Sul nuovo numero 2022 di “pl.it / rassegna italiana di argomenti polacchi”
di Paolo Morawski
E’ disponibile online il nuovo numero 2022 di “pl.it / rassegna italiana di argomenti polacchi” (vedi l’Indice), di cui redattore in capo è Alessandro Amenta. Articoli in italiano, polacco, inglese.
Il numero 13-2022 è diviso in 4 parti.
In apertura, un dossier tematico a carattere storico a cura di Laura Quercioli sul Bund (Unione generale dei lavoratori ebrei della Lituania, Polonia e Russia): “For Socialism, for freedom. The Jewish Bund: History of Yesterday, Memory of Tomorrow” con articoli di:
- Antony Polonsky, Jewish Political Life in Poland on the Eve of the Second World War;
- David E. Fishman, 1890-1914: The Golden Era of the Bund in the Russian Empire;
- Frank Wolff, Globalizing Doikayt: How the Bund Became Transnational;
- Martyna Rusiniak-Karwat, Tsukunft publishing operations in Poland after 1945;
- Laura Quercioli Mincer, Un’arte per gli ebrei, un’arte per il mondo. Le strade di El Lissitzky e Moyshe Broderzon.
Segue un secondo gruppo di articoli più eterogeneo. Tra cui la ricostruzione di un episodio poco noto di collaborazione tra intellettuali ucraini delle Università di Harvard e di Papa Giovanni Paolo II. Sullo sfondo, le celebrazioni del millennio del cristianesimo in Rus’-Ucraina, le nuove realtà della politica orientale del Vaticano sotto il Papa polacco, la crescente cooperazione tra élite intellettuali polacche e ucraine, e gli sviluppi della situazione geopolitica dell’Europa orientale alla fine degli anni Ottanta del Novecento (Oleksandr Avramchuk, Harvardzkie obchody Tysiąclecia Chrztu Rusi a dylematy nowej watykańskiej Ostpolitik, 1978-1988);
Nel 2005 nella fascia principale degli asteroidi situata grossomodo tra le orbite di Marte e di Giove è stato scoperto un asteroide, numerato 290127 e nominato “Linakostenko” in onore della poetessa ucraina.
La terza parte del numero 2022 di “pl.it” (Note e discussioni) presenta tre spunti riguardanti l’Ucraina e gli effetti ad ampio raggio della guerra scatenata dalla Russia nel 2014 e, su più drammatica scala, nel 2022.
Il primo spunto è offerto dalla testimonianza della poetessa ucraina Lina Kostenko, Libertà Promessa. Il testo è introdotto da una nota esplicativa di Oxana Pachlovska.
Osserva la studiosa ucraina: “La guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina ha cambiato per sempre la nostra comprensione del mondo slavo. In questi ultimi trent’anni dopo il crollo dell’URSS sono entrati a far parte dell’Europa molti paesi che l’hanno resa più̀ ampia, ma hanno anche evidenziato alcuni problemi che non è sempre facile risolvere. Ben più̀ laceranti di quelle dell’UE sono forse le divisioni interne al mondo slavo, in particolare quella tra Russia e Ucraina. Forse oggi assistiamo all’ultimo atto del dramma in cui Kyïv, una delle più̀ antiche città slave, e l’Ucraina tutta subiscono un attacco devastante di Mosca soltanto per aver scelto l’Europa. (…) un’Ucraina che, paradossalmente, proprio adesso che è colpita dalla furia devastatrice russa vive il momento più intenso della sua coscienza identitaria e della rinascita nazionale (…) Anche la Polonia si è trovata direttamente coinvolta in questa contrapposizione, schierandosi con determinazione con l’Ucraina. Nella storia dei rapporti tra Polonia e Ucraina hanno avuto luogo diversi conflitti, nonché́ svariate “ricuciture” e riavvicinamenti. Oggi assistiamo a un “incontro” dei due paesi che sembra definitivo: un paese della Slavia occidentale e un altro appartenente alla Slavia orientale si uniscono nella difesa dell’ultimo limes orientale della civiltà̀ occidentale, difesa culturale e valoriale, prima ancora che militare. Questo dramma si rispecchia anche nei singoli destini. Proprio per questo abbiamo deciso di pubblicare qui il discorso che Lina Kostenko, la più importante tra le scrittrici ucraine viventi, ha tenuto all’Università̀ di Breslavia in occasione della presentazione della raccolta di studi a lei dedicata Dusza szybuje w poświacie epok… (L’anima veleggia tra i barlumi dei secoli…), pubblicata dallo stesso ateneo”.
