Sulla letteratura slovacca che indaga la vita delle persone
di Alessandra Mura
Ivana Dobrakovova, Madri e camionisti, traduzione di Alessandra Mura, Spider & Fish, 2021
Dalla scheda dell’Editore: «In una società in cui siamo sempre esposti, in cui mettiamo in vetrina la superficie, in cui vogliamo essere visibili e “visualizzati” a tutti i costi, Ivana Dobrakovová, una delle voci più originali e interessanti nel panorama della letteratura slovacca contemporanea, sceglie come protagonista delle sue storie «l’invisibile agli occhi». Madri e camionisti, cinque racconti, cinque donne, cinque voci soliste che formano un coro di solitudini, di sofferenze inconfessabili, di segreti, frustrazioni, paure. Tre di loro sono slovacche e vivono a Bratislava, due sono italiane e vivono a Torino, ma quello in cui si muovono è un territorio comune, un universale che le lega e in cui sembrano a volte incrociarsi senza entrare in contatto. Nessuno vede la loro anima logorata, sono avvolte da una parvenza di normalità e di grigiore quotidiano, tra famiglia, rapporto con la madre, lavoro, disturbi mentali e un mondo maschile anonimo, spesso inerte ma a volte anche pericoloso. Dentro di loro tuttavia il monologo è febbrile, concitato, in cerca di un filo conduttore, di una risoluzione alle loro sofferenze esistenziali che quasi sempre le portano a ritrovarsi su un precipizio o a un confine oltre il quale non c’è ritorno. Cinque io possibili in cui molte donne troveranno con sorpresa frammenti di se stesse. Nell’atlante creato dalle donne invisibili della Dobrakovová, un atlante tattile e visivo che mappa le rappresentazioni che ognuna possiede del proprio corpo, un corpo sofferente perché lo è la mente, scopriamo che le linee di confine si assottigliano, che i contesti politici e culturali in cui queste donne vivono ormai si assomigliano, così come è simile il loro malessere esistenziale. Un malessere, un sentire, che diventa transnazionale e transculturale, che ci ricorda che proprio nell’universalità di ciò che proviamo ci possiamo scoprire vicini».
Ascolta Karin Olasová che legge un estratto di Matky a kamionisti di Ivana Dobrakovová (durata 13’52).
Ascolta Peter Zajac, uno dei maggiori critici letterari slovacchi, nel programma online “Literárny Qvocient” LQ#23, in una puntata dedicata a Matky a kamionisti di Ivana Dobrakovová e al libro di Vladimír Balla Balla – Je mrtvý (Balla – É morto), qui (durata 1.12’13).
La scrittrice e traduttrice slovacca Ivana Dobrakovová è nata a Bratislava nel 1982. Ha studiato e si è laureata in traduzione e interpretariato dall’inglese e dal francese presso la Facoltà̀ di Lettere e Filosofia dell’Università̀ Comenius di Bratislava. Dal 2005 vive in Italia, a Torino. Nel panorama della più̀ recente letteratura slovacca Ivana Dobrakovová rappresenta una delle voci più̀ originali e interessanti. Alla sua attività̀ di scrittrice, molto conosciuta e apprezzata in patria da critica e pubblico, affianca il lavoro di traduttrice letteraria, per il quale è altrettanto nota. Ha tradotto dal francese Simone de Beauvoir, Antoine Laurain, Marie NDiaye, e due romanzi di Emmanuel Carrère; dall’italiano autori come Valeria Parrella, Simona Vinci, Silvia Avallone, e la tetralogia della “saga napoletana” di Elena Ferrante.
La sua prima raccolta di racconti intitolata Prvá smrť v rodine (La prima morte in famiglia) è apparsa nel 2009 e ha vinto il premio per giovani autori “Ján Johanides”. Il suo romanzo d’esordio, Bellevue (2010), ritrae l’esperienza di una giovane donna slovacca che ha avuto un esaurimento nervoso dopo aver fatto un lavoro estivo in un campo giovanile internazionale in un centro per disabili vicino a Marsiglia. La sua seconda raccolta di racconti intitolata Toxo (2013) è stata seguita da una terza raccolta Matky a kamionisti apparsa nel 2018 e tradotta in italiano nel 2021 come Madri e camionisti. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Pod slnkom Turína (Sotto il sole di Torino), una storia di perversioni nell’apparente normalità delle routine familiari. Madri e camionisti è ambientato nelle strade di Bratislava e Torino. Racconta le storie interconnesse di cinque donne – tre slovacche e due italiane – che si fondono, si completano, si negano reciprocamente e si incastrano, cinque storie diverse che si svolgono nei corpi delle donne e nelle loro relazioni, su Internet, in una scuola di equitazione e nel quartiere Vanchiglia di Torino ma, prima di tutto, nelle loro teste. Relazioni di donne con le loro madri e con camionisti, alcuni virtuali, alcuni fin troppo reali e altri inesistenti.
