Raccolta integrale dei racconti dello scrittore polacco Witold Gombrowicz in una nuova edizione
di Lidia Mafrica
Immagine di copertina: maglietta con citazione di Gombrowicz: “Perché allora mi annoia e stanca questo estratto farmaceutico chiamato ‘poesia pura’, soprattutto quando appare in forma di versi?”
Witold Gombrowicz. Bacacay. Tutti i racconti, traduzione di Alessandro Amenta, Dario Prola, a cura di Francesco M. Cataluccio, il Saggiatore, Milano 2022.
Dalla Scheda dell’Editore: “Non c’è autore più insofferente alle convenzioni di Witold Gombrowicz. I suoi racconti, qui raccolti integralmente per la prima volta in Italia, sono una sintesi perfetta della sua satira conturbante, della sua visione grottesca del mondo, delle sue narrazioni paradossali e stridenti, della sua capacità di dare vita a figure irregolari e assurde, in grado di frantumare in pochi istanti le regole su cui poggia la società. Attraverso un linguaggio levigato, in cui rimbalzano giochi di parole e neologismi, Gombrowicz fa sfilare in queste pagine come in una folle parata un antisemita che si scopre figlio di un’ebrea convertita, un marito che disprezza l’avvenente moglie per perdersi dietro alle gambotte storte e fregiate di venuzze delle donne di servizio, un magistrato paranoico, una donna pazza di desiderio fidanzata con un vergine determinato a rimanere tale, un bandito terrorizzato dalla «rattità» dei ratti, un re corrotto fino alla follia, un giovane conte che trova interesse solo nelle radio. Una dissacrante rassegna di anormali che, alternando il comico e il tragico, mette alla berlina le convenzioni borghesi e i tic dell’aristocrazia, il moralismo e la famiglia, il romanzo tradizionale e le opere edificanti. In queste storie tutto è messo in discussione: quella di Gombrowicz è una lettura ironica e disillusa della realtà che non risparmia né la letteratura, né i sentimenti. E, come testimonia il suo racconto più autobiografico, nemmeno se stesso: «Alla domanda se, come scrittore, intendo continuare a migliorare per lo Spirito, la Cultura, l’Arte ecc., rispondo: no, no, assolutamente no!».
“Il modo migliore per accostarsi all’opera di Witold Gombrowicz è quello di partire dai suoi racconti: vicende atrocemente ironiche, dove l’assurdità e il paradosso trionfano, e si delinea nettamente la filosofia visionaria del maggiore scrittore polacco del Novecento”, Francesco M. Cataluccio.
Dal 2017 prosegue la ripubblicazione, ad opera del Saggiatore e nella curatela di Francesco M. Cataluccio, di una cospicua parte della produzione letteraria di Witold Gombrowicz in lingua italiana. Dopo l’uscita, nell’ordine cronologico in cui hanno fatto ritorno nel nostro Paese, del torvo e inquieto Cosmo, del frammentario e privatissimo Kronos, di Pornografia con le sue torbide pulsioni, ancora dell’irriverente satira antipatriottica che è Trans-Atlantico, e infine di un nuovo Ferdydurke – fuga (impossibile, dalla forma) a due voci, quelle dei suoi traduttori di cui uno è Michele Mari – è arrivato il momento di leggere Tutti i racconti di Gombrowicz, che in sé comprendono tutto quanto detto sopra riguardo alla prosa dell’autore polacco. O, per meglio dire, già comprendono, perché Bacacay (Bakakaj), uscito in Polonia nel 1957 e dato alle stampe da Wydawnictwo Literackie, altro non è che la versione ampliata e rimaneggiata della raccolta d’esordio di un Gombrowicz non ancora trentenne, Pamiętnik z okresu dojrzewania (Ricordi del periodo della maturazione), pubblicata nel 1933 dall’editore Rój, e in cui sono presenti molti dei temi che l’autore approfondirà nella sua produzione successiva.
Edizione polacca del 1957, copertina e frontespizio di Daniel Mróz.
Via Bacacay a Buenos Aires.
Witold Gombrowicz, Pamiętnik z okresu dojrzewania 1933 r., Towarzystwo Wydawnicze “Rój”, 1933.
In Bacacay. Tutti i racconti c’è ancora di più: oltre ai testi, in una nuova traduzione, presenti nel primo Bacacay italiano (quello tradotto da Riccardo Landau e pubblicato, sempre a cura di Cataluccio, nel 2004 per Feltrinelli), Alessandro Amenta e Dario Prola restituiscono per la prima volta nella nostra lingua anche quattro racconti che tra il 1933 e il 1937 l’autore pubblicò su diverse riviste polacche. E lo fanno districandosi in maniera eccellente tra i neologismi e i giochi di parole che ricorrono a ritmo serrato tra le pagine del libro.
Edizione Feltrinelli 2004.
Nella galleria di facce deformi e bizzarre che caratterizzano le prime di copertina dell’intera serie curata da Cataluccio, per Bacacay. Tutti i racconti troviamo la figura umana e mostruosa, psichedelica e tormentata del celebre poster di Jan Lenica, che ben riproduce la smorfia di tensione baconiana che deforma i personaggi del libro. Più di uno di loro si potrebbe infatti cristallizzare in un momento grottesco, cogliendolo con la bocca digrignata come nell’immagine di copertina e lasciandolo così per sempre. Si pensi all’ulano Kacperski che compare nel testo in apertura alla raccolta, Il diario di Stefan Czarniecki: spappolato dal ventre in giù da un colpo di artiglieria che “arriva con un sibilo, si schianta, scoppia […] anche lui scoppia, ma a ridere, anche lui si schianta ma delle risate! Si tiene le mani sul ventre che spruzza sangue come una fontana, e poi pigola e pigola per lunghi minuti in un buffo falsetto, con una vocina stridula, isterica, esilarante” (p. 41). O ancora si veda Verginità, quasi parodia di una fiaba in cui l’ossessione nei confronti di una castità idealizzata porta i due giovani Alicja e Paweł a una staticità farsesca piena di colpi di scena in potenza.
I protagonisti dei racconti, schiacciati dall’attrito di stati emotivi contrastanti e pulsioni indicibili, piegati da lotte intestine o costretti da forme imposte dall’esterno, hanno ancora molto da dire al lettore odierno e la loro potenza sta nel non essere solo “tipi” caricaturali che, usciti da un determinato contesto storico e geografico, mantengono i loro tratti macchiettistici: i personaggi di Bacacay. Tutti i racconti resistono alla prova del tempo perché reali, come sa esserlo, ahinoi, l’essere umano quando, nonostante i tentativi di scongiurarlo, non può che rivelarsi goffa caricatura di sé stesso.
L’opera omnia di Witold Gombrowicz in polacco.
Vedi il sito dedicato allo scrittore in francese.
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