Milan Kundera tra Brno, Praga e Parigi
di Josef Sikola
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Milan Kundera torna a Brno (dove è nato nel 1929)
Il primo aprile 2023, in occasione del suo 94esimo compleanno, è stata inaugurata presso la Biblioteca Morava di Brno la “Biblioteca Milan Kundera”. L’inaugurazione è avvenuta più di due anni dopo che lo scrittore e sua moglie Věra avevano annunciato la decisione di destinare l’archivio di Kundera e la sua biblioteca personale alla Biblioteca Morava di Brno. A questa decisione sono seguiti mesi di pianificazione e ritardi causati dal Covid. Il direttore della biblioteca Tomáš Kubíček ha precisato che i visitatori potranno avere accesso a oltre 3.000 pubblicazioni possedute dall’autore, compreso un vasto archivio contenente recensioni della sua produzione apparse in vari periodici del mondo e una porzione della sua corrispondenza con personalità di rilievo, tra le quali alcune personalità cinematografiche come Federico Fellini, Fernando Arrabal, François Truffaut. Fa parte del carico di libri e documenti portati da Parigi a Brno anche un’edizione dei Saggi di Montaigne del XVI secolo firmata dal filosofo e scrittore francese e due volumi di Gargantua e Pantagruel di François Rabelais edite nel 1988 dalla Folio Society con una prefazione di Kundera intitolata “Il giorno in cui Panurgo non ci farà più ridere”.
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Il fondo della biblioteca è accessibile ai lettori per il prestito locale. È prevista anche la digitalizzazione del materiale cartaceo che verrà scansionato e reso disponibile per lo studio in presenza. Usando i computer della biblioteca sarà possibile anche l’ascolto delle versioni audio delle opere di Milan Kundera in ceco, inglese, francese o tedesco. Inoltre i visitatori potranno accedere a una mappa che raffigura le traduzioni delle opere dell’autore pubblicate in tutto il mondo.
L’idea di regalare alla biblioteca l’archivio di Kundera è stata di Věra Kunderová (nata Věra Hrabánková), che per anni ha svolto il ruolo di archivista per suo marito e, in senso lato, anche quello di manager. Kunderová ha precisato in un’intervista per Český rozhlas che la biblioteca è pensata principalmente per studenti, scienziati e critici letterari. “Ci si trova tutto ciò di cui nessuno è a conoscenza. La gente conosce i libri, ma non conosce l’archivio”.
Věra et Milan Kundera. Photo: ČT24.
Věra Kunderová ha tenuto a sottolineare il fatto che la Biblioteca Milan Kundera offrirà al pubblico un programma diverso rispetto a un’altra importante biblioteca, quella che porta il nome di Václav Havel, il cui orientamento lei ha definito esclusivamente politico. La Biblioteca Milan Kundera dispone di un comitato scientifico composto da personalità di spicco della scena letteraria e culturale europea. I membri sono: il direttore della fiera del libro a Francoforte sul Meno Juergen Boos, la scrittrice, drammaturga e attrice francese Yasmina Reza, lo scrittore inglese Adam Thirlwell, la scrittrice e giornalista francese Florence Noiville l’ambasciatore francese nella Repubblica Ceca Alexis Dutertre, la caporedattrice e scrittrice italiana Teresa Cremisi, il direttore del Teatro Nazionale di Brno Martin Glaser e il direttore della Biblioteca Morava di Brno, Tomáš Kubíček.
