Invito alla lettura con in testa immagini di questa guerra come note a margine
di Serena Buti
“Da diversi mesi i mezzi di informazione danno ampio risalto alla notizia di una possibile invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia: dopo la presa della Crimea e la guerra ibrida iniziata nelle regioni di Donec’k e Luhans’k nel 2014, Putin si starebbe preparando a un conflitto per conquistare l’intero Paese.” (p. 5)
È questo l’incipit de Il destino dell’Ucraina. Il futuro dell’Europa (Scholé, 2022) di Simone Attilio Bellezza. Le parole qui citate, facilmente definibili “profetiche”, sono in realtà il frutto dell’attenta osservazione di una serie di fatti che si sono succeduti negli ultimi trent’anni, cioè a partire dal 1991. Ovviamente non basta essere uno storico di provata competenza – come Bellezza – per sfuggire all’imprevedibilità che rende tanto ardua l’osservazione del presente: così l’autore stesso si è ritrovato drammaticamente sorpreso il 24 febbraio di quest’anno. Se da una parte ora possiamo limitarci a osservare il nostro presente, e agire ove e come possibile, dall’altra l’urgenza dei cambiamenti di scenario che si prospettano dinnanzi a noi dovrebbero invitarci a riflettere, ad approfondire, a fornire più dettagli e complessità alla nostra prospettiva. Questo libro di Simone Attilio Bellezza, pubblicato appena prima dell’invasione russa dell’Ucraina, è senz’altro un valido alleato per chiunque decida di compiere un primo passo in questa direzione.
La caratteristica fondamentale che rende questo libro un must per chiunque voglia farsi un’idea di ciò che succede in Ucraina è insita nella sua onesta e profonda aspirazione divulgativa. Non troverete in questo libro delle note, e la bibliografia – preziosissima – presenta solo alcuni titoli essenziali. Bellezza è riuscito a sintetizzare in poche pagine (190 circa, e pure scritte grandi) questioni di estrema complessità, senza mai abbandonare un lessico di largo uso, portando a termine un libro che sa tracciare un percorso anche nella mente del lettore totalmente estraneo alla storia dell’Ucraina e dell’Unione Sovietica. Dopo l’introduzione (Le radici di un conflitto) e il primo capitolo (Il movimento nazionale ucraino), necessario soprattutto per chi non ha in mente uno schema dei principali eventi della storia ucraina dall’Ottocento ai tempi più recenti, segue un secondo capitolo (La democratizzazione incompiuta dell’Ucraina post-sovietica) che entra subito nel vivo di uno dei temi principali della trattazione di Bellezza: il tema della democratizzazione incompiuta. Qui Bellezza offre uno scorcio sui primi anni nella Russia e nell’Ucraina post-sovietiche. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, infatti, si può osservare come queste due realtà presentassero importanti convergenze, soprattutto per quanto riguarda la grave crisi economica che seguì la transizione del mercato, ma non solo: si pensi all’affacciarsi di personaggi della vecchia nomenklatura “riciclatisi” come membri di una classe di “nuovi ricchi”, i ben noti oligarchi, estremamente influenti anche dal punto di vista politico. A distinguere l’inizio dell’indipendenza ucraina è stato il tentativo di mantenere una “studiata equidistanza” e di proporsi come “ponte” tra mondo orientale e occidentale (p. 49). Nel descrivere le criticità di questo primo periodo, caratterizzato da una presidenza debole, Bellezza evidenzia un aspetto interessante: già dal 1991 nell’immaginare il nuovo Stato ucraino si pensava a una statualità non basata sull’etnia, quindi tutte le persone residenti avevano automaticamente accesso alla cittadinanza. Più avanti torneremo su questo aspetto.