Nel suo discorso Lina Kostenko – nata nel 1930 vicino a Kyïv, voce ribelle e simbolica della cosiddetta “generazione degli anni Sessanta”, autrice di innumerevoli poesie, poemi drammatico, poemi-ballata, romanzi storici – tratta del suo rapporto con la Polonia in chiave di riflessione storica, di ricerca creativa, di rapporti personali, di legami anche affettivi. Leggi l’intero discorso qui.
Di Lina Kostenko su Poli-logo vedi Un brivido lungo la schiena del cosmo. Di Oxana Pachlovska vedi Due liriche di Lina Kostenko e Ucraina, Limes russo ed europeo.
Oxana Pachlovska tra l’altro segnala: “Una curiosità: la nota startup ucraina Awesomic ha appena ricevuto il Red Dot Design Award per un’immagine dove Lina Kostenko – tra altri “guerrieri dell’informazione” quali il filosofo e poeta Hryhorii Skovoroda, il poeta e pittore Taras Grigor´evič Ševčenko e il poeta e dissidente Vasyl’ Stus – con una mano imbraccia una mitragliatrice e con l’altra innalza la bandiera ucraina”. Fa impressione, macabro, ma questo è il mondo nel quale viviamo.
Il secondo spunto di riflessione è offerto dallo storico polacco Robert Traba che s’interroga sull’idea di nazione oggi: “Nie mamy jeszcze gotowych narracji…” Jak na nowo opowiedzieć naród?.
Scrive Robert Traba (traduzioni mie dal polacco): “«Non abbiamo ancora narrazioni pronte per l’uso…» Come ri-raccontare una nazione? (…) La data dell’aggressione russa all’Ucraina, il 24 febbraio 2022, è diventata un nuovo punto di svolta nella ridefinizione dell’Europa contemporanea e dei suoi popoli (…) La guerra come fattore di creazione di identità. Per me la guerra della Russia contro l’Ucraina è il punto di partenza e allo stesso tempo lo sfondo delle mie riflessioni. Già in questa prima frase, però, ho dei dubbi: posso usare l’esempio dell’Ucraina quando forse centinaia di persone stanno morendo lì proprio in questo momento? (…) Lo storico tedesco dell’Europa orientale, Karl Schlögel, ha recentemente osservato in modo appropriato: «Non si può tornare a una politica della memoria che ignori l’esperienza recente. Le topografie del crimine e della resistenza in Europa si stanno ri-disegnando, quasi nessun concetto rimarrà intatto dall’esperienza recente. […] l’Ucraina è diventata un campo di battaglia su cui si deciderà il destino dell’Europa». Il destino dell’Europa – aggiungiamo noi [Robert Traba] non solo in senso reale, ma anche in senso simbolico”.
Il saggio di Robert Traba pone 6 domande essenziali che vale la pena di riportare:
- “Come possiamo definire l’aggressore? Ricordiamo le controversie sull’idea di colpa collettiva per i crimini della seconda guerra mondiale: Tedeschi? Nazisti? Criminali tedeschi o nazisti? Mi pongo [dice Traba] le stesse domande oggi in relazione alla Russia e ai russi.”
- “Come aiutare l’Ucraina in lotta? Nel settembre 1939, nessun Paese europeo venne in aiuto della Polonia. I polacchi combatterono per 32 giorni contro i tedeschi e il 17 settembre 1939 si arresero all’invasione sovietica, il cui pretesto, come oggi, era la difesa delle minoranze bielorusse e ucraine. La Gran Bretagna e i Paesi occidentali continuavano allora a praticare una politica di appeasement”.
- “Nel 1936, in spregio al Trattato di Versailles, Hitler occupò la Renania. La reazione dell’Occidente fu simbolica. Nel 1938 l’accordo di Monaco venne candidato al Premio Nobel per la pace. L’Occidente può oggi fare di più militarmente contro l’aggressione russa? La strategia business-as-usual ha perso. Abbiamo una strategia diversa?”
