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Susanna Gianandrea
22 Giugno 2023
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Cronache dall’Archivio Rai – Jerzy Grotowski

Prima esplorazione nel catalogo multimediale. Materiali sul teatro polacco

di Susanna Gianandrea

Immagine di copertina: Jerzy Grotowski, scatto dal catalogo multimediale Rai, fonte. 

L’Archivio Rai è il risultato della stratificazione progressiva di un lavoro culturale che rimane materia viva, ritrasmettibile, riutilizzabile in un confronto continuo tra generazioni. Per tutti, ma soprattutto per i più giovani che possono appropriarsene per costruire i collegamenti tra passato, presente e futuro e provare a fare incroci e costruzioni narrative nuove. Come si fa?  Andare alla scoperta è il primo passo. E queste cronache, che derivano esclusivamente dall’archivio Rai, vogliono essere un po’ le “briciole di Pollicino” per orientarsi in milioni di ore di messa in onda. 

Ora, in omaggio a Poli-logo che ci ospita, cominciamo a esplorare cosa c’è nell’archivio Rai che riguarda la cultura dei Paesi dell’Europa Orientale.

Vorrei iniziare dal regista e intellettuale polacco Jerzy Grotowski, non solo perché l’11 agosto di quest’anno cadono i 90 anni dalla sua nascita (1933-1999), ma perché è tuttora considerato vertice e radice del teatro contemporaneo, motore della rivoluzione teatrale avviata dalla Polonia in tutto il mondo dal 1959 e per un quarantennio circa. 

Vedi la Filmografia sull’opera di Jerzy Grotowski e del Teatro Laboratorio. 

Nella foto: Mieczysław Janowski, Ryszard Cieślak, Zygmunt Molik, Rena Mirecka, Gaston Kulig. Dal lavoro teatrale: “Studium o Hamlecie”, 17 marzo 1964, Teatr Laboratorium 13 Rzędów (Opole), fonte. 

Tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta Grotowski realizza i suoi spettacoli più famosi: Caino di Byron (1960); quattro edizioni di Akropolis (guarda in bianco e nero qui, guarda a colori qui) di Wyspiański (1962-67); La tragica storia del dottor Faust di Marlowe (1963); Lo studio su Amleto da Shakespeare e Wyspiański (1964); Il principe costante di Calderón de La Barca; e Apocalypsis cum figuris (guarda qui e vedi qui (1968). 

Immagine: Waldemar Krygier, plakat teatralny “Studium o Hamlecie” (1964), fonte. 

Nel 1986 Grotowski si trasferisce a Pontedera in provincia di Pisa, dove rimane fino alla sua morte, avendola scelta come sede del Workcenter (vedi qui e ancora qui e anche qui e poi qui e infine qui), il laboratorio teatrale creato per portare avanti il suo lavoro teorico, pratico e didattico sul concetto di “Teatro povero” e sulla funzione essenziale dell’attore in rapporto diretto e rituale, su “base profana” con lo spettatore. Il sogno, il rito, il corpo, ma anche la denuncia sociale sono gli elementi di un teatro spoglio, scarnificato, dove il pubblico è integrato nella rappresentazione e dove l’attore riassume in sé ogni risorsa tecnica, abbandona la maschera per farsi strumento di distruzione dei luoghi comuni sulla scena.

  

Quindi, perché Grotowski oggi? Cosa ci può raccontare un teatro povero, essenziale in un’epoca eccessiva e immateriale come la nostra?

L’importanza della voce e del corpo in scena e della natura del gesto umano ed espressivo sono stati i termini centrali intorno alla riflessione sul teatro che ha fatto Grotowski per tutta la vita. Ecco, quindi, che ripartire dalle sue stesse parole, senza mediazioni, potrebbe far riscoprire a chi pratica la scena un senso diverso della rappresentazione e a chi quella rappresentazione la fruisce potrebbe offrire consapevolezza e visione critica maggiori. Con le parole di Eugenio Barba:  “l’utilità del teatro nelle nostre vite”.

Negli archivi multimediali della Rai

Se Rai Teche è una vetrina visibile a tutti che contiene alcuni programmi e l’elenco dei libri delle biblioteche del Servizio pubblico radiotelevisivo, l’archivio audiovisivo della Rai o catalogo multimediale Rai è l’archivio vero e proprio ed è pensato solo ed esclusivamente per gli usi interni. Tuttavia gli utenti esterni lo possono consultare accedendo di persona alle biblioteche ma solo previa opportuna mail di richiesta (segui le indicazioni qui).

L’archivio audiovisivo Rai conserva oltre un centinaio di materiali radiofonici e televisivi su Jerzy Grotowski, consultabili presso le bibliomediateche Rai di Roma e Torino secondo le modalità già descritte. Di seguito, alcuni esempi della qualità delle testimonianze e delle possibilità di indagine offerte a curiosi e studiosi.

