Motivi militari, canti natalizi e di resistenza, canzoni popolari, poesie, concerti
di Marta Nykytchuk
Immagine di copertina: Sonia Delaunay, senza titolo
Secondo il dizionario Treccani la guerra, nel suo significato tradizionale, è un conflitto armato tra due o più comunità politiche in vario modo strutturate e sovrane (città-Stato, imperi, Stati) che si svolge secondo una precisa linea di demarcazione tra ‘interno’ ed ‘esterno’. Molteplici dizionari hanno un loro modo di spiegare e/o descrivere il termine ‘guerra’, molti libri di storia possono descrivere come si vive o come si sopravvive durante un periodo di guerra, e a chi manca la fantasia rimediano film e serie TV. Ma in quanti sarebbero davvero preparati alla sopravvivenza durante un possibile conflitto? Nel caso di una guerra tante domande sorgono spontanee, la paura ci assale, così la tristezza, pesa l’incognita del futuro, ma la sopravvivenza risulta, di sicuro, uno dei sentimenti più forti che pulsa nelle vene del genere umano. La sopravvivenza porta alla ricerca di molteplici modi di espressione per superare le emozioni negative che si provano. Kafka, ad esempio, scriveva per e attraverso il suo dolore, mentre Van Gogh si esprimeva attraverso la pittura. Abbiamo molteplici esempi di quadri e dipinti che esprimono alla perfezione la barbarie, la paura, i lati orribili della guerra. Ricordiamo Los desastres de la guerra (I disastri della guerra) una serie di 83 incisioni di Francisco Goya realizzati dal 1810 al 1820 e raffiguranti vari episodi di barbarie (uccisioni, massacri, stupri) ambientati durante il periodo della guerra d’indipendenza spagnola. Oppure Angelo Novus (1920) di Paul Klee. O ancora la triade Guernica (1937), il Massacre en Corée (1951) e La guerre (1952) di Pablo Picasso.
Ognuno di noi ha un modo del tutto personale di esprimere o superare dolore e paura. C’è chi lo fa dipingendo, scrivendo testi in prosa o poesie, componendo e suonando musica. I modi di sopravvivere durante una guerra sono molteplici e tutti umani.
La guerra in Ucraina dura già da oltre un anno e in tanti, cittadini comuni o militari, cercano un loro modo per non soccombere, per mantenere lucida la mente e tramandare qualcosa della loro esperienza al prossimo.
ll militare ucraino Pavlo Vyshebaba, mentre era in servizio ha scritto una poesia diventata celebre specialmente da quando un compositore e pianista olandese, Rob Goorhuis ne ha composto la musica. In seguito, grazie alla collaborazione con la cantante ucraina Kola, la poesia è diventata canzone in video al quale hanno preso parte figli e parenti degli stessi militari ucraini. E’ disponibile in Rete (mentre per la raccolta di poesie sulla guerra di Vyshebaba vedi qui).
La poesia di Vyshebaba s’intitola “Alla figlia” (titolo originale “Доньці”). I versi esprimono l’amore infinito di un padre per la figlia che non vede più a causa della guerra, il suo unico desiderio è che la figlia stia bene, che sia al sicuro e protetta. Di seguito il testo originale e la traduzione:
Testo originale
Доньці
Тільки не пиши мені про війну,
розкажи, чи є біля тебе сад,
чи ти чуєш коників і цикад,
і чи повзають равлики по в’юну.
Як у тих далеких від нас краях,
називають люди своїх котів?
Те, чого найбільше би я хотів,
щоб не було суму в твоїх рядках.
Чи цвіте там вишня та абрикос?
І якщо подарують тобі букет,
не розказуй, як бігла ти від ракет,
розкажи, як добре нам тут жилось.
Запроси в Україну до нас гостей,
всіх, кого зустрінеш на чужині,
ми покажемо кожному по війні,
як ми вдячні за спокій своїх дітей.
Traduzione
Alla figlia
Per favore, non mi scrivere più della guerra
Ma dimmi se hai un giardino vicino
Se senti le cavallette e le cicale cantare
Se le lumache avanzano lentamente sui germogli.
