Che paese vogliamo essere? – chiede lo scrittore Michal Hvorecký
di Michal Hvorecký
In seguito alle elezioni presidenziali del 2024 tenutesi in Slovacchia, Peter Pellegrini (vedi qui e qui) è stato eletto presidente della Repubblica Slovacca. L’elezione di Pellegrini ha suscitato immediatamente numerose polemiche, date le tendenze filo-russe espresse più volte pubblicamente dal politico in questione.
Per gentile concessione dell’autore, proponiamo in questa sede la traduzione di un articolo di Michal Hvorecký, celebre scrittore, traduttore e giornalista slovacco contemporaneo, che riflette sulle possibili conseguenze che l’elezione di Pellegrini potrebbero avere sul futuro della Slovacchia, e sul rapporto della Russia con quest’ultima. L’articolo comprende anche una riflessione sulle mire espansionistiche russe ai danni dell’Europa Centro-Orientale.
Quanta Russia c’è in Slovacchia?
Negli ultimi due anni e passa forse in molti hanno capito qual è la direzione intrapresa dalla Russia. Allo stesso tempo, il vero volto del regime è sempre stato sotto gli occhi di tutti. Decine di giornalisti assassinati, leader politici imprigionati, persone perseguitate e messe a tacere per aver criticato il regime, elezioni falsificate innumerevoli volte comprovate da molte testimonianze. La gigantesca e generosamente sovvenzionata Guardia Nazionale dall’esagerata autorità e con il compito primario di reprimere qualsiasi manifestazione di dissenso, possiede anche il “diritto a sparare senza avvertimento”. Gli arresti di massa di manifestanti con in mano cartelloni bianchi e vuoti a Mosca o a San Pietroburgo sono diventati quasi grotteschi, ma nei campi di lavoro (spesso situati nei luoghi degli ex-gulag) qualsiasi parvenza di comicità svanisce all’istante. Il turbocapitalismo si è amalgamato in maniera del tutto naturale con la tirannia.
Probabilmente anche l’opinione pubblica slovacca è ora in grado di vedere con più chiarezza che questa è la reale situazione in Russia, che sono questi i discorsi che quotidianamente vengono fatti durante i meeting ideologici del Cremlino, che già all’asilo e a scuola viene fatto a bambini e allievi russi il lavaggio del cervello attraverso dei deliri militaristi e neoimperialisti. Vengono diffusi su Internet canti corali d’odio, che con disgusto deumanizzazione le altre etnie e che negano all’Ucraina (e spesso anche a molti altri stati europeo) il diritto di esistere. La questione dovrebbe seriamente interessarci, poiché siamo parte della grande menzogna putiniana sull’Europa centrale e orientale e sull’Occidente. Esistono già dei piani secondo i quali delle repubbliche più grandi e più fedeli dovrebbero presto spartirsi il nostro piccolo stato. Forse dopo un’altra operazione speciale? Oppure comparirà una nuova locuzione “addolcente” di questo tipo? Anche la guerra imperialista contro l’Ucraina è stata preparata tramite discorsi pubblici, articoli pieni di bugie e mappe ridisegnate.
Nonostante tutto questo in Slovacchia, ma anche in Cechia e in Ungheria, le manipolazioni, le mezze verità e le falsità pro-Cremlino continuano a risultare straordinariamente efficaci. Ogni settimana, ammutolito dallo stupore, guardo la lista dei divulgatori più popolari sui social network: molti di loro si esprimono da anni in maniera più radicale ed esplicita di Putin. In nessuno Stato della regione le teorie complottiste godono di così tanta popolarità come nella Repubblica Slovacca. Il 45% della popolazione concorda con l’idea che, a prescindere da chi si trova ufficialmente a capo del governo e delle istituzioni, esista uno specifico gruppo di persone che controlla segretamente l’andamento di ciò che avviene nel mondo: lo controlla collettivamente. Quanto di quello che non ci piace della Federazione Russa si è già da tempo insinuato nel centro dell’Europa?