Scrittore francese e/o ceco? Milan Kundera’s Czech citizenship restored after four decades, 4 december 2019
Hassliebe ovvero il destino dell’autore
Il rapporto tra Kundera e i cechi è complicato. Non sorprende allora la domanda che è stata posta alla moglie dello scrittore, e cioè se la donazione alla Biblioteca di Brno sia un atto di riconciliazione con il paese natio. Věra Kunderová ha risposto: “Questo non dipende da Milan Kundera o da me, dipende dal Paese. Per quanto riguarda Brno è sicuramente così. Invece su Praga continuo a dubitare, perché tutto il male che è già stato fatto a Milan è venuto da Praga. Nessun male è mai venuto da Brno, mai.” Il lettore italiano si chiederà: perché i Cechi non acclamano il loro famoso “connazionale”? C’entra la decisone di Kundera di non tornare in patria dopo il 1989 definendosi ormai francese per la quale ha senso l’uso, forse un po’ ironico, di virgolette poc’anzi? Questo fatto ha sicuramente in un certo modo influenzato molte generazioni nate dopo la Rivoluzione di velluto del 1989. Io stesso ricordo le lezioni di letteratura a scuola in Repubblica Ceca in cui si percepiva piuttosto negativamente quella, ormai, “ambiguità nazionale” di Kundera. Posso solo augurarmi che oggi le lezioni di letteratura trattino questo argomento con un’ottica più matura, perché come ha scritto nel suo contributo alla raccolta Hommage à Milan Kundera la studiosa polacca di letteratura ceca Joanna Czaplińska “in base all’ambiente e alla conoscenza della vita dello scrittore e dei suoi testi, si fa riferimento a Kundera in modi diversi: come scrittore francese di origine ceca, come scrittore ceco che da un certo tempo scrive in francese, o semplicemente come scrittore puramente ceco o puramente francese. Pare, che nessuna di queste definizioni sia corretta (sebbene allo stesso tempo siano corrette tutte).”
Milan Kundera na 5. sjezdu českých spisovatelů v Praze, 1967 | Foto: Gisèle Freund | Zdroj: IMEC/Fonds MCC, Galerie hlavního města Prahy
Non è però questa la causa della risposta esasperata di Věra Kunderová. Il vero problema è la memoria. I Cechi semplicemente non riescono a separare la persona dell’autore dal suo operato. Dopo l’invasione sovietica in Cecoslovacchia nel 1968 si è creata tra gli intellettuali una certa divisione tra, da un lato i dissidenti e i simpatizzanti con i dissidenti; all’altro opposto i comunisti, i seguaci convinti, i perfettamente allineati al regime, contrari a ogni forma di critica e opposizione; e in mezzo la zona grigia degli incerti: i sospesi, i “tira-a-campà”, i realisti ma anche i conformisti. Una tripartizione che continua ad essere sentita fino ad oggi e che a tratti avvelena la scena politico-culturale praghese. Nel caso di Kundera, tutto ebbe inizio nel Natale del ‘68 con il suo saggio Český úděl (Il destino ceco, apparso originariamente su “Listy” n. 7-8/1968), saggio col quale polemizzò l’allora ancora scrittore autonomo, Václav Havel e altri intellettuali dell’epoca. A pochi mesi dall’invasione della Cecoslovacchia da parte dei carri armati del Patto di Varsavia (agosto 1968), Kundera si mostrava in quel testo fiducioso e continuava a credere nella possibilità del “socialismo dal volto umano” propugnato da Alexander Dubček. Scrisse in Český úděl: “I cechi e gli slovacchi, per la prima volta dalla fine del Medioevo, si sono nuovamente posti al centro della storia mondiale e hanno rivolto al mondo il loro appello”, cioè “dimostrare quanto sono immense le possibilità che giacciono dormienti nel progetto socialista e dimostrare che queste possibilità possano essere sviluppate solo se l’indipendenza politica di ogni singola nazione viene sbloccata. Questo appello cecoslovacco è ancora valido, senza di esso il Ventesimo secolo non sarebbe il Ventesimo secolo.” Queste righe molto irritarono il drammaturgo Václav Havel che nella sua replica rimproverò a Kundera l’ingenuità delle sue idee e il suo confuso concetto di libertà. Gli sviluppi successivi hanno poi confermato la validità dell’approccio di Havel. La differenza tra i due protagonisti della scena praghese viene ricordata spesso. Havel non essendo mai stato comunista, Kundera gli rimproverava di non capire il valore storico della Primavera di Praga, di guardarla con sguardo “esterno”. Per Kundera che negli anni 1968-1969 era su posizioni tipiche dei comunisti riformisti e dei marxisti revisionisti, la Primavera di Praga avrebbe potuto portare a una libertà duratura all’interno del sistema di governo comunista. Per Havel invece il sistema necessitava di una revisione completa e non di una semplice riforma. Havel chiedeva democrazia e pluralismo politico, credeva in quello che diceva ed era pronto ad assumere la responsabilità delle sue parole e dei suoi atti. Kundera, pur prospettando un futuro socialista luminoso, negli anni ’70 abbandonò il paese. E una volta approdato in Francia rimase a lungo molto critico nei confronti di Vaclav Havel, del dissenso cecoslovacco e in particolare di Charta 77.
