La rinascita dell’Ucraina passa anche dal Canton Ticino
di Andrea Moretti
Quanto costerà la ricostruzione dell’Ucraina? Nonostante la guerra non sia finita e addirittura infuri la battaglia del Donbass, che vede i Russi guadagnare metri, il tema della ricostruzione del paese martoriato si sta già ponendo all’attenzione della comunità internazionale.
Dal 4 al 5 luglio prossimi, si terrà a Lugano, nel Canton Ticino, forse la prima conferenza internazionale per la ricostruzione dell’Ucraina. Organizzatori: l’Ucraina e la Svizzera, in un ruolo non insolito per quest’ultimo paese di “Croce Rossa geopolitica”. Non di aiuti militari o umanitari si parlerà dunque, ma – ebbene sì – di ripresa a tutti gli effetti, di rimessa in moto del paese. Per dirla in inglese: si parlerà di “recovery”. Parteciperanno gli alti rappresentanti di 40 paesi e 20 organizzazioni internazionali.
È previsto che in quella sede il governo ucraino presenti alla comunità internazionale un suo primo piano di ricostruzione, basato sulle stime interne delle distruzioni subite e di quello che è necessario investire per tornare ad essere uno Stato normalmente funzionante. Si parlerà di ricostruzione economica, ambientale, sociale e infrastrutturale. Ma anche di architettura istituzionale per gestire al meglio l’immane sforzo finanziario e organizzativo. Da buoni comunicatori, gli Ucraini puntano a condividere una “smart recovery”. Come dire che l’obiettivo è fare un doppio salto: uscire dalla guerra ed entrare definitivamente nel XXI secolo, convincendo il mondo che a Kiev si fa sul serio e si guarda avanti, a un paese moderno connesso con il resto del mondo.
Un punto di partenza in teoria esiste già: è la piattaforma per donare online United 24 lanciata a maggio dal presidente Zelensky, e rilanciata immediatamente al Forum di Davos, per facilitare il crowd funding globale in favore dell’Ucraina. Al 14 giugno, questa piattaforma ha raccolto circa 54 milioni di dollari di donazioni secondo le cifre pubblicate sul sito. I donatori versano i soldi sul conto della Banca centrale ucraina, che li smista poi alle singole amministrazioni dello Stato. Tre sono le aree di intervento che un donatore può scegliere: “Defence and demining”, “Medical Aid” e “Rebuild Ukraine”. Per la cronaca, l’ex calciatore Andriy Shevchenko è diventato subito, il 18 maggio, il primo ambasciatore di United 24, annunciando che il suo focus sarà su “Medical Aid”.
Ad oggi, le donazioni raccolte su United 24 sono state utilizzate dal governo ucraino soprattutto per “Defence and demining” e in seconda battuta per “Medical Aid”. Zero ancora per “Rebuild Ukraine”. Ma in futuro le priorità e i volumi cambieranno, così spera Zelensky. Alla conferenza di Lugano, gli Ucraini presenteranno un piano di ricostruzione e sviluppo che possa essere coerente con questa piattaforma e magari utilizzarla. Forse non basterà, ma è un inizio.
Altri, in Occidente, evocano un “piano Marshall” per l’Ucraina, sulla falsariga del piano americano che aiutò l’Europa (occidentale) a risollevarsi dopo le distruzioni della Seconda guerra mondiale. Oltre al brand evocativo, tirato in ballo dagli Europei ogni volta che c’è da ricostruire un paese colpito da una tragedia bellica, al momento un “piano Marshall” per l’Ucraina deve ancora vedere il giorno. Citarlo serve però almeno a dare un’idea della scala che ci attende e a motivare i donatori.
Allo stato, le cifre che circolano sui costi della ricostruzione sono per forza di cose generiche. Si va da “centinaia di miliardi” a “un trilione” di dollari. Fra cento e mille ovviamente la differenza non è minima. Dipende da che cosa si considera come infrastrutture da ricostruire, dai tempi che si intravedono e soprattutto dall’evoluzione della guerra, che non è finita. Ogni settimana porta con sé nuovi bombardamenti russi con il suo lotto di distruzioni.
Già ad aprile, quando si vide che i Russi si ritiravano (provvisoriamente?) dal fronte ucraino settentrionale per concentrarsi a est e a sud, colloqui informali fra il governo ucraino e alcune istituzioni economiche europee anticipavano una stima preliminare di 100 miliardi di dollari solo per ricostruire le infrastrutture di base ucraine distrutte dai russi (ponti, ferrovie, porti, stazioni, strade, sistemi idrici…). Sempre ad aprile, il Centre for Economic Policy Research di Londra (CEPR), ha prodotto un interessante e-paper a più mani che, basandosi su precedenti storici (dal piano Marshall all’Afghanistan), stima fra 200 miliardi e 500 miliardi di euro gli aiuti necessari per la ricostruzione dell’Ucraina, precisando che si tratta di stime preliminari.
A livello UE, la Commissione Europea sta lavorando alla risposta che l’Europa può dare. Durante il suo secondo viaggio a Kiev dall’inizio della guerra, l’11 giugno scorso, la presidente Ursula von der Leyen ha incontrato il presidente Zelensky per discutere proprio di questo: la ricostruzione futura. Una “piattaforma per la ricostruzione” è in fase di definizione. Se non sarà un piano Marshall, sarà forse un piano (in parte) europeo? Il Presidente della Banca Europea degli investimenti (BEI), Werner Hoyer, ha espresso a più riprese la disponibilità della sua istituzione, che per missione finanzia le infrastrutture nei paesi dove opera, a partecipare allo sforzo europeo congiunto. Altre istituzioni finanziarie multilaterali saranno probabilmente coinvolte.
La ricostruzione si intreccia con la discussione sulla candidatura dell’Ucraina all’Unione Europea. Ursula von der Leyen ha promesso di inviare le raccomandazioni (il parere) della Commissione agli Stati membri entro la fine della settimana in corso (entro il 17-18 giugno). Le raccomandazioni della Commissione saranno discusse dai Capi di Stato e di Governo dei 27 paesi membri al Consiglio Europeo del 23-24 giugno che chiuderà il semestre di presidenza francese. La von der Leyen sembra favorevole a concedere uno status di Paese candidato all’Ucraina, ma saranno i Capi di Staio e di Governo ad esprimersi.
A quel punto, l’UE potrà presentarsi con le sue idee alla conferenza di Lugano del 4-5 luglio. E forse con qualche prima risposta concreta al piano che verrà presentato da Kiev. Chissà, dunque, che dal Canton Ticino non nasca una bozza di ricostruzione dell’Ucraina. Anche con la guerra in corso, preparare il dopo non è mai troppo tardi. La resilienza a lungo termine degli Ucraini passa anche per la ricostruzione delle infrastrutture civili appena possibile.