Traduzione inedita di alcuni versi tratti dalla raccolta “La vita di Maria” (2015)
di Olena Ponomareva
La poesia come l’ultimo rifugio dell’umanità minacciata: questa impostazione ci fa venire in mente i celebri poeti-soldati della Prima guerra mondiale, a cominciare da Guillaume Apollinaire e Giuseppe Ungaretti. Proprio a partire dal Novecento, segnato dai due sanguinosi conflitti mondiali, la guerra viene percepita come un’immane tragedia universale, un massacro inutile, un orrore assurdo e senz’alcuna giustificazione. È triste e vergognoso che con la guerra in Ucraina l’umanità sembri di tornare indietro di almeno cento anni davvero: le immagini attraverso i quali i combattenti ucraini (tra di loro molti intellettuali, attori, giornalisti, professori universitari, critici letterari) descrivono la guerra in Donbas sono gli stessi simboli della distruzione e della morte di cento anni fa. Razzi. Trincee. Carri armati. Elmetti abbandonati. Lettere (messaggi) non recapitati. Lagrime inutili.
Un poeta di guerra par excellence è Serhij Žadan (nato nel 1974), scrittore ucraino di fama internazionale, vincitore di 22 premi letterari nazionali e internazionali. Nel marzo scorso è stato candidato al premio Nobel per la letteratura 2022. Le sue opere, tra romanzi e raccolte poetiche, sono state tradotte in oltre 20 lingue. In Italia sono stati pubblicati tre dei suoi romanzi: Depeche Mode, il suo romanzo di esordio (Депеш Мод) del 2004 (Castelvecchi, 2008); La strada del Donbas (Ворошиловград) del 2010 (Voland, 2016) e Il convitto (Інтернат) del 2017 (Voland, 2020). Inoltre, due raccolte poetiche: Etiopia (Ефіопія) del 2009 (Elliot, 2019) e Mesopotamia (Месопотамія) del 2014 (Voland, 2018).
Nel 2015 in Ucraina è uscita la raccolta La vita di Maria (Життя Марії) che contiene la maggior parte dei versi di Žadan dedicati alla guerra in Ucraina iniziata otto anni fa e cui la fase più drammatica di un conflitto su vasta scala tutt’ora in corso è sotto gli occhi di tutti.
Le poesie di Žadan trascendono la dimensione umana in quanto si trasformano in un’interrogazione metafisica sulla sorte dell’intera nazione in guerra.
Nella prima poesia intitolata “Da dove vieni, lo stormo di uccelli neri?” è particolarmente evocativo il dialogo con un immaginario cappellano militare che non riesce più a confessare né a consolare le anime delle vittime civili della guerra. L’ontologia negativa del cappellano coglie uno degli aspetti più terribili del conflitto, ovvero il sentimento d’inanità del sacrificio delle vite umane in un mondo tristemente avvezzo, da oltre cent’anni, ai massacri della guerra e alle tragedie senza giustificazione.
Ma c’è anche l’‘imponderabile’ tromba che avvalora la tragica gloria, nonché la forza del destino (nella seconda poesia “Le scarpe militari”) che sembra riecheggiare le profezie di Il pendolo di Foucault di Umberto Eco.
***
– Звідки ти, чорна валко, пташина зграє?
– Ми, капелане, мешканці міста, якого немає.
Прийшли сюди, принесли покору і втому.
Передай своїм, що стріляти більше немає по кому.
Наше місто було з каменю та заліза.
У кожного з нас тепер у руці дорожня валіза.
У кожній валізі попіл, зібраний під прицілом.
Тепер навіть у наших снах пахне горілим.
Жінки в нашому місті були дзвінкі й безтурботні.
Їхні пальці вночі торкались безодні.
Джерела в місті були глибокі, наче жили.
Церкви були просторі. Ми їх самі спалили.
Найкраще про нас розкажуть могильні плити.
Можеш із нами просто поговорити?
Даруй нам свою любов, стискай лещата.
Тебе ж, капелане, і вчили сповідувати і причащати.
Розкажи нам, навіщо спалили наше місто.
Скажи хоча б, що зробили це не навмисно.
Скажи, принаймні, що буде покарано винних.
Скажи взагалі бодай щось, чого не скажуть в
новинах.
– Добре, давайте я розкажу вам, що таке втрата.
Звісно, всіх винних чекає гідна розплата.
І невинних вона, до речі, теж чекає потому.
Вона чекає навіть тих, хто взагалі ні при чому.
