La poesia come l’ultimo rifugio dell’umanità minacciata?
di Olena Ponomareva
Immagine di copertina.
La poesia che state per leggere, originalmente senza titolo come molte altre creazioni poetiche di Serhij Zhadan (specialmente quelle dedicate alla guerra in Ucraina), si riconosce dalla prima strofa, successivamente diventata un titolo:
“CON GLI OCCHI BRUCIATI E IL FERRO NELLA CLAVICOLA”
È un verso libero, senza rime e, quindi, applicabile a diverse realtà metriche. Probabilmente, per questo motivo le poesie di Zhadan vengono spesso chiamate ‘improvvisazioni’, nell’accezione specificatamente musicale del termine: alcuni critici definiscono i versi di di Zhadan come ‘jazz verbale’. Tuttavia, il metodo ‘filologico’ nell’analisi dei testi di questo scrittore sembra il più appropriato (anche in ragione della formazione filologica dello stesso Serhij Zhadan).
Le parole nelle sue poesie ‘prosaiche’ sono fondamentalmente polisemantiche, polifoniche e polifunzionali. Nello stesso tempo denotano concetti e rappresentazioni con precisione tale da eliminare ogni vaghezza linguistica e arrivare al nucleo del significato. Zhadan, laureato con una tesi sul linguaggio degli scrittori futuristi ucraini degli anni Venti, nelle sue creazioni poetiche si rivela un linguista raffinato e curioso che sa giovarsi delle sfumature lessicali e semantiche.
Сергій Жадан/ SERHIJ ŽADAN (Zhadan)
***
Con gli occhi bruciati e ferro nella clavicola
Devi avere una buona ragione per vivere.
E lei gli dice guardando nell’orbita oculare vuota:
Non ti preoccupare, ora sarò io i tuoi occhi
Ti potrò sempre dare qualche consiglio.
Te lo dirò io com’è il tempo.
Ti voglio troppo bene per mentirti.
La tua riluttanza a vivere è semplicemente superbia.
Eppure lui sente che nel suo corpo c’è troppo metallo,
Lui sa che vivrà nel buio fino alla fine dei suoi giorni.
Lui sente le voci di chi esce dalla stazione
E trova una lacrima mentre tocca la palpebra morta.
E allora (le) dice: raccontami quello che io non vedo!
Di che cosa è fatto ora il cielo sopra di noi?
Dimmi come pensi di convincere la mia anima cieca?
Dimmi come affronterai i miei sogni?
Tu non vedi, – risponde lei – quanto ci manca la fortuna,
e non vedi quanto testardamente aprono il sentiero i tram mattutini.
E non vedi nemmeno come sono invecchiati quelli che hai conosciuto,
E come vengono dimenticati quelli che non ci sono più.
Io, – dice lei, – posso essere leggera come un fiato
Come una bestiola che non fa male a nessuno.
L’unica cosa che non saprò mai fare –
È farti dimenticare i tuoi morti,
Scacciare dai tuoi sogni coloro che non torneranno.
… E anche se quest’inverno durerà molti anni
E anche se il mondo sentirà dolore ogni volta quando inspira profondamente –
Sii il suo respiro e le sue braccia,
Sii la sua voce e il suo riso.
Ora devi vedere per chi non vede,
Ora devi amare per chi non ama,
Quest’inverno anche gli alberi sembrano stanchi,
Pencolano come gli uomini.
Sii il prolungamento delle sue dita frantumate
Sii la conclusione delle sue frasi lunghe.
Al mattino il cielo invernale sopra di voi
È fatto di prove e di confutazioni.
Traduzione di Olena Ponomareva
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[Testo originale]
З випаленими очима й залізом в ключиці
жити далі потрібна вагома причина.
І вона говорить йому, дивлячись в застиглі очниці:
не хвилюйся – тепер я буду твоїми очима.
Я завжди зможу дати якусь пораду.
Я оповідатиму, яка погода.
Я тебе надто люблю, щоби казати неправду.
Твоє небажання жити – просто погорда.
А він відчуває, що в тілі його забагато металу,
А він знає, як чорно буде йому до кінця його віку.
А він чує голоси тих, хто виходить з вокзалу.
А він знаходить сльозу, торкнувши мертву повіку.
І каже: тоді розкажи мені, чого я не бачу?
З чого зараз складається небо над нами?
Скажи, як ти переконуватимеш мою душу незрячу?
Скажи, як домовлятимешся з моїми снами?
Ти не бачиш, – говорить вона, – як нам бракує удачі,
як вперто протоптують стежку ранкові трамваї,
а ще не бачиш, як постаріли ті, кого ти бачив,
і як забувають про тих, кого вже немає.
Я зможу, – говорить вона, – бути легкою, як видих,
бути як звір, що нікому не вчинить кривди.
Єдине, чого не зможу –
зробити так, щоби ти забув про своїх загиблих,
щоби тобі не снились ті, хто ніколи не прийде.
…І навіть якщо ця зима буде тривати роками,
навіть якщо світ болітиме кожним вдихом –
будь його диханням і руками,
будь голосом його, будь його сміхом.
Маєш тепер бачити за тих, хто не бачить,
Маєш тепер любити за тих, хто не любить,
Цієї зими навіть дерева стоять, неначе
вони теж втомилися, вони теж, як люди.
Будь продовженням його збитих пальців,
будь закінченням його довгих речень.
Зимове небо над нами вранці
складається з доказів і заперечень.
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Sempre a cura di Olena Ponomareva vedi la traduzione inedita di alcuni versi di Serhij Žadan, un poeta di guerra, tratti dalla raccolta La vita di Maria (2015).
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[…] dalla raccolta La vita di Maria, proseguendo poi con un’altra traduzione inedita presentata in un secondo articolo. È possibile leggere alcuni versi di Žadan tradotti in italiano da Lorenzo Pompeo nella raccolta […]