A Kyïv non fu colpo di Stato ma snodo verso la casa comune europea
di Paolo Morawski
Nel 2013 l’Ucraina è titubante se ratificare dopo oltre 5 anni di preparativi un accordo di associazione con l’Unione Europea oppure aderire all’unione doganale con la Bielorussia, il Kazakistan e la Russia e ad altre associazioni guidate da Mosca che mira a creare un’unione Eurasiatica.
Scegliere tra pro e contro non è facile. Il Cremlino preme sulle autorità ucraine esercitando una guerra commerciale (da agosto), bloccando le proprie forniture di energia e l’import dall’Ucraina. In novembre il presidente dell’Ucraina Viktor Janukovyč rinuncia alla firma dei trattati con Bruxelles, e accetta un sostanzioso pacchetto di aiuti finanziari da parte di Mosca. È la decisione scatenante che dà il via alla “Rivoluzione della dignità” o Euromajdan. La cittadinanza scende in piazza a Kyïv per protestare, poi i manifestanti crescono di numero in reazione alle violenze e alle repressioni del potere che non riesce però a mantenere il controllo. Il 21 febbraio 2014 Janukovyč si dà alla fuga, denunciando un colpo di stato ordito da forze neonaziste. Alla fine, le vittime tra i manifestanti sono oltre un centinaio e circa 2500 i feriti.
Vedi le corrispondenze dell’epoca di Radio Free Europe qui (27 novembre 2013) e qui (30 novembre 2013) e qui (2 dicembre 2013) e qui (4 dicembre 2013) e qui (6 dicembre 2013) e ancora qui (8 dicembre 2013) e altre ancora (l’Archivio di Radio Free Europe alla voce “euromaidan” è ricchissimo di documenti).
Allo scopo “di proteggere la popolazione di nazionalità russa” in Crimea in marzo militari russi senza insegne prendono il controllo della regione che proclama unilateralmente l’indipendenza l’11 marzo. Il 16 le autorità pro-russe della Crimea organizzano un referendum per l’annessione alla Federazione Russa. Il 17 marzo 2014 Putin riconosce la sovranità della Crimea e la sua indipendenza dall’Ucraina. Tra aprile e maggio anche le regioni di Donec’k, Luhans’k e Charkiv nell’Ucraina orientale si dichiarano indipendenti. Il 25 maggio 2014 viene eletto il nuovo presidente dell’Ucraina: vince l’imprenditore e politico Petro Porošenko al primo turno col 54,7% dei voti espressi. In agosto forze militari russe entrano in territorio ucraino in appoggio alle forze secessioniste nel Donbass.
Ripercorrere il passaggio cruciale del 2014 può essere utile anche per valutare meglio quanto affermato dal Presidente Putin nel suo discorso del 21 febbraio 2022, nel quale non è mancato un riferimento alle proteste di piazza avvenute in Ucraina nel 2013-2014:
“… la corruzione, che resta sicuramente una sfida e un problema per molti Paesi, inclusa la Russia, ha superato le normali dimensioni in Ucraina. Ha letteralmente permeato e corroso la statualità ucraina, l’intero sistema e tutti i rami del potere. I nazionalisti radicali [ucraini] hanno profittato del legittimo malcontento pubblico e cavalcato le proteste di Majdan, escalandone in un colpo di stato nel 2014. E hanno ricevuto assistenza diretta da Stati stranieri. L’ambasciata degli Stati Uniti, secondo i nostri rapporti, ha dato un milione di dollari al giorno per supportare il campo di protesta in Piazza Indipendenza a Kiev. E grandi quantità di denaro, in aggiunta, sono state trasferite con impudenza direttamente nei conti bancari dei capi dell’opposizione: decine di milioni di dollari. Ma la gente che ha sofferto realmente, le famiglie di coloro che sono morti negli scontri esplosi nelle strade e nelle piazze di Kiev e nelle altre città, cos’hanno ottenuto loro alla fine? Meglio non chiedere”.
Marcello Flores e Niccolò Pianciola in un loro recente contributo hanno confutato questa narrazione sul presunto colpo di Stato del 2014, organizzato dagli USA e dalla NATO: “Mai si è visto nella storia un colpo di Stato compiuto da centinaia di migliaia di civili e senza la partecipazione di alcun gruppo di cospiratori provenienti dai servizi segreti o dalle forze armate (…) presentare l’attuale potere politico ucraino come illegittimo e frutto di un golpe è dunque falso (…) Questa <<verità>> è stata ripetuta più volte anche da vari commentatori italiani, che però non hanno mai aggiunto alcuna prova a questa loro apodittica affermazione” (pp. 15-17 di Ucraina. Assedio alla democrazia).