Pensiamo ai campi estivi per bambini; ai reclutamenti dei partiti di estrema destra organizzati regolarmente dai koteblovci (nome degli appartenenti all’omonimo Partito Popolare “Slovacchia Nostra” di estrema destra e neonazista del suo attuale leader, Marian Kotleba [N.d.T.]); oppure a tutti quegli “speaker” che girano per le scuole per fare propaganda o a quegli insegnati che consigliano ai propri alunni di leggere le barbariche “Hlavné správy“ [„Notizie Principali“, quotidiano slovacco di stampo conservatore e filorusso N.d.T]. Non dimentichiamo nemmeno i numerosi ideologi pro-Cremlino, i quali hanno per anni sfruttato le biblioteche pubbliche per diffondere la loro propaganda.
Ancora durante la mia infanzia venivano fatte promesse su “un’eterna amicizia con l’URSS, destinata a rimanere tale”, e nel frattempo la Slovacchia è finita nella lista degli stati nemici. Come giustamente disse Milan Kundera, la Russia ha sempre amato chiedere una dichiarazione d’amore a tutti quelli che ha violentato. Non è l’Ucraina che bisogna denazificare; anzi, in realtà sarebbe più utile destalinizzare urgentemente il Cremlino. Così come anche la Cechia e la Slovacchia. Sebbene da noi gli ininterrotti attacchi contro i giornalisti rimangano per la maggior parte sul piano verbale, qualcuno (Ján Kuciak) ha pagato con la propria vita per aver scritto articoli critici sull’oligarchia e sull’evasione fiscale di alcuni politici; altri sono invece scomparsi senza lasciare traccia. Da noi le organizzazioni no-profit sono da sempre simili a dei bersagli riconoscenti, come lo sono anche in Russia, e non credo che il settore non-governativo potrà aspettarsi una qualche riabilitazione da parte dell’intera società dopo l’atto eroico compiuto durante l’accoglienza di mamme e bambini ucraini nel febbraio del 2022, nemmeno dopo aver ancora una volta adempito al compito di un governo fallimentare.
Il patriarca di Mosca Kirill, che da anni incita masse di fedeli alla guerra contro l’Ucraina, pronuncia parole sempre più cariche d’odio; parole non troppo dissimili da quelle del parroco slovacco e stella dell’internet Marián Kuffa, ospite privilegiato dei talkshow e da anni autore che pubblica per un settimanale del mainstream. Li unisce il loro odio in comune nei confronti del libero e variegato Occidente. Entrambi incolpano di ogni male del mondo principalmente la comunità LGBTQI+. Secondo il capo della chiesa ortodossa le processioni arcobaleno avrebbero persino provocato atti di violenza. Al solo pensarci fa male il cervello, vero? Peccato che sia successo solo adesso. Ma meglio tardi che mai.
Ci sono sempre più prove riguardanti doni finanziari a partiti politici slovacchi da parte della Russia. Qui da noi il Cremlino compra deputati, interi movimenti e campagne. Non molto tempo fa si è scoperto che Voice of Europe, con sede a Praga [da non confondere con Radio Free Europe N.d.C.], non era altro che una sofistica operazione propagandistica russa, il cui scopo era quello di influenzare la politica europea a favore di Mosca. Abbiamo urgentemente bisogno di trasparenza per quanto riguarda le casse e i conti di quei partiti politici che qui da noi si sono sviluppati principalmente in culti dell’individuo con un reparto contabilità creativo. Nessun governo è riuscito a trovare una soluzione a questo problema di lunga data.
Anche noi, proprio come i Russi, siamo malati della nostra stessa storia. Robert Fico, per quattro volte premier, ha usato insensatezze su degli “antichi slovacchi” e su presunti re slovacchi (con l’assurdo supporto anche di alcuni accademici che collaborano con lui) per elaborare dei logori cliché storiografici riguardanti una misteriosa e fondamentale missione dei popoli slavi. In questo modo l’ex-premier ha sancito la propria rinascita: da esponente di sinistra postcomunista a nazionalista di destra e putinofilo.
