L’utopia della decolonizzazione della Russia: istruzioni per l’uso
di Silvana Ameruoso
Immagine di copertina, fonte.
Nedim Useinow, politologo polacco e membro del Consiglio di coordinamento del Congresso mondiale dei tatari di Crimea in Polonia, riflette sulla questione nazionale russa e sul suo riflesso in Ucraina in un articolo pubblicato l’8 maggio 2023 sulla rivista online tedesco-polacca “Dialog Forum”, L’articolo, scritto in polacco, è stato tradotto in tedesco da Andreas R. Hofmann. Di seguito la mia sintesi in italiano.
Dopo l’invasione da parte dell’esercito russo il 24 febbraio 2022, il mondo si aspettava che l’Ucraina con i suoi 40 milioni di abitanti sarebbe stata conquistata del tutto e velocemente. A più di un anno dall’inizio del conflitto si può però affermare che la Russia non ha raggiunto il suo obiettivo.
Il fallimento della strategia del Blitzkrieg ha sfatato il mito dell’invincibilità dell’esercito russo; questo ha indotto i Paesi dell’Ovest a domandarsi se Mosca sia effettivamente in grado di mantenere il controllo sulle regioni non russe della Federazione. Alcuni Ucraini riuniti in movimenti separatisti sperano nella sconfitta del nemico e addirittura in una decolonizzazione della Russia. Sebbene questa posizione ideologica non sia ‘ufficiale’ a Kiev, essa è molto diffusa e si lega alla convinzione che la politica imperialista del Cremlino rappresenterà per sempre un problema per la sicurezza dell’Europa. Le attuali condizioni politiche e sociali non sembrano però deporre a favore della realizzabilità di un tale scenario in futuro. Le idee separatiste, infatti, vengono sostenute in modo debole e la maggior parte delle persone si rapporta al problema in maniera passiva. A tal proposito Nedim Useinow ritiene che, invece che alla “decolonizzazione della Russia”, bisognerebbe aspirare alla liberazione dell’Ucraina attraverso movimenti che siano al di fuori dalla sfera d’interesse della Russia.
Il processo di russificazione della Federazione non sembra peraltro destinato ad arrestarsi: dal censimento condotto nel 2021 è emerso come le minoranze etniche in Russia costituiscano solo il 20 percento della popolazione; oltre al decremento demografico si registra anche un decremento linguistico, dal momento che negli ultimi dieci anni è diminuito sempre più l’uso delle lingue vernacolari non russe. La situazione è resa ancora più grave da un emendamento del 2018 alla legge in materia, il quale ha abolito l’obbligo per i russi di imparare le lingue locali. Leyla Latypova, nota giornalista e attivista tatara, ha scritto sulle sue pagine social che la Russia sta commettendo un “aperto linguicidio e un genocidio etnico contro le nostre nazioni”. Quello linguistico è soltanto uno dei molti aspetti che testimoniano come nel giro di pochi anni la Russia sia diventata uno stato centralizzato con istituzioni svuotate e amministrazioni locali senza diritti e totalmente dipendenti dal governo centrale.
La recessione e il crescente malcontento per le spese di guerra nelle regioni hanno certamente contribuito alle proteste di massa che si sono verificate in Russia. Le nazionalità non russe della Federazione sono state le prime a ribellarsi alle coscrizioni militari di massa ordinate dal Cremlino nel settembre dello scorso anno; basti pensare ai fatti del Daghestan. Proprio il Caucaso settentrionale è peraltro ritenuto dagli esperti la regione più predisposta alla secessione, anche se attualmente sotto lo stretto controllo del Cremlino.
Un dimostrante viene arrestato dalla Polizia durante le proteste nel Daghestan: fonte
Intanto a Kiev dilagano illusioni sulla decolonizzazione della Russia, animate dall’idea che essa prima o poi si sgretolerà in tanti piccoli stati nazionali. Tale prospettiva appare però ad Useinow abbastanza utopistica. Anche se la Federazione dovesse perdere una parte significativa dei propri territori a causa della guerra, essa non verrebbe comunque meno alla propria natura aggressiva, né si indebolirebbe militarmente. Obiettivo ben più realistico e legittimo sarebbe la sconfitta dell’esercito russo sul campo di battaglia.
Sebbene sia difficile che la decolonizzazione della Russia possa mai realizzarsi, tuttavia le prospettive per l’Ucraina non sono del tutto scoraggianti. Useinow fa la seguente previsione: dopo la vittoria dell’Ucraina e dei suoi alleati occidentali, sussiste la possibilità di convincere la nuova leadership del Cremlino a decentralizzare ampiamente il Paese e ad avviare un vero dialogo con le regioni, le quali potrebbero rivendicare l’indipendenza o una maggiore autonomia. Per rendere più probabile un simile sviluppo la Russia dovrebbe attuare una politica intelligente basata sulla cooperazione con gli attivisti del Paese e sensibili al fenomeno dell’emigrazione. In questo contesto sarebbe opportuno ricorrere al Prometeismo (movimento politico e intellettuale del periodo tra le due guerre che promosse le aspirazioni indipendentiste delle nazionalità dell’allora URSS sostenendo governi e organizzazioni).
A fare da contraltare a questo scenario positivo Useinow ne prospetta anche uno negativo. Esiste anche la possibilità che si arrivi ad una carneficina etnica, operata dallo Stato che possiede il più grande arsenale di armi nucleari al mondo. Tenendo conto di questo, l’Ucraina dovrebbe elaborare una strategia di pace a lungo termine che includa la costruzione di contatti con le popolazioni indigene della Russia con l’obiettivo di promuoverne e preservarne l’identità culturale. Anche la collaborazione con i loro leader, così come la fornitura di borse di studio ai giovani attivisti, sembrano ad Useinow delle iniziative che in futuro potrebbero rendere possibile la sconfitta del neoimperialismo russo e una pace duratura.
di Silvana Ameruoso, vedi 105 anni della Repubblica Nazionale di Bielorussa. L’indipendenza incompiuta: un giorno come tanti?