Un paese tra russificazione ed europeizzazione, dove russofoni e ucrainofoni convivono
di Oxana Pachlovska
Carta e copertine di Laura Canali, “Limes” 2022
Il numero 2/2022 (febbraio) di “Limes” dedicato alla guerra d’Ucraina La Russia cambia il mondo ospita un Dossier di Andrej Kortunov, Fëdor Luk’janov, Oxana Pachlovska e Ihor Kohutn intitolato Voci dalla Russia e dall’Ucraina. Del dossier fa parte un articolo di Oxana Pachlovska, intitolato Ucraina, limes Europae, comincia così:
“Nel febbraio 2022 si è avverata la «profezia» di Huntington e Brzeziński, di Kundera e Glucksmann, secondo la quale l’ultima battaglia per la democrazia occidentale avrebbe avuto luogo sul territorio dell’Ucraina. Mentre i diplomatici occidentali abbandonavano freneticamente Kiev, tra i cittadini non si riscontrava alcun panico. La gente andava per negozi. Per comprare forse «pane e fiammiferi»? No, per ottenere armi. Le foto raffiguranti una giovane kievana, madre di tre figli, e una anziana signora russofona di Mariupol’ che imparano a usare il fucile hanno fatto il giro del mondo. Queste signore hanno spiegato che la ragione per cui si sono arruolate tra le file delle forze di difesa territoriale è evitare che i loro figli e nipoti debbano ripetere la stessa lotta. Insomma, in Ucraina domina una sorta di fatalismo stoico, con punte di humour surreale. A Kiev, in uno dei rifugi antiaerei dismessi tempo fa, è stato allestito un sex club i cui gestori sono contenti di accogliere gente in fuga. Perlomeno qui farà caldo, scherzano i cittadini”.
“Durante l’annessione della Crimea e all’inizio della guerra nel Donbas, nel 2014, molti ucraini erano rimasti completamente increduli di fronte a quegli eventi. Non riuscivano a immaginare la possibilità di sparare contro i russi. Otto anni di guerra, quasi 15 mila morti, i richiami di diversi politici russi ad annientare l’Ucraina, la visione di Putin, molte volte ripetuta, che l’Ucraina sarebbe un paese «inventato» ora da austriaci, ora dai polacchi, ora da Lenin 1 , hanno reso la società ucraina più unita e realista. Anzi, si potrebbe forse dire, e senza esagerata ironia, che se Putin non ci fosse sarebbe stato opportuno inventarlo. La sua politica aggressiva non ha fatto altro che contribuire a consolidare l’identità nazionale ucraina, il suo orientamento geopolitico verso l’Occidente. E ha anche rafforzato l’esercito ucraino 2 . In seguito alla rinnovata invasione russa nel febbraio 2022, che mira a distruggere la sovranità del paese, la stragrande maggioranza della società ucraina percepisce la Russia come nemica storica, senza rimedi né speranze”. Continua
In precedenza, nel numero 4/2014 di “Limes” intitolato L’Ucraina tra noi e Putin e dedicato all’allora crisi ucraina e alle sue conseguenze, Oxana Pachlovska aveva pubblicato 2014, Morire per l’Europa.
Scriveva il 16/04/2014 Oxana Pachlovska: “In Ucraina si consuma un nuovo capitolo del plurisecolare scontro tra mondo russo e Occidente. Jevromajdan è il grido d’aiuto di una società che rifiuta l’abbraccio mortale del revanscismo moscovita. Se Putin vince in Crimea, si rischia l’effetto domino”.
“In 23 anni di indipendenza ucraina si sono succedute tre rivoluzioni: nel 1991, nel 2004 e a cavallo tra il 2013 e il 2014. Le prime due sono rimaste incomplete: non hanno portato a un radicale cambiamento del sistema. Jevromajdan invece sta aprendo la strada a un’autentica trasformazione. Per il momento si tratta solo di una possibilità, ma già si palesa l’attore che vuole impedire a tutti i costi questa trasformazione: la Russia. L’invasione della Crimea rappresenta la reazione di Mosca all’aspirazione ucraina a emanciparsi dalla sua sfera d’influenza. Ma in questa reazione si legge la consapevolezza del Cremlino di aver esaurito tutti gli strumenti di ricatto a cui la Russia è ricorsa in questi ultimi anni nei confronti della sua riottosa vicina. Dunque Mosca è uscita allo scoperto nel suo tentativo di sottomettere definitivamente lo Stato ucraino. Da questo punto di vista, Jevromajdan può essere considerata una lente d’ingrandimento storica sulla questione identitaria ucraina e sui meccanismi del rapporto tra Ucraina e Russia e tra Russia ed Europa”.
“Ciò che abitualmente si designa con l’espressione «crisi ucraina» non costituisce un conflitto locale, bensì uno scontro di proporzioni mondiali. Non si tratta di un conflitto tra Kiev e Simferopoli, bensì di uno scontro frontale e ormai senza infingimenti tra Russia ed Europa e tra Mosca e Washington, «nuova Cartagine» da distruggere nell’ottica eurasiatica. Il 2 marzo il capo del Comitato della Duma per le questioni della Csi, dell’integrazione eurasiatica e dei rapporti con i connazionali, Leonid Sluckij, ha dichiarato che l’invasione militare in Crimea sarebbe una guerra contro l’Occidente che la Russia non può permettersi di perdere”. Continua
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NB – “Un quinto dei cittadini ucraini parla russo, che però non è lingua ufficiale. La questione è geopolitica e coinvolge l’eredità sovietica, la divisione est-ovest e le diverse accezioni dell’identità nazionale. Il testo della Costituzione è problematico. (…) La minoranza più consistente è quella russa, circa a un quinto della popolazione. Tuttavia la diffusione della lingua va ben oltre i confini del gruppo nazionale russo: circa un quinto della popolazione che si definisce ucraina dichiara di utilizzare il russo come propria madrelingua. Manca quindi una perfetta coincidenza tra gruppi nazionali e gruppi linguistici. In quanto al bilinguismo, si osserva una maggiore flessibilità da parte degli ucrainofoni: è più facile che chi utilizza prevalentemente la lingua ucraina conosca correttamente il russo piuttosto che il contrario. Il dato geografico: il russo prevale nelle aree centrali, meridionali e orientali e nelle città, mentre l’ucraino è prevalente nelle aree occidentali e nelle zone rurali”. Per approfondire: Simone Stefan, La difficile partita della lingua russa in Ucraina, in Lingua è potere, Quaderno speciale di “Limes” 3/2010 (dicembre).