Uno degli insegnamenti che è possibile trarre dalla guerra russa ci mostra quale sia il potenziale distruttivo delle grandi menzogne. Allo stesso tempo la Russia si è svelata in tutta la propria spaventosa verità. Abbiamo scoperto anche molte cose sulla Slovacchia, nel bene e nel male. Mentre i comuni cittadini aiutano per solidarietà le vittime, i neofascisti si lasciano spudoratamente pagare dall’aggressore, entusiasti all’idea di vedere la nostra patria diventare parte della più ampia Russia. L’Ucraina sa che tipo di paese vuole essere: libero, democratico, aperto, arrivando persino a imbracciare le armi e a combattere per i propri ideali. E noi sappiamo che paese vogliamo essere? Sono anni che perdiamo in questa guerra ibrida, mentre quella reale si è per ora fermata ai nostri confini orientali. Da due anni e passa sono ormai in grado di immaginare anche l’inimmaginabile.
Traduzione di Matteo Annecchiarico
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Michal Hvorecký (1976) – prosatore, pubblicista e traduttore dal tedesco. Ha studiato estetica presso la Facoltà di filosofia dell’Università Costantino Filosofo di Nitra. Vive e lavora a Bratislava. Scrive articoli per diversi quotidiani e riviste (ad esempio per il quotidiano “SME”), così come per la piattaforma online “Salon”, incentrata principalmente sull’Europa centrale. Hvorecký debutta nel 1998 con una prosa dagli elementi sci-fi e cyberpunk intitolata Silný pocit čistoty (Una forte sensazione di purezza), alla quale sono seguiti Lovci & zberači (Cacciatori e raccoglitori, 2001), Posledný hit (Ultima hit, 2003), Plyš (XXX, 2005), Eskorta (La scorta, 2007), Pastiersky list (Lettera pastorale, 2008), Dunaj v Amerike (Il Danubio in America, 2010), Naum (2012), Spamäti (A memoria, 2013), Wilsonov (2015), Trol (2017), Bratislava – čarovná metropola (Bratislava, una metropoli magica, 2018), Tahity: Utópia (2019), Čierna oslava (Festa nera, 2019), Bratislava, mon fol amour (2019), Maliar a chlapec (Il pittore e il ragazzo, 2019), Čierny lev (Il leone nero, 2020), Robot100 (2020), Dunaj – magická rieka (Il Danubio, un fiume magico, 2021), Lebopreto (Opperché, 2022). Un adattamento teatrale del romanzo Plyš è stato messo in scena al teatro na Zábradlí di Praga, nel teatro Aréna di Bratislava e alla Schauspielhaus di Hannover. I suoi libri sono stati tradotti in decine di lingue, e hanno ricevuto molti riconoscimenti, fra i quali vale la pena almeno di menzionare il Premio Bibiany 2022 per Lebopreto come libro per bambini più bello dell’anno.
Per gli interessati a leggere qualche prosa dell’autore in italiano, è possibile acquistare il suo romanzo XXX (2005) qui, nella traduzione di Alessandra Mura. Di recente, alcuni testi di Hvorecký sono apparsi anche in traduzione in un’antologia di cui abbiamo parlato qui.
Dal 26 marzo 2025 è disponibile per la prima volta in traduzione italiana dallo slovacco di Matteo Annecchiarico il romanzo utopico Tahiti: utopia, edito dalla casa editrice Wojtek.
Dalla scheda dell’Editore
“In Tahiti: Utopia convivono storia alternativa, fantascienza e politica: la Slovacchia, oppressa dal dominio austro-ungarico, cerca un futuro migliore traslocando la nazione sull’isola di Tahiti, con l’obiettivo di creare una nuova patria libera. Il generale Štefánik, figura chiave nella storia slovacca, guida questa migrazione, convinto che la creazione di una Nuova Slovacchia possa offrire una seconda possibilità al suo popolo.
Attraverso una narrazione che alterna intenso realismo e riflessioni filosofiche, si esplora qui il fallimento delle utopie e l’impossibilità di sfuggire alle dinamiche di potere anche nei luoghi più remoti e incontaminati. L’illusione di una società perfetta si scontra con le difficoltà dell’esilio, delle differenze culturali e delle tensioni etniche, e lo scenario di Tahiti si trasforma presto in distopia.
Un racconto di sogni irrealizzabili e di lotta per la libertà in cui Michal Hvorecký traccia un parallelo tra le vicende personali di Štefanik e quelle del popolo slovacco, ritraendo con precisione la fragilità delle grandi visioni.”
Immagine di Vladimir Balcar