Il programma televisivo di Rai Tre Vent’anni prima (del 1993) inizia dalla presentazione dell’ultimo spettacolo realizzato da Grotowski Apocalypsis cum figuris, presentato nel 1975 alla Biennale di Venezia e rappresentato in Italia, in diverse occasioni, proprio a partire da quella Biennale. Lo spettacolo non solo rappresenta la summa del pensiero e della ricerca del regista polacco, ma, a Venezia, è occasione di incontri e testimonianze, come da consuetudine del gruppo grotowskiano, su quello che è chiamato il “Progetto speciale”. Il “Progetto” prevede che gli spettatori di Apocalypsis siano invitati a partecipare a uno stage. Qualcuno si offre, qualcuno viene scelto. Gli stage si svolgono in luoghi diversi e riservati ai soli spettatori dello spettacolo per preservare la libertà e la spontaneità dei partecipanti che diventano in qualche modo “attuanti” in quel tempo e in quell’agire, sull’idea di stimolare la “cultura per sé”, più attiva e importante allo stesso modo di una cultura primaria, quella che si fruisce in modo passivo. A Venezia, quell’anno, Apocalypis registrò 3000 spettatori per 19 rappresentazioni; allo stage nell’arco dei due mesi parteciparono circa 400 persone. (Sulla partecipazione di Grotowski e del suo Laboratorium a Venezia 1975 vedi le foto di Lorenzo Capellini). 

Grotowski appare un uomo diretto e puntiglioso quando nel 1976 per Incontri del TG. Un’ora con Grotowski è intervistato dalla Rai sul “Progetto”: pretende una traduzione simultanea (Grotowski all’estero si esprimeva in francese) quasi avesse timore di essere frainteso. Teatro, spettacolo e spettatori sono parole morte perché è morto ciò che esse descrivono: “La prima cosa che non è assolutamente nuova è che se si è prigionieri del proprio passato si muore. Non ho paura della morte come una certa soluzione finale, ma questa morte che minaccia sempre la vita quotidiana è assolutamente terribile e questa morte ci minaccia sempre se si vuole essere troppo fedeli a ciò che si fa davanti agli occhi degli altri. Se siamo classificati come degli innovatori e vogliamo sempre fare una cosa nuova, allora è la morte. Se vogliamo conservare una certa immagine di noi stessi come innovatori, anche in questo caso noi siamo morti, nel senso che abbiamo perduto ogni relazione con noi stessi”.

Il documento televisivo del 1994 Cinque sensi del teatro. Cinque monografie sulla filosofia del teatro. Il Teatr laboratorium di Jerzy Grotowski include un’intervista a Grotowski ormai storica, risalente al 1992: “Il teatro è stata un’enorme avventura nella mia vita, ha condizionato il mio modo di pensare e di vedere la gente, di guardare la vita, direi che il mio linguaggio è stato formato dal teatro. Ma non ho cercato il teatro, in realtà ho sempre cercato qualcos’altro. Da giovane mi domandavo quale fosse il mestiere possibile per cercare l’altro e me stesso, per cercare una dimensione della vita che fosse radicata in ciò che è normale, organico, persino sensuale, ma che avesse un’asse, un’altra dimensione, più alta, che ci oltrepassa. Era il periodo stalinista, la censura era molto pesante: si censuravano gli spettacoli, ma non le prove e le prove sono sempre state per me la cosa più importante. Là accadeva qualcosa, fra un essere umano e un altro essere umano, cioè tra l’attore e me che toccava questo asse, al di fuori di ogni controllo dall’esterno. Vuol dire che lo spettacolo è sempre stato meno importante rispetto al lavoro delle prove. Lo spettacolo doveva essere impeccabile, ma tornavo sempre alle prove, anche dopo la prima, perché le prove sono state la grande avventura. In fondo è stato questo interesse per l’essere umano, negli altri e in me stesso che mi ha portato al teatro. Penso che molti malintesi siano dovuti al fatto che il nostro è creduto un teatro moderno, d’avanguardia, in realtà è un teatro che cerca di essere fedele alla tradizione”. Guarda qui un estratto (durata 15’36).

Di recente anche Il teatro di Radio 3 si è interessato a Jerzy Grotowski. Il superamento della rappresentazione, di Marco de Marinis, volume che ripercorre il lavoro del regista polacco, osservando le varie tappe della sua esperienza come un flusso unico, nel corso del quale Grotowski ha sviluppato la sua riflessione all’interno e al di fuori dello spazio scenico. Ascolta qui, 25 Maggio 2023 (durata 46’20).

Di Susanna Gianandrea vedi Tre minuti del 1938 e Pamfir di Dmytro Sukholytkyy-Sobchuk.

Immagine: “Akropolis” (1962), fot. Teatr Laboratorium/Archiwum Instytutu Grotowskiego. 

Immagine: Waldemar Krygier, Plakat do spektaklu “Akropolis” (1964), fonte. 

Immagine: Waldemar Krygier, Plakat do „Apocalipsis cum figuris” Jerzego Grotowskiego, 1968, Teatr-Laboratorium, Wrocław, fonte. 

Immagine: 2009 anno di Grotowski in Polonia. Conferenza internazionale su „La solitudine del Teatro” – Plakat “Grotowski: samotność teatru”. Pomysł i projekt graficzny: Barbara Kaczmarek, fonte. 

TAG: Archivi | Eugenio Barba | Biennale di Venezia | George Byron | Ryszard Cieślak | Calderón de La Barca | Marco de Marinis | Jerzy Grotowski | Barbara Kaczmarek | Waldemar Krygier | Gaston Kulig | Mieczysław Janowski | Rena Mirecka | Zygmunt Molik | Pontedera | Rai | Thomas Richards | William Shakespeare | Teatr Laboratorium 13 Rzędów di Opole | Stanisław Wyspiański | Susanna Gianandrea | Italia | Polonia | Teatro

1 Commento. Nuovo commento

  • Poli-logo » Poli-logo di giugno 2023
    5 Luglio 2023 10:46

    […] Torino. Susanna Gianandrea compie una prima esplorazione nel catalogo dell’Archivio multimediale della Rai. Materiali […]

    Rispondi

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