Dimmi come, in quelle terre lontane da noi,
chiamano le persone i loro gatti.
E quel che più mi farebbe piacere
E che non ci fosse tristezza nei tuoi versi.
Se fiorisce, lì, il ciliegio o l’albicocco
E se ti regalano un bouquet,
Non raccontare come scappavi dai razzi,
ma come si viveva bene qui.
Invita gli ospiti in Ucraina,
tutti quelli che incontri in un paese straniero,
mostreremo a ognuno di loro, dopo la guerra,
quanto siamo grati per la pace dei nostri figli.
Immagine: ritratti stilizzati di Kateryna Polishchuk.
Un altro significativo contributo musicale al morale generale è stato realizzato da una persona che porta un soprannome metaforico “ptaška” ovvero “Uccellino” – “Uccellino di Azovstal’.” Si tratta di Kateryna Poliščuk, una musicista entrata come paramedico nell’esercito ucraino. È diventata famosa per i video cantati da Mariupol’ che circolavano su internet. Le sue canzoni patriottiche tenevano alto lo spirito combattivo dei resistenti ucraini. In seguito, è stata imprigionata dall’esercito russo e durante tutto il periodo di detenzione (5 mesi) ha sostenuto gli altri militari ucraini cantando (qui uno dei suoi canti in prigionia). Kateryna Poliščuk, è uscita dalla prigionia lo scorso settembre. Dopo la sua liberazione è diventata un’icona. Ha partecipato, sempre cantando, a varie cerimonie pubbliche (vedi). In particolare, ha eseguito quella che è diventata la canzone di questa guerra: “Ой, у лузі червона калина” (“Oh, c’è un viburno rosso nel prato”). Ha eseguito con forza questa composizione nel centro di Kiev, nella stazione della metropolitana, riempendo i cuori del pubblico accorso ad ascoltarla. Nel dicembre 2022 è stata decorata dal presidente Zelens’kyj con l’Ordine “Per il coraggio”. La sua fama è cresciuta anche all’estero. Di recente Kateryna Poliščuk, ha registrato una poesia-preghiera da lei scritta nei mesi di prigionia, che inizia così: “Come il vento, con una sciabola, fenderemo la nebbia / E l’eco dell’oppressione delle catene svanisce”… Guarda il video qui e la traduzione del testo qui.
Abbiamo nominato due militari che hanno lasciato una rilevante impronta durante il loro periodo di servizio militare dando voce alle speranze diffuse. Orazio diceva di aver eretto un monumento più duraturo del bronzo, ebbene un canto, una poesia possono sopravvivere a chiunque, anche al tempo e al bronzo.
Immagine: Микола Андрущенко “Колядки”, 1968.
Durante le scorse festività natalizie anche le persone più comuni, in un modo o nell’altro, hanno cercato di portare avanti le tradizioni ucraine e di coltivare la speranza. La popolazione ucraina non ha perso la fiducia e in molti hanno festeggiato il Natale il 24 e 25 dicembre 2022 in segno dimostrativo di rottura a livello religioso con la Russia, invece di festeggiare il 7 gennaio 2023 secondo la tradizione ortodossa. L’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia è la prima grande guerra in Europa dopo la Seconda guerra mondiale (pur avendo un drammatico precedente nelle guerre avvenute nella ex-Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia tra il 1991 e il 2001, che ne hanno causato la dissoluzione). Oggi nella loro lotta per l’indipendenza come ieri nella loro lotta contro l’occupazione tedesca e poi sovietica, gli ucraini non smettono di cantare i canti di natale consapevoli che comunque il Natale arriva sempre e nonostante tutto. I canti natalizi che gli ucraini cantavano segretamente nel periodo dell’Unione Sovietica sono stati raccolti e sono disponibili anche in Rete. Non si tratta solamente di Сумний святий вечір (“Triste Santa Sera”) che è il classico canto natalizio ucraino molto simile a Oh Holy Night. Si tratta invero di un più vasto insieme di canti natalizi che riguardano il presente quanto il passato.
