Il vecchio Thiess da caso giudiziario a caso storiografico
di Cora Presezzi
Gli fu chiesto questo: dove lo aveva colpito Skeistan quella volta e con che cosa?
R: All’inferno, con un manico di scopa a cui era legata una coda di cavallo.
[…]
D: In che modo il teste è arrivato all’inferno? E l’inferno, dove si trova?
R: I lupi mannari vi si recano a piedi in forma di lupi, nel luogo alla fine del lago chiamato Puer Esser, in una palude sotto Lemburg a circa mezzo miglio da Klingenberg, la tenuta del sostituto signor presidente. C’erano camere signorili e guardiani incaricati, che resistono strenuamente a coloro che vogliono riprendersi i germogli di grano e il grano che gli stregoni vi hanno portato. I germogli di grano erano custoditi in un contenitore speciale e il grano in un altro.
D: Quale forma prendono quando si trasformano in lupi?
R: Hanno una pelle di lupo, che indossano solo loro. La sua l’ha avuta da un contadino di Marienburg, che veniva da Riga, e l’ha ceduta a un contadino di Allasch qualche anno fa.
Questo dialogo ebbe luogo nel 1691, in un’aula del tribunale distrettuale di Wenden, oggi Cēsis, nel corso di un processo contro Pirsen Tönnis, un contadino di Jürgensburg accusato di aver rubato in chiesa. Fu infatti per caso che i giudici di quel processo vennero a conoscenza delle voci circolanti su di un vecchio che era stato convocato per testimoniare sul caso di Tönnis. A quel punto, il processo per furto si era improvvisamente trasformato in un processo «riguardo alla licantropia e ad altri atti proibiti e nefandi».
Sotto accusa era un uomo di circa ottant’anni, noto a tutti come “il vecchio Thiess”. Quando un altro testimone aveva rivelato alla corte che il vecchio Thiess era un lupo mannaro, egli aveva placidamente confermato l’accusa, specificando però di non essere più attivo da almeno dieci anni.
Incalzato dai giudici, Thiess spiegò per filo e per segno in cosa consistesse la sua attività di licantropo. Ogni anno, in tempi stabiliti, i lupi mannari — che Thiess chiama anche Gottes hunde, cani di Dio — ingaggiavano feroci combattimenti contro streghe e stregoni, emissari di Satana. Le battaglie si svolgevano «all’inferno», situato in una palude vicino al lago di Essen; dal loro esito dipendeva la prosperità dei raccolti e il benessere della comunità.
«I lupi mannari non servono il diavolo», aveva spiegato Thiess ai suoi giudici, lasciandoli sconcertati davanti a un imputato che si discostava in modo sorprendente dalla consueta reazione di chi veniva accusato di licantropia. «I lupi mannari non servono il diavolo, perché gli tolgono quello che gli hanno portato gli stregoni, e per questo il diavolo è così ostile a loro che non li può sopportare. Anzi, li fa scacciare con pungoli di ferro, come se fossero cani, perché i lupi mannari sono i cani di Dio. Gli stregoni sì che servono il diavolo e fanno tutto secondo la sua volontà, perciò gli appartengono anche le loro anime. Tutto ciò che i lupi mannari fanno giova alla gente, perché se non esistessero e se il diavolo si prendesse tutta la prosperità che ha rubato, la prosperità sparirebbe dal mondo».
La Kriminalakte n. 30 dell’anno 1692, conservata presso gli archivi dell’Alta Corte di Dorpat (oggi Tartu), è evidentemente un documento straordinario. Come hanno scritto Carlo Ginzburg e Bruce Lincoln, leggendo il verbale del processo si ha davvero l’impressione di udire la viva voce di quest’uomo vissuto nella Livonia di fine Seicento, di osservare in presa diretta la sua lotta per sottrarsi alle accuse di collusione diabolica e affermare, invece, le proprie idee sui lupi mannari in quanto esseri benevoli e indispensabili al benessere della propria gente.
Riemersi dal silenzio degli archivi nel 1924, nel corso dell’ultimo secolo gli atti del processo del vecchio Thiess hanno più volte attirato l’attenzione di studiosi e studiose di diverse discipline. Il primo a occuparsene era stato l’archivista lettone e studioso di storia nazionale premoderna Hermann von Bruiningk, al quale si deve il ritrovamento del verbale e la sua prima pubblicazione. Von Bruiningk si accorse immediatamente del carattere anomalo della testimonianza di Thiess: la sua storia permetteva infatti di confutare quegli stereotipi che facevano della Livonia (una regione storica che corrisponde alle attuali Lettonia ed Estonia) una terra di lupi mannari. In contrasto con la letteratura dotta del XVI secolo, che descrive i lupi mannari come bestie selvagge in combutta con il demonio, la testimonianza di Thiess rivelava, secondo von Bruiningk, antiche credenze di una religiosità precristiana che contemplava l’esistenza di esseri ibridi, in parte umani e in parte animali, senza alcuna connotazione demoniaca o malefica.