Al contesto dell’epoca aggiungiamo il discorso tenuto il 9 aprile 2015 alla Verkhovna Rada dell’Ucraina dall’allora Presidente della Repubblica di Polonia Bronisław Komorowski. Di seguito alcuni estratti del suo intervento, qui in rapida traduzione dal polacco:
“La Polonia sta dando la mano all’Ucraina. La Polonia sta facendo e farà di tutto perché anche altri paesi e popoli del mondo occidentale libero diano la mano all’Ucraina” (…)
“Qui non si tratta del passato. Si tratta sicuramente del futuro delle relazioni polacco-ucraine. Si tratta del futuro, anche se sentiamo che la visione di un futuro comune è saldamente radicata nell’esperienza storica. Per oltre mille anni, i destini degli ucraini e dei polacchi sono stati inestricabilmente intrecciati” (…)
“Tuttavia, durante il periodo nel quale fummo asserviti ai grandi imperi del XIX secolo, sia i polacchi che gli ucraini cedettero alle sinistre sollecitazioni e le loro aspirazioni di liberazione nazionale furono, in larga misura, rivolte le une contro le altre. Il tragico culmine del [reciproco] conflitto [tra noi] è avvenuto durante la Seconda guerra mondiale, quando fu versato tanto sangue innocente polacco e ucraino. Ricordiamoci quindi che, quando i polacchi e gli ucraini si sono messi l’uno contro l’altro, è sempre stato qualcun altro ad approfittarne, qualcuno che si è appostato sulla nostra indipendenza e sulla nostra libertà” (…)
“Spero che il buon dialogo di oggi tra i nostri paesi e i nostri popoli non sia disturbato da vecchie dispute, da vecchi litigi; che polacchi e ucraini possano affrontare la difficile discussione sulla storia dei loro conflitti e le loro tragiche conseguenze. Sappiamo molto bene, del resto, che la strada giusta è solo il perdono reciproco e la riconciliazione reciproca. Affinché non rimanga un gesto vuoto, deve essere realizzato attraverso un’azione congiunta polacco-ucraina. Soprattutto, si tratta di coltivare la memoria delle vittime dei crimini fratricidi, e di dare dignità a tutte le vittime nei luoghi dove hanno sofferto e sono morte. Questo è il nostro dovere verso i nostri antenati, e un compito per tutti noi, sia in Polonia che in Ucraina. L’azione a favore della Polonia e dell’Ucraina, Stati forti e indipendenti, uniti da una visione del futuro e da un buon vicinato, è, a mio avviso, il modo migliore per rendere omaggio ai nostri nonni e bisnonni, compresi quelli che hanno sofferto a causa dei conflitti. In questa sede è necessario menzionare il ruolo non trascurabile che hanno e possono avere i contatti tra i giovani per avvicinare le nostre nazioni. Per questo sono particolarmente favorevole a sostenere i contatti tra le giovani generazioni (…) dovremmo essere tutti contenti che oltre 23.000 giovani ucraini studiano oggi in Polonia, compreso un gruppo di borsisti del governo polacco provenienti dalle zone colpite dalla guerra in Ucraina. Spero che un accordo intergovernativo sullo scambio di giovani sia firmato nelle prossime settimane. Questo è un impegno importante, un investimento importante per il futuro. Sosterremo i contatti tra i giovani che stanno costruendo una nuova qualità delle relazioni polacco-ucraine per il futuro” (…)
“Ci incontriamo in un momento in cui l’Ucraina è di fatto in guerra. L’occupazione della Crimea e l’aggressione russa nell’Ucraina orientale hanno messo fine alle gioiose celebrazioni in Polonia, tra l’altro, del 25° anniversario del ripristino della libertà da noi e in tutta l’Europa centrale e orientale. Ci incontriamo in un momento in cui l’aggressione russa cerca brutalmente di privare l’Ucraina del suo diritto all’autodeterminazione e del suo diritto di scegliere liberamente i modi e i mezzi dello sviluppo democratico. Il nostro Festival della Libertà, il Festival della Libertà della Polonia, non può essere e non è stato completo, perché in Ucraina, che è nel nostro cuore, delle persone sono state uccise semplicemente perché volevano la stessa libertà per la quale la mia generazione in Polonia ha combattuto, ed era pronta a morire per essa” (…)