- “La Società delle Nazioni tra le due guerre non è riuscita a creare una struttura di sicurezza duratura. Siamo al sicuro nell’Unione Europea? La NATO è una forza di difesa ampiamente accettata?”
- “Nonostante le grandi aspettative, il messaggio di pace e il pacifismo di Papa Francesco non diventeranno forse specchio della politica di Papa Pio XII nella Seconda Guerra Mondiale?”
- “La necessaria difesa a cui sono stati costretti gli ucraini deve essere una lotta “fino all’ultima goccia di sangue”? Gli eroi di Mariupol’ dovevano morire per diventare leggenda nazionale? Abbiamo bisogno di una seconda Termopili?”
Aggiunge Robert Traba: “Non si tratta di domande che riguardano direttamente la ‘nazione’. Ma questo è lo spazio in cui si definisce oggi la nazione ucraina”. Chiede: “Gli odierni eventi/crimini saranno un’esperienza spartiacque anche per l’Occidente, tale da ri-orientare non solo la cosiddetta architettura di sicurezza, ma anche il pensiero sulla nazione, il patriottismo e un nuovo concetto di Unione Europea?”.
E annota: “Fin dall’inizio dell’era moderna, l’ucrainità si è formata in opposizione al re di Polonia e allo zar di Russia. In seguito, ha assunto un carattere etnico, come per altri popoli della regione che non avevano un proprio Stato ed erano subordinati a tre imperi: Russia, Austria-Ungheria e Reich imperiale tedesco. Il cambiamento nel processo di costruzione della nazione menzionato da Timothy Snyder è iniziato già nel 1991, quando l’Ucraina è diventata indipendente. Nonostante il sistema della cosiddetta democrazia oligarchica, una corrente politica in ascesa si è formata grazie ai movimenti per la libertà. Durante Euromaidan, gli ucraini di origine russa, armena, polacca o ebraica hanno manifestato. Secondo gli osservatori e gli analisti, l’idea nazionale ucraina si definiva e si manifestava attraverso i seguenti valori: il bilinguismo, cioè l’abbandono del modello linguistico-etnico della nazione; la dignità, cioè la vita senza violenza; la libertà intesa come responsabilità e lo Stato di diritto come pilastro di uno Stato libero. Questi valori non sono nati dalla teoria e da calcoli politici, ma da un coinvolgimento emotivo nella rivoluzione democratica, che ha anche posto le basi per un nuovo patriottismo ucraino (…) La ‘nazione’ nel mondo globale di oggi non deve e non può essere il nuovo paradigma. Tuttavia, vale la pena analizzare questo concetto come uno dei soggetti della narrazione sul mondo contemporaneo. Se lo collochiamo esclusivamente nel contesto delle ideologie antagoniste, sull’asse nazionalismo-globalismo, non riusciremo a comprendere eventi come la guerra ‘in difesa della patria’ o atteggiamenti come il patriottismo degli ucraini. Nelle situazioni di confine, anche la comunità immaginata [imagined community] assume una dimensione reale (…) La realtà ha dimostrato che l’identificazione collettiva degli ucraini con la loro patria non si basa su idee di nazionalismo di destra. In larga misura, è stata plasmata dai valori democratici della Rivoluzione arancione e di Euromaidan, valori basati su idee nazionali ma nel senso di comunità di cittadini. E che possa rimanere così…”.
Leggi l’intero saggio in polacco qui.