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A Milan Kundera tuttora molti cechi e slovacchi non perdonano di essere stato un beniamino del regime fino al 1968. Vale la pena di ricordare che nel 1948, ancora studente, Kundera si iscrisse al Partito comunista. Ne venne espulso nel 1950 per via di alcune critiche alla politica culturale del regime. Riammesso nel Partito nel 1956, divenne un punto di riferimento della cultura ceca del socialismo reale. Quando più tardi si schierò a favore della Primavera di Praga, fu prima costretto a lasciare il posto di docente poi, nel 1970, venne nuovamente espulso dal Partito. Nel 1975 emigrò infine in Francia. Nel 1979, a seguito della pubblicazione de Il libro del riso e dell’oblio gli fu tolta la cittadinanza cecoslovacca perché dal libro si percepiva la critica del totalitarismo e dei vertici del Partito comunista cecoslovacco. Nel 1981 grazie all’intervento del Presidente François Mitterrand ottenne quella francese. Tra il 1948 e la prima metà degli anni ‘50, dunque, egli fu a tutti gli effetti un comunista fervente e scrupoloso, nonché stalinista. Lo si evince anche dai suoi testi poetici di quel periodo: Člověk zahrada širá (Uomo vasto giardino, 1953) e Poslední máj (L’ultimo maggio, 1955), una composizione poetica su Julius Fučík, entrambe, insieme con altri testi della sua giovinezza, poi ripudiate dalla sua opera autoriale – esplicitamente nella nota dell’autore della quinta edizione di Žert (Atlantis, 1991). La sua scrittura cambia solo dopo il XX Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (1956), dove vengono condannate le pratiche di Stalin. La vera opera di svolta fu appunto Žert (Lo scherzo, 1967) che lo rese immediatamente uno dei massimi rappresentanti della scena letteraria ceca.
Secondo le ricostruzioni pubblicate sulla rivista “Respekt” nell’ottobre 2008 dallo storico Adam Hradílek dell’Istituto praghese per lo studio dei regimi totalitari e dal giornalista Petr Třešňák, ricostruzioni basate sul ritrovamento di un documento negli archivi della polizia politica (vedi l’immagine qui sotto), nel 1950, quando egli era uno studente ancora ventenne, Kundera avrebbe denunciato alla SNB (il Corpo della Sicurezza Nazionale, ovvero le forze repressive del potere esecutivo in Cecoslovacchia) un giovane oppositore del regime, Miroslav Dvořáček. Quest’ultimo, un pilota che aveva disertato nel 1948 andando nella Germania Ovest, era rientrato clandestinamente a Praga in realtà come agente occidentale per organizzare una rete di informatori su incarico dello spionaggio americano. Arrestato, Dvořáček venne condannato a 22 anni di prigione (di cui effettivamente scontati 14 di lavoro forzato nelle miniere d’uranio) evitando per poco la pena di morte. In ragione dell’enorme successo internazionale ottenuto dai suoi libri – in particolare da L’insostenibile leggerezza dell’essere (Nesnesitelná lehkost bytí), romanzo da lui scritto nel 1982 e pubblicato per la prima volta in Francia nel 1984 – dal 1984 Kundera si era negato a qualsiasi uscita pubblica, non concedendo più interviste, non comparendo più nei media, scegliendo il silenzio sociale. Ma le accuse del 2008 lo costrinsero a reagire. Negò ogni sua presunta delazione e definì le accuse nei suoi confronti come un “assassinio d’autore”.
