніби мушлю, що ховає в собі
співи дельфінів.
Вечорами,
після роботи,
він сидів коло неї і розповідав
про справи, про все, що з ним
трапилося за день.
Домовились: якщо буде
дівчинка, ім’я вибирає вона,
а якщо хлопчик —
вибирає він.
І Марія перебирала вголос жіночі імена,
знаючи, що насправді
це буде хлопчик.
А Йосип перебирав імена
чоловіків,
ще зовсім нічого не знаючи.
Gravidanza
Fu all’inizio dell’estate
che glielo disse
quando nasconderlo già diventava difficile
«Quanto c’è da aspettare?», le chiese lui.
«Più o meno fino all’inizio dell’Anno nuovo», rispose lei.
L’aria estiva ha l’odore della pioggia
e le giornate sono così lunghe, che nemmeno dopo il tramonto
le tenebre seppelliscono
il giorno imperituro.
Di mattina i pescatori prendono il largo,
e quando ritornano,
sulle loro reti grava il peso dei ricci di mare
e delle meduse cocenti
come fuoco.
Lui lo ascolta, accostando
l’orecchio alla pancia,
come se fosse una conchiglia che in sé cela
il canto dei delfini.
Le sere,
dopo il lavoro,
lui le sedeva vicino,
e le raccontava di ogni cosa,
di tutto quello che gli era successo
durante la giornata.
Erano d’accordo: se fosse stata
una femminuccia avrebbe scelto lei il nome
mentre se fosse stato un maschietto,
l’avrebbe scelto lui.
E Maria ripeteva ad alta voce i nomi da femmina
sapendo che in realtà
sarebbe stato un maschietto.
Mentre Giuseppe,
che non sapeva assolutamente nulla,
selezionava con cura i nomi
da maschio.
(Traduzione di Matteo Annecchiarico)
Носоріг
Півроку вона тримається.
Півроку розглядає смерть,
як носорога в зоопарку:
темні складки,
важке дихання.
Боїться, але не відводить погляду,
не заплющує очей.
Страшно, дуже страшно.
Так і повинно бути.
Смерть страшна, вона лякає.
Страшно відчувати сморід червоного місяця,
страшно дивитись, як робиться історія.
Півроку тому все було цілком інакше.
Півроку тому всі були іншими.
Нікого не лякали зірки,
що падали до водосховищ.
Нікого не насторожував дим,
що підіймався з розламів у чорному ґрунті.
Серед нічної вулиці,
серед гамору та вогнів,
серед смерті й любові
вона заривається обличчям йому в плече,
б’є його відчайдушно кулаками,
плаче, скрикує в темряві.
Я не хочу, каже, всього цього бачити,
я не можу все це в собі носити.
Навіщо мені стільки смерті?
Куди мені її дівати?
А куди дівати смерть?
Носити її за спиною,
мов циганське дитя:
ніхто не любить його,
і воно нікого не любить.
Любові так мало,
любов така беззахисна.
Плач і розбивай темряву своїми теплими руками.
Плач і не відходь від нього ні на крок.
Світ ніколи не буде таким, як раніше.
Ми нізащо не дозволимо йому
бути таким, як раніше.
Все менше освітлених вікон на холодній вулиці.
Все менше безтурботних перехожих
коло вітрин магазинів.
В пекельній осінній пітьмі остигають поля і ріки.
Загасають під дощем багаття.
Замерзають серед ночі міста.
Il rinoceronte
Per sei mesi lei resiste.
Per sei mesi guarda in faccia la morte,
come se fosse un rinoceronte in uno zoo:
le grinze scure,
il respiro pesante.
Ha paura, ma non distoglie lo sguardo,
non chiude gli occhi.
Spaventoso, davvero spaventoso.
E così deve essere.
La morte è spaventosa, incute terrore.
È terribile sentire il tanfo della luna di sangue,
è terribile guardare come si fa la Storia.
Sei mesi fa tutto era completamente diverso.
Sei mesi fa tutti erano diversi.
Nessuno aveva paura delle stelle
che cadevano sul bacino idrico.
Nessuno era allertato dal fumo
che si alzava dalle crepe della terra nera.
Tra le vie notturne delle città,
tra il chiasso e le luci,
tra la morte e l’amore
lei seppellisce il viso nella spalla di lui,
lo colpisce disperatamente con il pugno,
piange e stride nelle tenebre.
Io non voglio, dice, vedere tutto questo,
io non posso portare il peso di tutto ciò.
Cosa me ne faccio di così tanta morte?
Dove la devo ficcare?
Dove ficcare la morte?
Mettersela dietro le spalle
come uno zingarello:
nessuno lo ama
e lui non ama nessuno.
Poco è l’amore
e così inerme.
Piangi e spezza l’oscurità con il calore delle tue mani.
Piangi e non allontanarti da lui nemmeno di un passo.
Il mondo non è sarà mai più com’era prima.
Noi non gli permetteremo per nessun motivo
di essere come era prima.
Sempre meno finestre illuminate sulla gelida via.
Sempre meno passanti spensierati
vicino alle vetrine dei negozi.