Serhij Tsypyšev, vicedirettore per il lavoro scientifico del Museo di architettura e vita popolare intitolato a Klementij Šeptytskyj, ricorda i divieti durante il periodo sovietico: “La cosa peggiore che hanno fatto le autorità sovietiche è stata la soppressione delle celebrazioni pubbliche: presepi, canti (da chiesa) e canti (secolari). Questo divieto era disgustoso per la tradizione del teatro popolare ucraino. Inoltre, sono stati scambiati concetti e significati. Le celebrazioni natalizie sono state spostate al nuovo anno e i riti sono stati sostituiti da quelli sovietici”. L’etnomusicologa Anna Černous rileva da parte sua che il presepe non rientrava in nessuna dottrina sovietica; quindi, chiunque lo possedesse poteva essere inviato in Siberia per questo. Ed è proprio dopo l’inizio di questa guerra che molti cittadini, sia nei villaggi che nelle città, si sono concentrati nella salvaguardia della tradizione del presepe e dei canti natalizi. L’etnomusicologa specifica che ci sono canti natalizi con melodie originali e anche trame con un particolare accento popolare-patriottico. Per esempio quei canti che narrano la nascita di Gesù, che benedice l’Ucraina, e mentre ucraini di diverse regioni gli portano i doni, Gesù si meraviglia di quanto sia bello questo paese, e le persone sono dispiaciute per il suo destino, che finirà sulla Croce, e gli chiedono altre benedizioni.
Oggi, dunque, uno degli intenti è quello di salvaguardare, anzi affermare le proprie tradizioni per ricordare e celebrare il passato della propria patria, della propria lingua e della propria cultura – così violentemente attaccate dalla Russia di Putin.
I motivi militari nei canti natalizi non riguardano solo la lotta di liberazione nazionale. Alcuni di questi motivi risalgono all’epoca dei principi di Kiev e dei cosacchi. L’URSS ha cercato di imporre un’immagine “sovietizzata” degli ucraini cercando di far dimenticare che oltre a essere una nazione di contadini, gli ucraini sono stati anche una nazione di guerrieri, annota ancora Anna Černous. E cita come esempio il canto natalizio del villaggio di Lana, nella regione di Ivano-Frankivs’k , pubblicato da Music Workshop “Hurba”, una ONG gestita dalla stessa Anna Černous a scopi non commerciali.
Canto natalizio del villaggio di Lana, testo originale
Нова радість стала, яка не бувала
Над вертепом звізда ясна на весь світ засіяла. (2)
Ой ти, старий батьку, ой ти, стара мати,
Не жалій же свого сина за Вкраїну дати. (2)
Бо ми українці не спали на волос,
Лиш читали і писали український голос. (2)
Український голос, голос, як органа,
Чорна шапка, гордий тризуб, синьо-жовта фана (2)
Ой москаль північний, він наш ворог вічний,
Знищив нашу січ козацьку, та й ще тепер нище. (2)
Testo tradotto
È arrivata una gioia nuova, mai accaduta prima
Sopra il presepe brillava luminosa la stella per il mondo intero. (2)
Oh tu, vecchio padre, oh tu, vecchia madre,
Non vi dispiacete di dare vostro figlio per l’Ucraina. (2)
Perché noi ucraini non abbiamo dormito sui nostri capelli,
Leggevano e scrivevano con voce ucraina. (2)
Voce ucraina, voce tale un organo,
Berretto nero, tridente fiero, bandiera blu e gialla (2)
Oh, il moscovita del nord, è il nostro eterno nemico,
Ha distrutto il nostro esercito cosacco, e tutt’ora lo distrugge (2)
Si osserverà per inciso che il verso “il moscovita del nord, è il nostro eterno nemico” ha radici lontane, attinge alla storia Sei-Settecentesca dell’area oggi Ucraina. Oggi, guerra e cultura militare, con qualche benedizione, contribuiscono a radicare l’idea che la storia si ripeta e a scardinare il difficile confine tra patriottismo e nazionalismo. Vedi al riguardo Ucraina: la guerra vista dall’interno. La memoria dei cosacchi ucraini, reportage del 2022 di Natalija Nahorna, Ihor Siryj, Iryna Kryhlenko per TSN 1+1, disponibile sulla piattaforma online di Arte. Dalla scheda di presentazione: “Cento anni fa, gli ucraini di Kholodnyj Yar hanno combattuto contro l’esercito dell’ex territorio di Mosca. I soldati erano chiamati cosacchi, i loro comandanti erano atamani. Le forze erano diseguali, ma le gesta di Kholodnyj Yar divennero leggenda. Le loro canzoni riecheggiano nella guerra di oggi”.