I destini comuni post-sovietici di Federazione russa e Ucraina giungono a un bivio nel 1999, con l’arrivo di Vladimir Putin e Viktor Juščenko. È così che inizia a germogliare nella popolazione in Ucraina una nuova e originale coscienza civile, prerequisito fondamentale delle successive rivoluzioni. I tratti principali della Rivoluzione arancione (2004) sono descritti nel terzo capitolo (La Rivoluzione arancione), non senza una breve digressione sulle caratteristiche principali delle rivoluzioni colorate, tra le quali la Rivoluzione arancione è stata indicata come caso più classico. A concludere il terzo capitolo è la descrizione di come la divisione tra regioni orientali-meridionali e occidentali del Paese sia stata trasformata in una “frattura capitale” (p. 93). Nel quarto capitolo (Il regime di Janukovyč e l’Euromajdan) sono riportati i fatti principali del regime di Janukovyč e gli avvenimenti dell’Euromajdan, cioè della Rivoluzione della Dignità del 2014. Seguendo la trattazione di Bellezza si comprende come, non senza delle contraddizioni, la coscienza civile sviluppatasi nel primo decennio degli anni Duemila ha fatto sì che il Majdan divenisse anche un “luogo di sperimentazione di una cittadinanza diversa” (p. 119). Il potere sorto da questa rivoluzione e dalla violenta risposta delle autorità era un potere sotto certi punti di vista fragile, data l’entità delle sfide che gli si ponevano davanti, perciò nel quinto capitolo (Una guerra civile?) si tratteggia una situazione ricca di contraddizioni e complessità ulteriormente accentuate dall’invasione russa della Crimea e dalla grave instabilità nelle zone orientali, sfociata nell’autoproclamazione delle sedicenti “repubbliche” di Donec’k, e Luhans’k (2014). Oltre alla crudezza degli avvenimenti interni, Bellezza descrive anche la dimensione geopolitica di questo periodo di crisi in Ucraina. Nell’ultimo capitolo (Il consolidamento della democrazia e la minaccia putiniana) viene illustrato come si sia andata consolidando la democrazia, anche in questo caso con grandi difficoltà e contraddizioni. La volontà di de-comunistizzare e talvolta de-russificare lo spazio pubblico si è accostata al processo, già intrapreso da tempo, di coltivare una “memoria pubblica selettiva” (p. 61) dando vita a quella che Bellezza definisce come una “ricostruzione artificiale” (p. 61) della storia, avvenuta rintracciando le fonti e interpretazioni storiografiche ucraine che erano proibite nel periodo sovietico.
Questa definizione di Bellezza può essere uno spunto di riflessione sull’arbitrarietà di alcune interpretazioni imposte dai regimi anche attraverso la censura o vera e propria cancellazione di documenti e prove empiriche attestanti i fatti avvenuti, da contrapporsi al lento e profondo maturare di una memoria collettiva. In Ucraina ciò è avvenuto in gran misura attraverso la storiografia, mentre nella vicina – non solo geograficamente – Polonia è avvenuto forse maggiormente nella letteratura e nella pubblicistica storico-politica. Questo processo non ha fatto che aumentare la distanza, ormai chiara a tutti, dello Stato ucraino dalla Federazione Russa. “Il discrimine – specifica Bellezza – non sta tanto nell’appartenenza etnica o linguistica, così come aver eletto un presidente ebreo russofono dimostra, ma nell’aver deciso di percorrere un percorso di trasformazioni politiche, sociali e culturali che differenziano chiaramente l’Ucraina dalla Russia” (p. 181). Non è un caso se proprio alla fine del libro, parlando della “internazionalizzazione della crisi ucraina”, Simone Attilio Bellezza cita l’Associazione Memorial, fondata nel 1989 da Andrej Dmitrievič Sacharov con sede a Mosca e avente l’obiettivo di ricostruire la storia delle violazioni dei diritti umani e dei crimini compiuti durante il regime staliniano e non solo. Le fortissime pressioni subite da questa associazione, culminate con l’ingiunzione di chiusura nel 2021, sono solo uno dei preoccupanti indizi circa lo stato della repressione delle libertà individuali in Russia. Proprio nel cuore di Memorial Italia, da una conversazione di Bellezza – socio dell’associazione – con l’ex presidente Francesca Gori, nasce questo libro.