“Oggi, dobbiamo dire di più insieme: non ci sarà un’Europa stabile e sicura se l’Ucraina non ne farà parte. La porta delle strutture del mondo occidentale, e dell’Unione Europea in particolare, deve rimanere aperta, e deve essere aperta all’Ucraina. Conoscendo le condizioni e i criteri, che non sono facili da raggiungere, l’Ucraina sta facendo la sua scelta in queste questioni. Tuttavia, nessuno dovrebbe limitare il diritto degli ucraini di fare questa scelta, il diritto di lottare in questo modo. Tanto più che gli ucraini hanno già dimostrato con le parole e i fatti che vedono il loro futuro in un’Europa libera, democratica e sicura” (…)
“L’anno prossimo, l’Ucraina celebrerà un quarto di secolo della sua indipendenza. Questo significa che una generazione di ucraini ha già vissuto ininterrottamente in uno stato indipendente. I paesi dell’Unione Europea e la NATO riconoscono l’integrità territoriale dell’Ucraina entro i confini stabiliti nel 1991. I cambiamenti di questi confini con la forza, contro la volontà del popolo ucraino, non troveranno mai la nostra approvazione e saranno sempre da noi condannati. Siamo tutti consapevoli che l’Ucraina deve affrontare sfide difficili. I principali includono la difesa del suo territorio dall’aggressione armata del suo vicino orientale, ma anche l’attuazione di profonde riforme politiche, sociali ed economiche. Questo è un compito estremamente difficile da intraprendere da soli per qualsiasi nazione. Il sostegno a questi sforzi da parte degli amici dell’Ucraina aumenta queste forze molte volte. Credo fermamente che insieme raggiungeremo questo obiettivo. Da parte dell’Ucraina, è necessaria una saggia determinazione per l’impegno di riforma. Ciò che è necessario da parte del mondo occidentale è disponibilità ad aiutare e pazienza. Un aiuto completo – politico, economico e teso a rafforzare il sistema di difesa dell’Ucraina” (…)
“Come popolo polacco vogliamo, vogliamo che il popolo ucraino, che ci è vicino, viva nella prosperità e goda dei benefici della civiltà di tutto il mondo occidentale. La strada verso la stabile libertà e la prosperità passa sempre attraverso cambiamenti e riforme difficili (…) ricordiamo anche la nostra esperienza, quando le necessarie riforme potevano e dovevano essere realizzate in una situazione di profonda crisi economica a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. La nostra esperienza polacca ci dice che a volte vale la pena di pagare un prezzo politico per le riforme che sono necessarie ad aprire un futuro migliore com’è stato per il nostro popolo. Sappiamo bene che la Polonia non sarebbe dove è oggi se non avesse fatto delle riforme fondamentali più di 20 anni fa. Se non avesse realizzato riforme economiche e sociali e riforme del governo locale in ogni settore della vita polacca, la Polonia non sarebbe dove è oggi. Quando abbiamo fatto la nostra storica scelta nel 1989, abbiamo capito che ci sarebbero stati molti ostacoli e molti sacrifici da fare su quella strada, ma che l’obiettivo era raggiungibile. L’obiettivo era quello di staccarsi dal passato comunista e dalla realtà comunista, di decidere da soli del proprio futuro e di assicurare la prosperità ad ogni cittadino (…) Non esiste una formula unica per il successo. Ogni nazione deve trovare la propria strada e seguirla con coerenza. Così è e così sarà in Ucraina. Non tutte le soluzioni possono essere trasferite con successo in un diverso contesto economico e sociale nazionale. Mi sento obbligato, tuttavia, a condividere con gli amici ucraini un’esperienza importante, e forse la più importante dal punto di vista polacco. Non è un caso che il grande cambiamento nel mio paese sia stato portato avanti da Solidarność, un grande movimento che comprendeva persone di opinioni, genealogie e orientamenti politici molto diversi. Non è un caso che Solidarność sia stato un grande movimento di riforma in Polonia, e non solo un grande movimento che lottava per la libertà polacca, ma anche un grande movimento che lottava per un futuro migliore e per le riforme. Non è nemmeno una coincidenza che il fondamento del primo governo riformatore di Tadeusz Mazowiecki, il primo primo ministro polacco non comunista, sia stato l’accordo politico raggiunto alla Tavola Rotonda, che includeva anche i precedenti avversari. Non è stato facile, ma ha ripagato la Polonia. Non è stato un caso che le cose siano andate così in Polonia, perché oggi sappiamo che senza quell’elementare consenso politico nella fase in cui sono state intraprese le difficili riforme, non saremmo riusciti a ottenere nulla. Il consenso è la condizione del successo”.
