Apogeo e rovina dell’imperialismo fascista nei Balcani
di Alberto Basciani
Immagine di copertina, copia da Enrico Prampolini, Dinamica dell’Azione (Miti dell’Azione, Mussolini a cavallo), dettaglio capovolto.
Nello spazio di due intensi pomeriggi dello scorso mese di marzo mi è capitato di discutere prima a Trento, nella splendida cornice della locale biblioteca provinciale (vedi il video dell’incontro) e poi a Garbatella, a Roma, negli spazi messi a disposizione dall’attivo centro culturale Moby Dick, di due libri a prima vista completamente diversi tra di loro. Il primo è la mia recente monografia: Alberto Basciani, L’impero nei Balcani. L’occupazione italiana dell’Albania (1939-1943) edito nel 2022 da Viella, e il secondo è l’ultimo romanzo di Diego Zandel, Eredità colpevole edito, sempre nel 2022, da Voland.
Da un lato un saggio storico scientifico, basato su una grande messe di documenti e dall’altra un appassionante giallo costruito con maestria dall’autore. Cosa può esserci in comune tra la ricostruzione dell’ultima avventura imperiale del fascismo e una storia di finzione (ma con saldi agganci alla realtà e a fatti avvenuti) basata su un omicidio di un giudice e all’intricata vicenda del confine orientale con la perdita, dopo la Seconda guerra mondiale, dell’Istria, delle città dalmate e l’esodo verso l’Italia delle locali popolazioni? In apparenza quasi nulla, in realtà molto. Entrambe le questioni sono infatti legate alla natura imperialista ed espansionista del fascismo deciso a fare dell’Adriatico un bacino dominato politicamente e territorialmente dall’Italia e, al tempo stesso, una formidabile testa di ponte per nuove conquiste verso i Balcani interni, il Basso Danubio e il Mediterraneo orientale. L’opera iniziata in Albania – ultima vittima dell’appeasement delle potenze occidentali – nell’aprile del 1939 continuò coerentemente con la disgraziata aggressione lanciata nell’ottobre del 1940 contro la Grecia, e con più fortuna (almeno inizialmente) nell’aprile del 1941 con l’assalto alla Jugoslavia. In entrambi i casi le conseguenze furono foriere di grandi rivolgimenti che contribuirono a cambiare per sempre i destini tanto dell’Albania come quelli della Jugoslavia e delle genti che l’abitavano a cominciare dalle locali comunità italiane disseminate – in proporzioni diverse – da Spalato a Fiume. La conquista italiana rappresentò per l’Albania uno straordinario shock: l’indipendenza proclamata nel 1912 e concretizzatasi in una effettiva sovranità statale solo nella prima metà degli anni Venti, si dimostrò una realizzazione tutt’altro che scontata. La reazione rabbiosa della parte più istruita e consapevole della popolazione albanese (docenti, studenti e intellettuali in genere) all’atto d’imperio italiano segnò prima ancora delle sconfitte militari il fallimento dei sogni imperiali in Basso Adriatico.
Immagine: l’Albania italiana (1941), fonte.
Immagine, Emanuele Mastrangelo, Istria e Dalmazia: una storia d’immigrazione.
Più a nord, sul litorale dalmata, la facile conquista militare della primavera del 1941 parve simboleggiare la distruzione definitiva del nemico jugoslavo e sancire il dominio italiano su tutta la regione rinverdendo in apparenza gli antichi fasti della Serenissima. Il risveglio da questa illusione fu durissimo. La nuova Jugoslavia comunista forgiata da anni di lotte durissime (contro gli occupanti nazifascisti ma anche intestine) e costruita da Tito con il ferro e il fuoco a immagine e somiglianza dell’Urss di Stalin, si lanciò in una pulizia che prima ancora dall’essere etnica era di classe. La conseguenza fu l’esodo definitivo della stragrande maggioranza delle comunità italiane della Dalmazia e dell’Istria (la cui perdita fu sancita dai trattati di Parigi del 1946). Popoli e destini diversi uniti però da uno stesso fattore: l’ansia di potenza e di dominio territoriale fascista deciso a creare una sorta di italico “Lebensraum” dall’Adriatico al basso Danubio.
2 Commenti. Nuovo commento
Condivisibile l’analisi del prof. Basciani, alla quale aggiungo una postilla sulla quale poi è imperniato il mio romanzo Eredità colpevole. E cioè che a pagare per le malefatte fasciste -il cui esercito era composto da soldati provenienti da ogni parte d’Italia, a cominciare dalla Modena del gen. Roatta – fu solo la popolazione istriana, fiumana e dalmata.
grazie per il commento e la riflessione. Se desidera essere mensilmente aggiornato sui contenuti di “poli-logo” mi mandi cortesemente una mail a paolo.morawski@gmail.com, con cordiali saluti pm