Ripercorrendo rapidamente il contenuto del libro emerge una sottotraccia fondamentale, un discorso che inizia con una domanda quasi sussurrata – da chi legge – e finisce con una risposta chiara e concisa dell’autore. Molte persone in questi anni, e ancor più in questi mesi, si sono chieste cosa differenzi la Russia dall’Ucraina. La scelta di Simone Bellezza di inserire un breve capitolo introduttivo sulla storia ucraina dall’Ottocento alla contemporaneità mi sembra l’inizio della risposta a questa domanda: non è un fatto recente la tendenza ucraina a rivendicare la propria specificità rivolgendosi ad Ovest, abbracciando i valori della democrazia di stampo europeo e ponendoli alla base del processo di costruzione dell’identità nazionale. Volendo guardare ancora più indietro, si potrebbe arrivare al Quattrocento, quando ha avuto inizio una storia di fitti contatti tra una cultura storicamente ortodossa e le dinamiche evolutive della statualità polacco-lituana storicamente cattolica. Poco fa, riassumendo i contenuti del libro, ho voluto sottolineare che dal 1991, ancora in una fase post-sovietica parallela con la Russia, nel nuovo Stato ucraino si è cercata di costruire una cittadinanza non basata su caratteri etnici. Questo processo di costruzione di una statualità nazionale non etnica è ad oggi espresso con la українська національна державність (ukraïns’ka nacional’na deržavnist’), una identità ancora in formazione che è nazionale, ma non necessariamente in senso etnico. Come ricordato da Bellezza in una presentazione del suo libro nel maggio scorso, il nazionalismo ucraino nato dopo gli anni Sessanta è un nazionalismo plurale, non da ultimo perché si è andato formando anche con il contributo della comunità ebraica, ed è definito da Bellezza come un “nazionalismo democratico”.
Il futuro saprà dirci quali saranno i prossimi passi in questo difficile processo di costruzione identitaria. La domanda iniziale circa la differenza tra Russia e Ucraina, dopo questa prima distinzione fondamentale di base, trova comunque nel corso della trattazione una serie di suggerimenti importanti per giungere alla risposta. Un primo suggerimento, a dire il vero, si trova già nel titolo: il destino dell’Ucraina è il futuro dell’Europa perché proprio in questa difficile costruzione della democrazia attraverso la (ri)creazione della nazione politica si riconosce quello che dovrebbe essere un tratto distintivo della civiltà europea. L’atteggiamento nei confronti della molteplicità di lingue e culture presenti nel territorio europeo dovrebbe aspirare al raggiungimento di un’integrazione non omologante, e tale aspirazione è forse uno dei fondamentali tratti che permette di guardare alla civiltà ucraina come a una civiltà europea.
Leggendo con calma e lucidità il libro di Bellezza, tenendo conto del contesto nel quale il libro è nato, conservando le immagini di questa guerra come note a margine durante la lettura, potrebbe infine sembrarci più chiara la risposta alla fatale domanda, e non da ultimo potremmo trovarci a riflettere in un luogo di pensiero libero dalle semplificazioni dualistiche e polarizzate che dominano il dibattito attuale.
Per approfondire:
- Presentazione del libro sul podcast “Valigia Blu”
- “Il destino dell’Ucraina. Il futuro dell’Europa. Presentazione del libro di Simone Bellezza” con Elena Dundovich (Università di Pisa), Serena Giusti (Scuola Superiore Sant’Anna) e Arturo Marzano (Università di Pisa), nel ciclo di incontri “Divergenze parallele. Ucraina e Russia alla prova della storia” organizzato dai Corsi di Laurea in Scienze per la Pace, Storia, Storia e Civiltà (Università di Pisa), a cura di Gian Luca Fruci, Gianluca Fulvetti e Sonia Paone
- “Da quando esiste l’Ucraina?”. Conferenza di Giovanna Brogi nel ciclo di incontri “Divergenze parallele. Ucraina e Russia alla prova della storia” organizzato dai Corsi di Laurea in Scienze per la Pace, Storia, Storia e Civiltà (Università di Pisa), a cura di Gian Luca Fruci, Gianluca Fulvetti e Sonia Paone
Ringrazio Oxana Pachlovska per gli spunti di riflessione e i necessari “aggiustamenti”.
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[…] degli Studi di Cagliari), Maria Grazia Bartolini (Università degli Studi di Milano), Simone Bellezza (Università degli Studi di Napoli Federico II), Giovanna Brogi (Università degli Studi di […]