Чому саме ви потрапили до темних потоків?
Потрібно було уважніше читати книги пророків.
Потрібно було оминати пекельні діри.
Для мирянина головне – не бачити в дії
символи віри.
Пам’ятаєте, що сказано в пророків про біль і терпіння,
про птахів, які падають на міста, мов каміння?
Ось саме тоді й починаються, власне, втрати.
В кінці – там взагалі погано, не буду навіть
розповідати.
Яка між нами різниця? Як між приголосними й
голосними.
Всі готові сприймати смерть, якщо це буде не з ними.
Ніхто й ніколи в цьому житті не омине розплати.
Я завжди говорю про це своїм, коли не маю чого
сказати.
Я не знаю нічого про неминучість спокути.
Я не знаю, де вам жити і як вам бути.
Я говорю про те, що кожному з нас властиво.
Якби ви знали, як нам усім не пощастило.
“Da dove vieni, stormo di uccelli neri?”
“Noi, cappellano, siamo abitanti di una città che non c’è.
Siamo arrivati qui portando la schiavitù e la stanchezza.
Di’ ai tuoi che non è rimasto più nessuno a cui sparare.
La nostra città era di pietra e di ferro
Ora ciascuno di noi parte con una sola valigia.
In ogni valigia c’è la cenere raccolta sotto il mirino.
Persino i nostri sogni sanno di bruciato.
Le donne nella nostra città erano chiassose e spensierate.
Le loro dita di notte toccavano l’infinito.
Le sorgenti nella città erano profonde come le vene
Le chiese erano spaziose. Siamo stati noi stessi a bruciarle.
Meglio di tutto racconteranno di noi pietre tombali.
Potresti semplicemente parlarci?
Donaci il tuo amore, stringi pure la morsa
Giacché sei stato ammaestrato a confessare e a dare la comunione.
Raccontaci perché la nostra città è stata bruciata.
Dicci almeno che non è stata una cosa fatta apposta
Dicci almeno che i colpevoli saranno puniti.
Dicci almeno qualcosa in più di quello che raccontano i telegiornali”.
“D’accordo, vi posso raccontare cosa vuol dire la perdita.
Naturalmente, tutti i colpevoli saranno castigati.
Lo saranno anche gli innocenti,
E persino quelli che non hanno nulla a che fare [con tutto quanto].
Perché proprio voi siete stati trascinati dall’ondata nera?
Avreste dovuto leggere più diligentemente i libri dei profeti,
Avreste dovuto schivare le trappole dell’inferno,
Ma più importante per un laico è non vedere dietro al simbolo della fede.
Vi ricordate cosa dicono i profeti del dolore e della pazienza,
Degli uccelli che cadono sulle città come le pietre?
È proprio da quel momento che cominciano le perdite vere.
Alla fine le cose vanno male, meglio non parlarne.
Che differenza c’è tra di noi? Quella che c’è tra consonanti e vocali.
Tutti sono pronti ad accettare la morte se non li tocca di persona.
Nessuno mai in questa vita sfuggirà al castigo:
Lo dico sempre ai miei quando non ho nient’altro da dire.
Non so nulla sull’inesorabilità dell’espiazione.
Non so dove adesso potete vivere e come dovete fare.
Parlo delle cose che sono proprie di tutti gli uomini.
Se solo sapeste quanto siamo stati sventurati!”
***
Солдатське взуття – саме для цих кам’яних доріг.
Господь двадцять років тебе муштрував та беріг,
тримав тебе в казармах, у піхотних військах,
вчив на своїх помилках – на біблії й на казках.
Господь вдихнув життя в твій бойовий протигаз.
Все, що в тебе є – це вибір померти за кожного з нас,
все, що в тебе є – це свобода загинути у бою.
Господь зніме з тебе жетон і всю провину твою.
Господь зніме з тебе взуття, зріже шнурівки ножем.
Взуття повинні носити живі, ми його збережем.
В цих болотах, на цій землі куди без міцного взуття,
без штабного паскудства, без артилерійського прикриття?
Доки в горлі відвага, доки в серці закон,
сурми, сурми, піхотинцю, ось він – твій Єрихон.
Стіни падуть і знамена падуть, почувши твою сурму.
Плакатимеш в розбитих кварталах, не знаючи сам чому.
Це все сурма, яку чомусь вклали тобі до рук.
Це її золоте піднебіння, вбивчий холодний звук.
Чуєш, щось торкається серця? Це коріння трави.