Nell’oscurità infernale dell’autunno si coprono di gelo i campi e i fiumi.
Si spengono i fuochi sotto la pioggia.
Stremate dal freddo si assopiscono di notte le città.
(Traduzione di Anna Cavazzoni)
Immagini: Salvatore Rizzuti, Il canto delle sirene
А зараз я розповім тобі, як зустрічався з дияволом.
Диявол, Маріє, керується єдиним правилом:
він вводить тобі під шкіру мед і олово,
він пришиває тобі до тіла своє серце й голову.
Ходи тепер з його головою, дивися його очима.
Лови тепер сонце в небі, думай, у чому причина.
Все одно нічого не зрозумієш, нічого не упіймаєш.
Залишишся з тим, у що віриш, себто із тим, що маєш.
Диявол, Маріє, — чорний кравець із Бронкса,
в легені йому залито вогонь, в очах його тане бронза,
шиє святкові костюми, виміряє коштовну тканину,
влаштовує перестрілки й вуличну різанину.
Приводить до себе вночі золотих китаянок,
топить в затоці їхні тіла на ранок,
вкладає тобі до рук пакунки й ранкову пресу,
просить віднести, записує на шпалерах адресу.
І я, Маріє, розносив спраглим ці передачі,
ці невагомі згортки, ці конверти гарячі,
зношував серце під улюбленою футболкою,
пробивав собі шкіру його циганською голкою.
Але мене завжди рятувала твоя увага,
тримала твоєї любові липнева спрага,
боронили твої дерева, що снігом покрилися,
наповнювала теплом родимок твоїх кирилиця.
Диявол, Маріє, не знає, що має робити з нами,
з нашими голосами, з нашими снами.
Він має справу з шовком, він тримається суші.
Що йому наші біди, що йому наші душі?
Йому ніколи не знати, як ламається голос
від розмов із тобою, як висихає горло
від того, що ти мовчиш, як виростають рослини
й гояться шрами від твоєї світлої слини.
Що він може знати в своїй майстерні?
Наші співи для нього — такі нестерпні.
Наша запеклість для нього — така противна.
Відсутність віри для нього особливо дивна.
(senza titolo)
Adesso ti racconterò di come ho incontrato il diavolo
Il Diavolo, Maria, segue un principio solo
ti inietta miele e stagno sotto la pelle
ti cuce sul corpo il suo cuore e la sua mente
Ora cammina con la sua testa, guarda con i suoi occhi
Ora rifletti, qual è la causa, cogli l’attimo fra i rintocchi
Non capirai comunque nulla, e nulla prenderai
Rimarrai solo con quello in cui credi, ovvero con quello che hai
ll Diavolo, Maria, è un sarto nero del Bronx
nei polmoni gli hanno versato il fuoco, nei suoi occhi si fonde il bronzo
cuce abiti da festa, misura stoffe raffinate
organizza sparatorie e massacri nelle strade indaffarate
Di notte conduce a sé delle cinesi dalla pelle d’ambra
annega i loro corpi nelle insenature al sopraggiungere dell’alba
Ti ficca in mano un pacchetto e il giornale del mattino
Chiede di consegnarli, ti scrive l’indirizzo su un fogliettino
Ed io, Maria, distribuisco questi pacchi agli assetati,
questi pacchetti privi di peso, questi involucri arroventati
Sotto la maglietta preferita mi si è consumato il cuore
Ho perforato la mia pelle con il suo ago da tessitore
Ma le tue attenzioni mi hanno sempre salvato,
La sete d’estate il tuo amore ha placato
I tuoi alberi coperti di neve sono stati il mio protettore
Il cirillico dei tuoi nei mi ha riempito di calore
Il Diavolo, Maria, non sa cosa fare con noi
con le nostre voci, con le nostre ambizioni
Lui cammina sulla terraferma, ha a che fare con sete pregiate
cosa se ne fa del nostro dolore, delle nostre anime piagate
Lui non saprà mai, che la voce si spezza
parlando con te, che la gola si secca,
a causa del tuo silenzio, che crescono delle piante
e che le ferite si cicatrizzano grazie alla tua saliva luccicante
Che cosa può saperne rintanato nella sua bottega?
Il nostro canto non gli dà alcuna tregua
Il nostro accanimento è per lui ripugnante
Trova l’assenza di fede particolarmente straniante.
(Traduzione di Matteo Annecchiarico)
Immagine: Cattedrale di Lincoln, Inghilterra, parete ovest, i tormenti dei dannati all’Inferno
3 Commenti. Nuovo commento
Molto belle le poesie e le introduzioni.
Un bel lavoro della vostra officina di traduzione!
[…] con cui giocare” (p. 86). I versi qui tradotti sono di poeti nati negli anni Settanta, cioè Serhij Žadan (1974), Anatolij Dnistrovyj (1974), Marianna Kijanovs’ka (1973), Halyna Kruk (1974) e Ostap […]
[…] dalla professoressa Ponomareva (alcuni dei frutti del laboratorio sono già apparsi su queste pagine) – saranno, oltre agli studenti di ucraino, i dottorandi del corso in Studi germanici e slavi. […]