Ivana Dobrakovová ha avuto in patria grandi riconoscimenti da parte di critica e pubblico e ha vinto in patria molti importanti premi per la sua prosa e per la traduzione. Tutte le sue cinque opere sono state finaliste del prestigioso premio letterario slovacco «Anasoft Litera». La raccolta Matky a kamionisti è anche stata tra i vincitori del Premio dell’Unione europea per la letteratura (EUPL) 2019.
Dalla Postfazione di Alessandra Mura: Il corpo non è sacro. Le donne invisibili di Ivana Dobrakovová
“La letteratura slovacca è tra le letterature slave meno conosciute nel resto del mondo, fatica ancora ad arrivare al pubblico europeo e internazionale, più di altre letterature dei paesi dell’ex blocco sovietico. Si deve spesso constatare che in Europa occidentale ancora risuona il binomio Ceco-Slovacchia, nonostante la separazione sia avvenuta ormai quasi trent’anni fa. Anche se negli ultimi anni molti autori slovacchi sono stati tradotti in varie lingue non solo europee – Pavel Vilikovský, Jana Beňová, Pavol Rankov, Ivan Štrpka, Michal Hvorecký, Mila Haugová – non c’è stato ancora per la Slovacchia un nome, uno scrittore, un poeta che abbia acceso un riflettore su una letteratura ricca di autori celebri in patria e che potrebbero e dovrebbero ormai arricchire il panorama letterario europeo, cosa che invece è accaduta per la letteratura ceca con scrittori come Milan Kundera e Bohumil Hrabal, che hanno poi attirato l’interesse di editori e pubblico anche sul più̀ ampio contesto culturale ceco. Questo essere in ombra, non visti dalla storia culturale europea è stato, e talvolta è ancora, uno degli argomenti ricorrenti nella letteratura slovacca a partire dalla generazione di scrittori degli anni Sessanta, affrontato spesso in chiave ironica, umoristica, o talvolta vittimistica, nelle forme che poi hanno portato tanta critica letteraria a parlare di complesso della piccola nazione”.
“Nella scrittura di Ivana Dobrakovová, tuttavia, non vi è traccia di recriminazioni, di una sensazione di esclusione da un mondo dove si svolge la Storia con la s maiuscola. Le protagoniste slovacche di questi racconti, tre, e quelle italiane, due, vivono in contesti politici e culturali che ormai si assomigliano, anche se spesso non si conoscono, così come è simile il loro malessere esistenziale, che è il tema dominante della prosa dell’autrice. E proprio questo malessere, che in alcuni casi degenera fino a connotarsi come vero e proprio disturbo mentale, è il filo conduttore dei cinque racconti. Molti critici slovacchi vedono nel disturbo psichico il leitmotiv della prosa di Ivana Dobrakovová, e in effetti è un argomento che percorre tutta la sua prosa, sia nei racconti della raccolta Toxo, sia nel romanzo Bellevue. Si potrebbe dire che nel mondo in cui viviamo una letteratura che indaga la vita delle persone nella società̀ contemporanea non può̀ non affrontare il disagio psicologico che ormai dilaga tra gli esseri umani, un disagio che spesso non si vede, che affligge individui che conducono una vita apparentemente normale e sono divorati dentro da una solitudine e da una disperazione che può̀ anche condurre alla follia. Per lo stesso motivo non si ha la sensazione di leggere dei racconti, ma una narrazione fluida e continua dove le storie sono interconnesse nei luoghi e nei toni in una sorta di coralità̀ di voci distinte”.
Leggi qui l’intera Postfazione di Alessandra Mura, che ringraziamo con l’Editore per la gentile concessione.