Fonte della carta: Karma, Tõnu. (Tenu Karma) “Lībieši.” Kurzeme un Kurzemnieki. Ed. A. Vītols. Rīga: Latvijas Enciklopēdija, 1995. Ripresa da Uldis Balodis, Virtual Livonia.
A interessarsi al caso di Thiess era stato poi Otto Höfler. Nel suo Kultische Geheimbünde der Germanen, Höfler aveva presentato la teoria dei Männerbünde, gruppi militari germanici che praticavano riti estatici legati al mondo dei morti e al culto degli antenati, in cui identificava la prima cellula del potere statuale. La testimonianza del vecchio livone, che descriveva con orgoglio le proprie funzioni socialmente positive di lupo mannaro, gli parve quindi corroborare le sue tesi: gruppi cultuali impegnanti in combattimenti rituali erano diffusi anche ai confini nordici dell’area germanica; come nel caso dei Männerbünde, nelle loro cerimonie e azioni predatorie, anche i gruppi del Baltico usavano travestimenti da lupo, in quanto il lupo mannaro era concepito nella religiosità nordica (Höfler, che era nazista, parlò di «religiosità ariana» e «razza nordica») come un mediatore tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Le tesi di Höfler sopravvissero ai presupposti ideologici che le avevano ispirate, e la sua teoria dei Männerbünde ebbe una grande influenza sugli storici delle religioni delle generazioni successive.
I lettori e le lettrici più assidui di Carlo Ginzburg non possono aver dimenticato le bellissime pagine da lui dedicate al vecchio Thiess. Già nel suo primo libro, I benandanti (1966, 3° edizione 2020), poi in due saggi degli anni Ottanta, Mitologia germanica e nazismo e Freud, l’uomo dei lupi e i lupi mannari, infine in Storia notturna (1989), lo storico è tornato più volte su questo caso. (Vedi anche L’inconscio e la storia. Intervista a Carlo Ginzburg di Claudio D’Aurizio e Fabrizio Palombi del 2017, pp. 9-24. E, più recentemente, cfr. la conversazione tra Carlo Ginzburg e Giacomo Micheletti, Cani di Dio e spari nel buio).
Identificando i presupposti ideologici della lettura di Höfler e prendendone le distanze, Ginzburg ha proposto di interpretare la testimonianza di Thiess come la traccia di una religiosità sciamanica euroasiatica, connotata da elementi che emergono, nel corso dell’età moderna, in moltissimi processi che si celebrarono in tutta Europa: i riti agrari, il nesso con il mondo dei morti, le estasi. Mentre lavorava sui processi dei benandanti friulani — individui accusati di stregoneria che sostennero, davanti ai tribunali dell’inquisizione, di combattere in estasi contro streghe e stregoni per la fertilità dei campi — Ginzburg colse un’aria di famiglia con le posizioni che, mezzo secolo dopo e 1700 chilometri più a nord, davanti ai suoi giudici aveva espresso Thiess. Le confessioni dei benandanti del Friuli, come quelle del lupo mannaro baltico lasciavano cioè affiorare, argomentò Ginzburg, un antichissimo sistema mitico-rituale, dissoltosi con l’avvento del cristianesimo ma di cui la cultura popolare continuava a conservare e tramandare dei segmenti e che — come nel caso del mito del sabba studiato in Storia notturna — avevano anche contribuito a modellare le idee prodotte dalla cultura teologica alta, immettendovi elementi di provenienza folklorica.
A trent’anni di distanza dalla pubblicazione di Storia notturna, a tornare sul caso di Thiess è stato Bruce Lincoln, uno dei più importanti storici delle religioni viventi e professore emerito dell’Università di Chicago. Prendendo le distanze dalle posizioni di Ginzburg, Lincoln ha proposto un’analisi ravvicinata del processo di Thiess basata sulla contrapposizione dei due gruppi sociali della Livonia della prima età moderna: Deutsche/Undeutsche, élite tedesca e contadini indigeni. Anche secondo Lincoln, il verbale del processo di Thiess è un documento di inestimabile valore perché permette di gettare una luce su una dimensione storica altrimenti inaccessibile e perduta per sempre. Non si tratta però di quella, antichissima, ipotizzata da Ginzburg: l’esistenza di una religiosità sciamanica resta, per Bruce Lincoln, una suggestiva ipotesi indimostrata, e forse indimostrabile. Il processo di Thiess offre invece una rarissima occasione di osservare un fenomeno di «resistenza religiosa»: quella opposta da un membro della classe subordinata ai rappresentanti dell’élite discendente dai Cavalieri Teutonici che avevano conquistato ed evangelizzato la Livonia nel XIII secolo. Thiess aveva descritto l’inferno come un luogo in cui vi sono «camere signorili e guardiani incaricati, che resistono strenuamente a coloro che vogliono riprendersi i germogli di grano e il grano che gli stregoni vi hanno portato». Aveva presentato i lupi mannari come «i cani di Dio» che tolgono al diavolo il grano «che gli hanno portato gli stregoni». Aveva affermato con tenacia che «tutto ciò che i lupi mannari fanno giova alla gente, perché se non esistessero e se il diavolo si prendesse tutta la prosperità che ha rubato, la prosperità sparirebbe dal mondo». Nella sua confessione, Lincoln identifica dunque l’atto, di straordinaria audacia, con cui un contadino tentò di rinegoziare, nel corso di un processo, il significato di un’accusa infamante — quella di licantropia — usata come strumento di dominio da parte dell’élite governante, trasformandola in una latente accusa nei confronti della politica agraria della classe dominante stessa.
