Complessa evoluzione da una congiuntura all’altra
di Francesco Caccamo
Immagine di copertina: vista sulla mostra “Slovenská. New Generation”, Gallerie d’Italia, Milano 2016, fonte
Per gentile concessione dell’Autore Francesco Caccamo e dell’Editore pubblichiamo dalla Prefazione a Il secolo breve slovacco di Pavel Kosatík.
Nonostante che in Italia si parli molto di Europa, di valori europei o di identità europea, i nostri orizzonti rimangono generalmente circoscritti alla parte occidentale del continente. Sappiamo invece poco della fascia di paesi che va dal Baltico all’Adriatico e all’Egeo, cioè di quella vasta regione del vecchio continente che tendiamo a immaginare come “orientale”, ma che i diretti interessati spesso chiamano “centrale” e che a loro volta gli storici cercano di definire in maniera un po’ salomonica “centro-orientale”. A prescindere adesso da scontate considerazioni sull’intrinseca soggettività anche di termini in apparenza oggettivi come quelli geografici, certo è che la scarsità delle nostre conoscenze non ci impedisce di considerare con distacco e sufficienza questa “Europa minore” o “altra Europa”. Anzi, talvolta non ci tratteniamo dall’ostentare un vero e proprio senso di superiorità nei suoi confronti. Accade ad esempio quando contrapponiamo i membri fondatori dell’Unione europea, che ci piace raffigurare come caratterizzati da un solido ancoraggio ai valori democratici e dal raggiungimento di un livello di benessere ritenuto irreversibile, a quelli di più recente accessione, che nella nostra percezione rimarrebbero segnati in maniera irrimediabile da un passato di odi nazionalistici e dall’esperienza dei regimi comunisti, oltre che da una strutturale arretratezza economica.
In questo contesto il caso della Slovacchia risulta quasi esemplare. Nonostante che nel corso del tempo questo paese abbia sperimentato una complessa evoluzione, ormai più di trent’anni fa abbia conseguito la completa indipendenza e da almeno venti faccia parte a pieno titolo della UE, in Italia sono praticamente assenti testi che ci permettano di familiarizzare con le sue vicende storiche, politiche o culturali. Dal desiderio di colmare almeno in parte questa lacuna è nata l’idea di proporre al lettore italiano Il secolo breve slovacco di Pavel Kosatík. Non si tratta di un’esposizione accademica e sistematica sulla storia slovacca, come dopo il raggiungimento dell’indipendenza nel 1993 ne sono state pubblicate varie, anche molto valide. Affermato scrittore ceco, Kosatík si concentra sulla storia del Novecento con il desiderio di confrontarsi con gli stereotipi e le incomprensioni che hanno travagliato la coesistenza dei cechi e degli slovacchi e che hanno contribuito in maniera decisiva alla dissoluzione del comune stato cecoslovacco. Ma, soprattutto, il suo intento è stendere un bilancio sul percorso compiuto in epoca contemporanea dalla Slovacchia e dagli slovacchi. Nonostante una non celata nostalgia per l’esperimento cecoslovacco o quantomeno per le pulsioni ideali che fu capace di esprimere nelle fasi migliori della sua esistenza, alla fine la sua valutazione è decisamente positiva. Non a caso, il titolo dell’edizione originaria del volume era Il secolo slovacco: un titolo chiaramente inteso a sottolineare la portata dei successi conseguiti, seppur attraverso i drammi e le tragedie novecenteschi.
In meno di un secolo la Slovacchia si è in effetti trasformata da una porzione quasi indistinta della vecchia Ungheria in uno stato indipendente, mentre gli slovacchi sono stati in grado di superare il tutt’altro che astratto pericolo dell’assimilazione per diventare una nazione consapevole della propria identità, dei propri mezzi e delle proprie risorse. Ѐ vero che dal raggiungimento dell’indipendenza a oggi la nuova Slovacchia si è dovuta confrontare con diverse fasi critiche: si pensi al sistema di potere personalistico instaurato dal “padre della patria” Vladimír Mečiar negli anni Novanta, alla vasta rete di connivenze politico-affaristiche portata alla luce nel 2018 dall’uccisione del giornalista Ján Kuciak e della sua compagna da elementi legati alla ndrangheta, o ancora alle divisioni generate dal conflitto russo-ucraino, ovviamente esasperate dalla prossimità geografica. Sarebbe tuttavia sbagliato ritenere che queste difficoltà siano una peculiarità della Slovacchia e non siano piuttosto espressione di una generale congiuntura negativa che investe il continente europeo e l’intero Occidente. Ancor più, sarebbe ingeneroso trascurare i progressi che la Slovacchia ha comunque conseguito nell’ultimo trentennio: dalla conclusione della transizione post-comunista all’edificazione di un sistema politico democratico, dall’ingresso nella NATO e nella UE all’adozione dell’euro.
Sulla storia e cultura della Slovacchia leggi qui.