Il terzo spunto riguardante l’area tra i mari Baltico e Nero è di Paolo Morawski, Dialogare nell’inverno della guerra attraverso un minuscolo blog. Racconto di Poli-logo e così concludo: “Non commettiamo lo stesso errore [che alcuni commentatori commisero in Francia alla vigilia del ‘68] con la guerra della Russia in Ucraina. Il mondo non si annoia e noi non abbiamo il diritto di annoiarci, al contrario c’è bisogno di molta energia, lucidità̀, solidarietà̀, empatia e fattivo aiuto, molta intelligenza, e – in definitiva – molta ‘cultura’ per attraversare degnamente questo decennio difficile scegliendo caso per caso da che parte stare. Oggi, condannando senza tentennamenti l’aggressione russa dell’Ucraina e ogni sua inaccettabile violazione del diritto e dei diritti; lottando per la fine delle ostilità̀; cercando di contribuire a una soluzione politica del conflitto. Arrivare a una pace stabile e duratura degna di questo nome è quanto di meno scontato vi sia. Vuol dire avviare la ricostruzione dell’Ucraina: materiale, umana, morale. Ricordiamolo: l’Italia ha ufficialmente dichiarato che ‘vuole l’Ucraina nell’Unione Europea’. Una posizione forte, decisa (grazie a Mario Draghi). Perché́ l’Ucraina faccia parte dell’UE occorre tuttavia non solo finire questa guerra ma riattivare il dialogo e il reciproco rispetto in tutta la regione, dai Balcani al Caucaso: tra russi, ucraini, bielorussi, estoni, lettoni, lituani, polacchi, tedeschi, ungheresi, moldavi, rumeni e via dicendo. Più̀ che un dialogo, un complesso, necessario e appassionante poli-logo”.
Nella quarta e ultima parte (dedicata alle recensioni) del numero 2022 di “pl.it / rassegna italiana di argomenti polacchi” segnalo la recensione di Giovanna Brogi relativa a Dainora Pociūtė, La Riforma in Lituania, traduzione di Emiliano Ranocchi, Claudiana, Torino 2021.
Scrive Giovanna Brogi: “Mi pare giusto cominciare la presentazione di questo libro dalla breve, ma fondamentale, Nota del traduttore. In sole tre pagine Emiliano Ranocchi, illustrando i problemi offerti dalla traduzione di un libro che narra le vicende dei protagonisti delle varie denominazioni della Riforma in Lituania, riesce a sintetizzare la complessità̀ della composizione etnica e della situazione linguistica di tutto il vasto territorio della Repubblica delle Due Nazioni. I problemi della resa in italiano dei toponimi e antroponimi dei personaggi di cui si narrano le vicende evidenziano il complicato intreccio tra la dominanza culturale del polacco nel XVI-XVII secolo nelle terre abitate da lituani, ucraini, bielorussi, e altre minoranze, la funzione modellante del latino, il ruolo della lingua codificata cancellieresca slava orientale, il primo sviluppo del lituano che solo secoli dopo avrebbe avuto il suo riconoscimento di lingua letteraria polifunzionale, la necessità di rispettare alcune consuetudini storiografiche, il rischio di ferire suscettibilità̀ politiche dei nostri giorni e – soprattutto – l’imperativo di rendere tutto questo comprensibile al lettore italiano. Va reso dunque omaggio, in primo luogo, all’eccellenza del traduttore (…) è certamente un grande merito della Claudiana di aver incluso nel suo catalogo questo libro di rara importanza per la conoscenza della Riforma non solo nella Lituania del Cinquecento (e, quindi, nella storia intellettuale e civile di questo paese), ma in tutto il territorio della Repubblica delle Due Nazioni e in tutta Europa. Le biografie – storiche, intellettuali, religiose, filosofiche, politiche – dei personaggi analizzati dall’autrice dimostrano quanto siano vari e intrecciati i legami degli intellettuali riformati sia all’interno, tra regioni e popoli diversi della Rzeczpospolita, sia all’esterno, con le università̀ e i movimenti riformati in Prussia e altri principati tedeschi, nei Paesi Bassi, in Belgio e, soprattutto, in Italia. Altro elemento fondamentale di questo libro è la giusta rilevanza data alla connessione tra i movimenti riformati e le prime manifestazioni identitarie lituane, in particolare quelle testimoniate dall’uso scritto e stampato della lingua lituana”.
Leggi l’intera recensione qui.
Tra le altre recensioni vedi infine quella di Alessandro Ajres sul volume di Andrea F. De Carlo, Marta Herling (a cura di), Gustaw Herling e il suo mondo. La Storia, il coraggio civile e la libertà di scrivere – un libro già segnalato qui e in precedenza qui.
1 Commento. Nuovo commento
[…] ospitato nell’ultimo numero di “pl.it / rassegna italiana di argomenti polacchi” (13-2022 vedi qui), lo storico polacco Robert Traba ha citato un estratto del discorso della scrittrice polacca Olga […]