Storie di vari Est raccolti in film rari
Comincia oggi la Festa del Cinema di Roma. Qui il Programma completo.
Ieri, in pre-apertura, si è svolto il Charity Dinner, promosso dal Gruppo Barletta e con la direzione organizzativa di Agnus Dei di Tiziana Rocca. Durante la serata di beneficenza è stata realizzata una raccolta fondi lanciata dalla Croce Rossa Italiana per finanziare le attività in sostegno della popolazione colpita dalla guerra in Ucraina.
Tra i molti film in concorso nelle varie sezioni segnaliamo alcuni film che riguardano l’area tra il Baltico e il Mar Nero:
January (Janvāris) di Viesturs Kairišs
Lettonia, Lituania, Polonia, 2022, durata 94’ – Cast: Kārlis Arnolds Avots, Alise Dzene, Baiba Broka,
Trama: Gennaio 1991. Tre aspiranti filmmaker si trovano di fronte all’invasione dei carri armati sovietici che vogliono reprimere l’indipendenza della Lettonia dichiarata il 4 maggio dell’anno prima. Il film di Viesturs Kairišs (che allora aveva diciannove anni) ricostruisce una generazione che sognava il cinema di Bergman, di Tarkovskij e di Jim Jarmusch (di Stranger than Paradise circolano cassette pirata…), era avida di conoscere il mondo e di confrontarsi con la Storia. Parla del presente e della forza incontenibile della giovinezza, ritrovando la libertà e l’entusiasmo della Nouvelle vague e della Nová vlna. Kairišs rende anche omaggio alla figura carismatica di Juris Podnieks, uno dei più promettenti registi lettoni, che morì a quarantadue anni nel 1992.
NOTE DI REGIA. “I momenti storici rappresentati nel film sono stati decisivi per l’indipendenza della Lettonia e per la Storia dell’Europa orientale. Ci furono vittime, e ci fu una resistenza non-violenta: per me questi sono fattori significativi e autobiografici. La storia del film ricorda i film urbani della Nouvelle Vague: un giovane che cerca sé stesso, ma non riesce a definirsi. Avevo 19 anni nel gennaio 1991, quindi conosco bene i protagonisti e gli eventi del film. A quell’età combattevo per la mia libertà personale, mentre la nazione lettone combatteva per la libertà dallo schiacciante regime totalitario dell’URSS. La guerra in Ucraina dimostra che questa lotta non è finita, e ancora non se ne vede la fine”.
Klondike di Maryna Er Gorbach
Ucraina, Turchia, 2022, durata 100’ – Cast: Oxana Cherkashyna, Sergey Shadrin, Oleg Scherbina, Oleg Shevchuk, Artur Aramyan, Evgenij Efremov
Trama: Tra i film che sono arrivati quest’anno dall’Ucraina, quello di Maryna Er Gorbach si situa in un momento e in un luogo molto particolare: una piccola fattoria nel Donbass, al confine con la Russia, nel luglio 2014. Il marito, per pavidità e interesse, è servile verso gli invasori, mentre la moglie incinta si ostina a resistere, anche dopo che i russi, “per sbaglio”, hanno distrutto una parte della loro casa e abbattuto un jet della Malaysia Airlines. Piccole e grandi tragedie. La progressione verso il peggio è osservata con occhio lucido e spassionato, amaramente ironico, e con un grande controllo formale, come prova il premio per la regia al Sundance Festival. Il finale è di quelli che non si dimenticano, al tempo stesso sconvolgente e con un barlume di speranza.
NOTE DI REGIA. “Klondike è contro la distruzione, contro l’antagonismo con la natura, contro tutto ciò che ci fa dimenticare che anche i più terribili dittatori del mondo sono stati un embrione nel grembo di una madre. Quel che vuole la donna, lo vuole Dio”.
Kordon di Alice Tomassini
Italia, 2022, durata 67’ | Doc – Con Olena Zamkova, Ulianna Kapral, Anastasia Chukovskaya, Olena Kyryliuk
Trama: Alice Tomassini segue quattro donne ucraine, quattro volontarie, che fanno la spola tra il loro Paese e l’Ungheria, cercando di fare qualcosa per ridare speranza a un popolo sotto assedio. Quattro persone sugli oltre sette milioni di donne e bambini che sono fuggiti dalla guerra. E intanto si chiede che cosa significhi, nel mondo d’oggi, varcare una linea tanto invisibile quanto concreta come il confine tra due Stati. Riflette su tutto ciò che ci si lascia alle spalle. E mostra l’importanza del ruolo delle donne come operatrici di pace di fronte a un mondo impazzito.