Molti canti antichi sono talmente “contemporanei” che sono stati cantati apposta quest’anno in segno di liberazione e speranza e, soprattutto, allo scopo di esaltare l’indipendenza ucraina sancita il 25 dicembre del 1991. Non va mai dimenticato che le manifestazioni artistiche possono essere trasmesse nel tempo da tutte le persone, non solo da quelle più note. E la musica può notevolmente unire nei momenti difficili. Il 22 febbraio del 2022 – per citare un momento particolare – si è esibita nel teatro di Mariupol’ la band musicale ucraina BoomBox (qui una loro canzone di grande successo). Dall’annessione russa della Crimea nel 2014 la band ha smesso di esibirsi in Russia. Da allora, i BoomBox, oltre a denunciare l’occupazione illegale dei territori ucraini da parte di Mosca, sono attivamente sensibili al problema dalle violazioni dei diritti umani (compresi quelli dei tartari di Crimea) e alle sorti dei prigionieri politici del regime di Putin. Quel 22 febbraio 2022 si sentiva già una certa preoccupazione nell’aria e si respirava una buona dose di paura condivisa per un possibile attacco contro l’Ucraina da parte della Russia. Ciò nonostante la folla si è riunita in piazza davanti al teatro sventolando le bandiere giallo-azzurre. Il loro cantante Andrij Chlyvnjuk ha così ringraziato il pubblico “Grazie per essere voi e per la vostra integrità. Per non aver avuto paura, perché questa è la nostra casa e nessuno può cacciarci via. Che ci provino. Gloria all’Ucraina!”. Il giorno dopo, 23 febbraio 2022, la band si è esibita a Melitopol’ e poi ha dovuto necessariamente fermare il proprio tour a causa dell’attacco dell’esercito russo. Tutti i suoi membri si sono arruolati nelle Forze di difesa territoriale.
I BoomBox è una delle più seguite band ucraine per la sua capacità di sollevare gli animi. Qualche tempo fa una canzone popolare ucraina Oj u luzi červona kalyna, registrata da Andrij Chlyvnjuk in un video postato sui social, è servita da traccia vocale per un brano dei Pink Floyd composto appositamente in supporto all’Ucraina.
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È passato oltre un anno e un mese dall’invasione russa del 24 febbraio 2022. Per non dimenticare quella data le ambasciate di Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Ucraina in partnership con il Centro Studi Americani e in collaborazione con l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia hanno organizzato a Roma il 22 febbraio scorso il concerto Ukrainian’s Women Bandura Ensemble of Italy (vedi la registrazione: il concerto comincia a 30’ dall’inizio, dopo i saluti). Le musiciste si sono esibite con il tradizionale strumento musicale ucraino Bandura (uno strumento a corda che si suona col plettro ed appartiene alla varietà dei liuti) e con la famosa camicia ucraina ricamata, denominata Vyšyvanka. Presentando l’evento l’ambasciatore d’Ucraina in Italia Jaroslav Mel’nyk ha detto: “La Russia è impegnata in uno sforzo per cancellare l’identità ucraina (…) Dal bombardamento del teatro di Mariupol al sistematico saccheggiamento dei musei, assistiamo al tentativo di distruggere la nostra cultura. Siamo qui stasera per ascoltare della musica, strumento che supera i muri e arriva ai cuori. Musica che aiuta a sopravvivere nel periodo di guerra, fino alla pace e alla vittoria”.
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