“L’accordo di associazione [dell’Ucraina] con l’Unione europea apre una vasta gamma di possibilità di azione. Permette di intensificare la cooperazione con l’UE in campo politico ed economico. Crea condizioni favorevoli per lo sviluppo dei contatti interpersonali. Credo fermamente che l’attuazione coerente delle sue disposizioni, compresa l’adesione alla parte economica dell’accordo, cambierà l’Ucraina e la porterà irrevocabilmente fuori dallo spazio post-sovietico nello spazio del mondo pienamente occidentale. L’attuazione coerente della seconda fase del piano di liberalizzazione offre anche un’opportunità, e persino una garanzia, per l’abolizione del regime dei visti nell’Unione europea. La Polonia sosterrà pienamente la richiesta dell’Ucraina” (…)
“Credo fermamente che il destino ci sorriderà nella nostra comune casa europea. Quando [il poeta e scrittore] Taras Ševčenko diceva: <<Stringi la mano al cosacco>>, annunciava che insieme avremmo fatto rivivere il nostro tranquillo paradiso. Oggi vorrei aggiungere: stringiamoci la mano e costruiamo insieme un futuro europeo per noi e per le future generazioni di polacchi e ucraini. Per la nostra e la vostra libertà! Lunga vita a un’Ucraina libera, democratica ed europea!”
Immagine: dietro al presidente polacco Bronisław Komorowski il presidente ucraino Petro Porošenko
Non è da credere tuttavia che tante rose fossero prive di spine. Ecco, per esempio, cosa scriveva nel 2019 – quando presidente della Repubblica di Polonia era Andrzej Duda e premier Mateusz Morawiecki – l’analista polacco Adam Balcer nel saggio Grande fratello o partner strategico? La politica della Polonia verso l’Ucraina dopo l’adesione all’Unione europea:
“L’adesione della Polonia all’Unione europea nel 2004 ha aperto un nuovo capitolo – comunitario – nelle relazioni polacco-ucraine. La Polonia ha contribuito a un avvicinamento decisivo tra l’Ucraina e l’Unione europea. Ha avviato, insieme alla Svezia, il progetto di Partenariato Orientale, che ha avuto un impatto particolare sullo scoppio della “rivoluzione della dignità” (Euromajdan) e sulla chiara svolta dell’Ucraina verso le strutture euro-atlantiche. Allo stesso tempo, c’è stato un rafforzamento senza precedenti delle relazioni economiche e sociali polacco-ucraine. Come risultato, la Polonia ha consolidato la sua posizione di più importante partner dell’Ucraina nell’UE dopo la Germania. Tuttavia, la Polonia non ha avuto il potenziale per convincere l’UE a riconoscere l’Ucraina almeno come un potenziale candidato, né ha convinto l’Ucraina a realizzare la sua profonda trasformazione”.
“La società ucraina è stata per anni caratterizzata da un alto livello di simpatia verso la Polonia, che è vista come un paese che si è modernizzato con successo, i cui governi sono in linea con lo stato di diritto, la democrazia liberale e l’integrazione europea”.
“Dall’adesione della Polonia all’UE, le relazioni polacco-ucraine hanno attraversato varie fasi. Sono state plasmate dai processi identitari in atto in entrambi i paesi e dalle svolte politiche (rivoluzioni, aggressione russa, elezioni). Attualmente, le relazioni politiche sono al loro livello più basso dall’indipendenza dell’Ucraina. Le più importanti fonti di tensione sono: la politica storica (che occupa un posto importante nella politica dell’attuale governo polacco e in misura minore in Ucraina), le memorie storiche contrapposte e le differenze riguardanti la forma delle identità nazionali. L’atteggiamento dei polacchi verso gli ucraini è sempre stato peggiore di quello degli ucraini verso i polacchi e, per di più, è peggiorato negli ultimi anni”.
“Dal 2015, l’aspirazione della Polonia a svolgere il ruolo di avvocato dell’Ucraina nell’UE e di essere fonte di ispirazione per la trasformazione dell’Ucraina su modello europeo è diventata sempre più difficili da realizzare a causa delle attuali tendenze antidemocratiche in Polonia che causano tensioni con le istituzioni dell’UE e con i principali Stati membri, oltre al già citato deterioramento senza precedenti delle relazioni bilaterali [con l’Ucraina]. La Polonia ha iniziato a subordinare il sostegno alle aspirazioni europee dell’Ucraina all’accettazione da parte di quest’ultima della posizione polacca sulle questioni storiche controverse”.
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Nel novembre 2020 sulle relazioni polacco-ucraine Andrzej Szeptycki della Fundacja Batorego scriveva in Le relazioni polacco-ucraine: verso un nuovo “partenariato strategico”?