Nel caso di Thiess, Lincoln vede quindi una risposta «a forze, problemi, stimoli e circostanze simili» a quelli che si trovarono a fronteggiare i benandanti friulani davanti ai loro giudici. La sua proposta è di interpretare entrambi i fenomeni come episodi di resistenza religiosa senza connessioni storiche reciproche, e senza dover quindi ipotizzare una trasmissione culturale. Secondo Ginzburg, invece, è possibile spiegare i tratti che li accomunano — la funzione agraria e la valenza positiva nel loro contesto sociale — cercando anelli di connessione che rimanderebbero a un’origine mitica e rituale comune più antica.
Nel 2020, Ginzburg e Lincoln hanno pubblicato i risultati delle loro indagini parallele e divergenti su Thiess in un volume uscito per la Chicago University Press. Oltre a costituire la prima monografia interamente dedicata al caso del lupo mannaro baltico, il volume contiene anche una sezione antologica che riunisce i diversi testi dedicati da Ginzburg al caso di Thiess dagli anni Sessanta a oggi, uno scambio epistolare in cui vengono ridiscussi i risultati delle rispettive analisi, e due serrate conversazioni sul tema della comparazione storica che offrono al lettore un’immersione nel laboratorio di due tra i massimi specialisti al mondo di storia religiosa e delle religioni.
Ringrazio poli-logo per avermi invitata a parlare di questa straordinaria storia, che continua a costituire una sfida aperta e un banco di prova per la storiografia e lo studio dei fenomeni religiosi, dandomi l’occasione per segnalare l’uscita dell’edizione italiana del libro, pubblicato lo scorso dicembre da Officina Libraria, alla cui traduzione ho avuto il grande piacere di collaborare. Le traduzioni dei passi del processo citati nel testo sono di Lucio Biasiori e sono tratte da C. Ginzburg e B. Lincoln, Il vecchio Thiess. Un lupo mannaro baltico tra caso e comparazione, Officina Libraria, Roma 2022.
Dalla scheda dell’Editore: «Nel 1691, un contadino della Livonia, noto come “il vecchio Thiess”, dichiarò a un tribunale distrettuale di essere un lupo mannaro. Ma alla corte spiegò di non essere un mostro diabolico, bensì uno dei “cani di Dio”, che combattevano contro stregoni, streghe e persino Satana per proteggere campi, greggi e persone: un’ammissione sconcertante, che attirò l’attenzione dei giudici di allora e che continua ad attirare quella degli storici da almeno un secolo a questa parte. In questo libro, Carlo Ginzburg e Bruce Lincoln discutono in una prospettiva comparata il processo e la sorprendente testimonianza del vecchio Thiess. Oltre alla prima traduzione italiana degli atti processuali, dove pare quasi di sentire la voce del protagonista, il libro presenta le diverse analisi dell’evento: dai tentativi di collegare il vecchio Thiess a pratiche sciamaniche, all’idea che egli stesse reagendo allo stereotipo del lupo mannaro che l’élite germanica usava per giustificare il proprio dominio sui contadini del Baltico. Intrecciando e discutendo meriti e rischi delle proprie prospettive di ricerca e di quelle di altri studiosi, Ginzburg e Lincoln riflettono anche su più ampie questioni di metodo storico: fino a che punto è rappresentativo un caso eccezionale? Quale deve essere lo statuto della prova quando si tratta di ricostruire una sfera di oralità perduta per sempre? Che ruolo hanno i nostri presupposti nell’accertamento della verità storica? Il Vecchio Thiess apre una prospettiva nuova su una serie di problemi fondamentali che caratterizzano il mestiere dello storico oggi».
Fonte immagine.
Le foto che seguono sono di Ignas Šlajus, dottorando dell’Istituto lituano di letteratura e folklore, che ha identificato il lago dove, secondo la testimonianza di Thiess, si trovava l’ingresso dell’inferno, incrociando le testimonianze e le mappe antiche. Si tratta di un lago paludoso, oggi chiamato Ezerkalnu purvs (“palude del lago”) e situato accanto al lago Bezdibenis (“il senza fondo”) nei pressi delle odierne Mālpils e Akenstaka. Lo ringraziamo per la cortese concessione.
Ignas Šlajus, Photo #1 Ezerkalnu purvs from the south side.
Ignas Šlajus, Photo #2 Ezerkalnu purvs from the south-east side.
Ignas Šlajus, Photo #3 Bezdibeņa ezers from the south-west side.
Ignas Šlajus, Photo #4 the south border of Ezerkalnu purvs.