Photo from the Czech Institute for the Study of Totalitarian Regimes
Del caso Kundera- Dvořáček, che fece scalpore in Cechia e in Slovacchia, si scrisse molto all’epoca sia in America sia in Germania, oltre che in Francia e in Italia (qui e qui e qui e qui). Le reazioni più ostili alle accuse ceche si ebbero in particolare in Francia, nel paese di adozione di Milan Kundera. Molti intellettuali francesi (come Alain Finkielkraut, Bernard Henri-Lévy) scesero in campo a sostegno dello scrittore ceco coinvolgendo a sua difesa grandi nomi della letteratura mondiale (tra cui Orhan Pamuk, Gabriel Garcia Marquez, Philip Roth). L’intera vicenda della delazione non è mai stata chiarita fino in fondo, alimentando non poche controversie tra chi ha cercato di investigare al riguardo. Da allora una forte ambivalenza accompagna Kundera: osannato e adulato come scrittore in tutto il mondo, praticamente cancellato e anche criticato in patria. A Praga egli è l’uomo che è partito (leggi “si è dato”) e che a Parigi è diventato il dissidente e lo scrittore, mentre per i praghesi Havel è l’uomo che è rimasto, è stato davvero un dissidente, per questo è andato in prigione e poi è diventato Presidente.
Altra legna sul fuoco è stata messa nel 2020 da Jan Novák con il primo volume della sua biografia su Kundera: Český život a doba (Kundera: La vita ceca e l’epoca), pubblicata presso Argo/Paseka. Novák non mette in discussione l’abilità letteraria di Kundera, ma ciò che Kundera diceva di sé stesso nel corso di tutta la sua vita. Egli crede che Kundera abbia creato una falsa immagine della sua persona. Il libro è scritto con lo stile di un’inchiesta biografica, insolito per il contesto ceco e suscitando per questo reazioni di vario tipo, soprattutto per il metodo di ricerca e per il linguaggio che viene usato dall’autore. Rimane il fatto che il libro è stato presentato nella Biblioteca di Václav Havel a Praga. Trattasi, come accennato in precedenza, di istituzione criticata da Věra Kunderová, per esempio nella seguente intervista radiofonica (durata 8’28). La questione è molto complessa e non è compito di questo articolo approfondirla. L’importante era indicare al lettore italiano come si colloca il personaggio Kundera nel contesto ceco. Ovvero nel contesto al quale lo scrittore ha ora destinato la sua eredità.
Noční Mikrofórum, Jeho kniha o Kunderovi rozvířila literární vody. Je Jan Novák připravený na kritiku? Host: Jan Novák, spisovatel. Moderuje Zuzana Vlčková, 29. červen 2020. Ascolta qui.
Ascolta l’intervista in francese con Ariane Chemin del 08/04/2021 a Radio Praga sul suo tentativo di ricostruire la personalità di Milan Kundera.
Non lasciarsi accecare
Sì, è giusto essere attenti e critici anche verso i giganti. In definitiva se una persona pubblica si avvolge di mistero e mostra una certa diffidenza verso i propri connazionali, è del tutto normale che nasca la curiosità quasi viscerale di scoprirne il perché. Bisogna però chiedersi con quali mezzi e come si possano trarre certe conclusioni. I Cechi con ogni probabilità continueranno ad avere un rapporto problematico con il Kundera “uomo”, col suo lato umano. Visto ciò che è emerso sul suo passato ceco e visto che i dinieghi di Kundera non sono stati ritenuti sufficienti dai cechi, anche senza il libro di Novák è naturale che sia così. Tuttavia, è bene avere sempre in mente che siamo in presenza di un pensatore, di un grande conoscitore della letteratura, di uno scrittore acclamato, di un intellettuale le cui tesi fanno ancora riflettere (vedi i recenti dibattiti stimolati dalla pubblicazione di Milan Kundera, Un Occidente prigioniero, Premesse di Jacques Rupnik e Pierre Nora, traduzione di Giorgio Pinotti Adelphi 2022). L’atto stesso di regalare la propria biblioteca personale, di rendere disponibili i propri archivi assieme a documenti sconosciuti al pubblico, e fare tutto ciò a vantaggio della città natale di Kundera, è senza alcun dubbio un gesto significativo. Brno e, in generale, la Repubblica Ceca dispongono ora di un nuovo centro di pensiero. Quello letterario. Non è il caso di arricciare il naso solo perché per tanto tempo ci è stata instillata l’immagine di un uomo senza qualità.
Sul “tradimento delle immagini”, René Magritte.
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