“Gli ultimi cinque anni sono stati un periodo difficile per le relazioni polacco-ucraine. La visita di ottobre del presidente Andrzej Duda a Kyïv potrebbe diventare l’inizio di una nuova tappa del “partenariato strategico” tra Polonia e Ucraina dopo un periodo di stagnazione e controversie nelle loro relazioni reciproche. In questa fase, tuttavia, non è affatto certo che si riesca a realizzare tale proposito, sia perché i due paesi sono ancora divisi sulla questione della memoria storica, sia perché mancano chiari obiettivi politici a lungo termine attorno ai quali potersi unire. In questa situazione cresce l’importanza di avere intensivi contatti sociali (che oggi costituiscono una sorta di <<ancoraggio>> delle reciproche relazioni tra i due paesi), e anche di avere potenziali progetti economici e infrastrutturali”.
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Altra riflessione in polacco di Oleksandr Shevchenko in Echi della crisi: a che punto stanno le relazioni polacco-ucraine nel 2020? :
“Il cambio di potere in Ucraina l’anno scorso ha dato avvio a una nuova qualità nelle relazioni polacco-ucraine. Mentre durante gli ultimi anni della presidenza di Petro Porošenko le relazioni politiche sembravano quasi congelate, durante i soli otto mesi del mandato di Volodymyr Zelens’kyj hanno avuto luogo due visite del nuovo capo di stato ucraino in Polonia, è stata sbloccata la possibilità di effettuare lavori di investigazione riguardanti i resti umani dei polacchi (comprese le esumazioni) da parte di ricercatori polacchi sul territorio dell’Ucraina e ha avuto luogo un incontro tra il nuovo presidente dell’Istituto Ucraino del Ricordo Nazionale (UIPN) e l’ambasciatore polacco, incontro che potrebbe annunciare il riannodarsi del dialogo storico (vedi). Supporre, tuttavia, che la crisi nelle relazioni bilaterali sia stata risolta sembra, per il momento, un approccio troppo ottimista. Una formula efficace per condurre un dialogo storico tra la Polonia e l’Ucraina non è ancora stata sviluppata, e ciò comporta ancora il rischio di un ritorno ai tafferugli diplomatici che hanno caratterizzato gli ultimi anni del mandato di Petro Porošenko. Gli eventi dei primi giorni del 2020 hanno dimostrato chiaramente lo stato di incertezza nelle relazioni polacco-ucraine riguardo alle questioni storiche”.
Sempre nel novembre 2020 si è tenuta online la Conferenza “Polonia-Ucraina, polacchi-ucraini. Bilancio delle relazioni reciproche” organizzata tra università e accademie di Cracovia in Polonia e Kyïv e Žeytomyr in Ucraina. Dalla sintesi di Halyna Zelenko, ecco la traduzione in italiano del passaggio iniziale:
“Conflitto irrisolvibile: come uscire dalla crisi nelle relazioni con la Polonia? Ogni tanto l’Ucraina e la Polonia sono immerse in crisi politiche, causate dalle diverse interpretazioni della propria storia. Il conflitto ha le sue fondamenta nelle reciproche accuse di nazionalismo e si basa su una diversa percezione degli eventi storici del 1939-1944, che si susseguirono nelle attuali terre dell’Ucraina occidentale, dove ucraini e polacchi vivevano fianco a fianco. L’inesorabile girare della ruota della storia, che travolse questi territori, provocò una naturale reazione e un desiderio di resistenza, che sfociò nella formazione delle organizzazioni nazionaliste OUN-UPA – come reazione organica della società alle vicissitudini che minacciavano l’esistenza stessa della nazione ucraina. Gli attuali tentativi di fissare la natura delle reciproche relazioni storiche stanno portando a una politicizzazione della storia, il che potrebbe avere conseguenze strategiche estremamente pericolose, sia per entrambi i paesi che per la regione nel suo insieme. Lo scoppio del nazionalismo in Ucraina e in Polonia è la stessa, del tutto naturale reazione della società alle ingerenze relative alla propria sovranità”.
Al riguardo si può consultare online in inglese Poland and Ukraine. Poles and Ukrainians. Relations after 1990, Edited by Volodymyr Horbatenko, Agnieszka Kastory, PAU, Kraków 2021.
A qualche anno dalle diverse riflessioni fin qui riproposte, rilevare con quanta generosa spontaneità i cittadini polacchi stanno accogliendo “dal basso” milioni di profughi polacchi dimostra, una volta di più, che la testa e la pancia delle società non sempre vanno d’accordo o procedono nello stesso momento nella stessa direzione. Lo stesso si dica per il divario tra politica e ricerca universitaria/accademica.
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