NOTE DI REGIA. “Poco dopo l’inizio della guerra sono partita come volontaria per il confine ucraino con l’Ungheria. In quel momento ho pensato che sarei stata più utile come regista che come volontaria e ho iniziato a filmare. Kordon è la storia di quattro volontarie, donne comuni che fanno qualcosa di straordinario”.
Polański, Horowitz. Hometown di Mateusz Kudła, Anna Kokoszka-Romer
Polonia, 2021, durata 75’ | Doc – Con Roman Polański, Ryszard Horowitz
Trama: Due uomini camminano, i grandi ombrelli sottobraccio, in una giornata di sole. Chiacchierano, ridono, vanno spediti attraverso Cracovia, che fu capitale della Polonia e che oggi, dice uno dei due, sembra Disneyland. 70.000 abitanti ebrei prima della Seconda guerra mondiale, poche centinaia oggi. I due uomini hanno i capelli grigi, gli abiti sportivi e, rispettivamente, 89 e 83 anni, ma sembrano ragazzini. Sono Roman Polański e Ryszard Horowitz, un grande regista e un grande fotografo, che furono amici da ragazzi in quella città e poi separati dalla persecuzione nazista degli ebrei: Polański nascosto in campagna dopo la deportazione dei genitori e Horowitz finito ad Auschwitz e salvato da Oskar Schindler. Riaffiorano i ricordi, attraverso foto di famiglia, materiali di repertorio scarni e intensi e, soprattutto, l’ininterrotto dialogo punteggiato di momenti ilari e surreali.
NOTE DI REGIA. “Rivedendo i nostri filmini, mi è venuto in mente che costituivano non solo un archivio di famiglia, ma anche una testimonianza dei gusti, degli svaghi, dello stile di vita e delle aspirazioni di una classe sociale nel decennio successivo al 1968”. (Annie Ernaux)
SHTTL di Ady Walter
Francia, Ucraina, 2022, durata 109’ – Cast: Moshe Lobel, Antoine Millet, Saul Rubinek, Anisia Stasevich, Pyotr Ninevsky, Daniel Kenigsberg
Trama: 1941: il giovane Mendele è entusiasta di lavorare nel cinema a Odessa, ma torna nel suo paese (shtetl, in yiddish) in Ucraina, al confine con la Polonia, dove il suo amore di sempre sta per sposare il figlio del Rabbino. E questo il giorno prima dell’invasione nazista. L’esordiente argentino Ady Walter usa il piano sequenza e il bianco e nero (anche se la continuità spaziotemporale è infranta da flashback a colori) come strumenti per calare lo spettatore dentro la realtà di un mondo ebraico sull’orlo della tragedia, tra ricostruzione filologica e allusione al presente. A parlare yiddish è un cast internazionale, tra cui Saul Rubinek (Gli spietati), che recita per la prima volta in questa lingua. Il villaggio è stato interamente ricostruito a sessanta chilometri da Kyiv, con l’intenzione di diventare, dopo le riprese, un museo a cielo aperto. La grafia del titolo è un omaggio al romanzo La sparizione di Georges Perec, dove scompare la lettera “e”, per alludere a un altro vuoto.
NOTE DI REGIA. “La storia di SHTTL è stata pensata per essere narrata in un “flusso di coscienza”. A differenza di alcuni film girati con un solo piano sequenza, SHTTL non è in tempo reale, ma è composto da diversi piani sequenza montati insieme senza soluzione di continuità. SHTTL si basa su fatti storici, ma funziona come un simbolo (in movimento) della Shoah. In lingua yiddish “shtetl” significa “villaggio”. Allora perché SHTTL? Nel 1969 Georges Perec, la cui madre morì ad Auschwitz, pubblicò La scomparsa, un romanzo in cui la lettera “E” non compare mai. Questa assenza segna una mancanza, uno spazio vuoto, una vertigine, una voragine aperta. SHTTL”.
Molto utile la consultazione del Catalogo del Festival, ricco di informazioni sui film e i registi. Si può scaricare qui.
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[…] Avevamo appuntato l’uscita del documentario con una breve scheda https://www.poloniaeuropae.it/ucraina-lettonia-e-polonia-al-rome-film-fest/. […]