Земля міняє хімічний склад від того, що в неї лягаєте ви.
Це все сурма, ти бачиш сам – вся справа в сурмі.
Краще гребти на галерах, краще гнити в тюрмі,
аніж сурмити й бачити, як вогонь зжирає міста.
Кожне життя – неймовірно складне –
завершує смерть – дивовижно проста.
Солдатські душі – якраз для його таборів.
Він завжди тішиться тим, хто до нього забрів,
тішиться кожній можливості побути з нами всіма.
Саме тому в твоїх руках ця невагома сурма.
Завжди намагається нам пояснити, як триматись землі,
як оминати пастки, як не губитись в імлі,
як не боятися темряви, не боятися висоти.
Думаю, він і сам не знає, як нам допомогти.
Le scarpe militari servono proprio per queste strade pietrose.
Per vent’anni il Signore ti ha addestrato e protetto,
Ti lasciava nella caserma, nella fanteria,
Ti insegnava attraverso i tuoi errori, attraverso la Bibbia e le fiabe.
Il Signore ha soffiato la vita nella tua maschera antigas.
Tutto quel che ti è concesso è la scelta di morire per ognuno di noi.
Tutto quel che ti è concesso è la libertà di morire in battaglia.
Il Signore con le mostrine ti strapperà tutte le tue colpe.
Il Signore ti toglierà le scarpe tagliando i lacci con il coltello.
Le scarpe servono ai vivi, le conserveremo.
Dove vai in mezzo a queste paludi, in questa terra senza scarpe robuste,
Senza carognate del quartier generale, senza copertura di artiglieria?
Finché hai il coraggio nella gola, finché hai la legge nel cuore,
Suona, suona la tromba, o fante, ecco lì la tua Gerico.
Cadranno i muri e cadranno gli stendardi al suono della tua tromba.
E tu piangerai nei quartieri residenziali distrutti senza sapere il perché.
È tutta colpa della tromba che qualcuno chissà perché ti ha messo tra le mani.
È il suo palato d’oro, il suo freddo suono micidiale.
Senti come qualcosa tocca il tuo cuore? Sono le radici dell’erba.
La terra cambia la sua composizione chimica perché voi vi ci giacete dentro.
È tutta colpa della tromba, lo vedete voi stessi: la questione è la tromba.
Meglio vogare sulle galee, meglio marcire in galera
Invece che suonare la tromba e vedere le fiamme divorare le città.
Ogni vita, incredibilmente complicata,
finisce con la morte – sorprendentemente semplice.
Le anime dei soldati sono fatte per i Suoi campi.
Lui è sempre lieto di accogliere coloro che capitano da lui.
Lui è felice per ogni occasione di stare con tutti noi.
Ecco perché tu hai nelle mani questa imponderabile tromba.
Lui cerca sempre di insegnarci come reggersi sulla terra,
Come schivare le trappole e non perdersi nella foschia,
Come non aver paura del buio e non temere l’altitudine.
Penso che nemmeno lui sappia come salvarci.
Traduzioni di Olena Ponomareva
Olena Ponomareva insegna Lingua ucraina e Mediazione linguistica e interculturale presso il Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali a Sapienza Università di Roma. Laureata in filologia romanza all’Università Nazionale Taras Shevchenko di Kyiv, ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Accademia Nazionale delle Scienze dell’Ucraina. Lessicografa, ricercatrice e saggista, i suoi principali campi di ricerca riguardano la lingua ucraina, il linguaggio del totalitarismo nell’Est europeo, le trasformazioni democratiche delle società post totalitarie dell’Est Europa in prospettiva dell’allargamento europeo. Tra i suoi libri: Lettere dal Donbas. Le voci e i volti della guerra in Ucraina; Eroi in fiamme. Makuch e gli altri che sfidarono l’URSS; Dizionario ucraino. Ucraino-italiano, italiano-ucraino.
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[…] titolo come molte altre creazioni poetiche di Serhij Zhadan (specialmente quelle dedicate alla guerra in Ucraina), si riconosce dalla prima strofa, successivamente diventata un […]
[…] Su Poli-logo già si è parlato in due occasioni della sua opera poetica. Olena Ponomareva in un primo articolo ha offerto alcune traduzioni dei suoi versi di guerra dalla raccolta La vita di Maria, proseguendo […]
[…] semestre è stato al centro del laboratorio di traduzione diretto proprio dalla professoressa Ponomareva (alcuni dei frutti del laboratorio sono già apparsi su queste pagine) – saranno, oltre agli […]