Gli aspetti visivi dell’invasione russa dell’Ucraina
di Laura Ragone
Qual è il ruolo delle immagini in una guerra – nel suo racconto, nella sua elaborazione, a volte addirittura nel combattimento stesso?
Su questo punto numerose interessanti riflessioni sono state raccolte di recente nella conferenza Images of War / War of Images: Politics of Visuality during Russian Invasion in Ukraine organizzata il 13 settembre 2022 presso la Biblioteca Hertziana – Istituto Max Planck per la storia dell’arte, storico centro di ricerca inaugurato a Roma nel 1913. Così presentava l’evento Images of War / War of Images la pagina web dell’Istituto (traduco dall’inglese):
La tavola rotonda si prefigge di esplorare l’aspetto visivo della guerra russo-ucraina, come le sue rappresentazioni vengano costruite e distribuite, quale sia il loro funzionamento all’interno dei contesti sociale e politico e come esse formino e trasformino questi contesti, quali antagonismi, continuità e discontinuità creino.
Parte del titolo della conferenza è dichiaratamente ispirato da un articolo dello storico dell’arte Ulrich Keller sul reportage pittorico durante la guerra di Crimea nel XIX secolo, che analizza con dovizia di dettagli una ricca serie di immagini.
La tavola rotonda si è articolata in quattro interventi da parte di altrettanti ricercatori ucraini (post-doc o pre-doc) presso la Biblioteca Hertziana, che hanno analizzato da vari punti di vista l’uso e l’importanza delle immagini nell’attuale conflitto.
La prima a prendere la parola è stata Lesia Kulchynska, curatrice e ricercatrice di studi visuali, responsabile peraltro dell’organizzazione scientifica della conferenza. La studiosa ha aperto l’incontro con il suo intervento Can an Image be a Weapon? L’interrogativo – può un’immagine essere strumento di violenza? – nasce in parte dalla diffusione su canali mainstream delle immagini di massacri. Kulchynska ha spiegato come le stesse immagini di estrema crudeltà, che creano forti reazioni emotive in chi vi è esposto, vengano usate con scopi diversi dai due schieramenti. Per l’Ucraina possono servire a mettere l’opinione pubblica occidentale di fronte all’entità del pericolo, influenzandone l’atteggiamento e le decisioni. Per il governo russo rappresentano invece l’esortazione all’annientamento di un nemico per cui non bisogna avere pietà, con una modalità analoga a quella delle terribili “cartoline” commemorative dei linciaggi diffuse negli Stati Uniti del secolo scorso (per quanto persino questa retorica vada in difficoltà di fronte a massacri di civili come quello di Bucha, nel caso del quale la prima reazione russa è stata quella di gridare alla messinscena ucraina).
Senza soffermarsi necessariamente sulle immagini dell’invasione russa dell’Ucraina nello specifico, altri interventi hanno tracciato i contorni del paesaggio ucraino post-sovietico e la sua trasformazione negli ultimi anni. In Looking at the Images of Iron Soldiers, la storica dell’arte Yevheniia Moliar si è concentrata sulla statuaria commemorativa monumentale nell’ex-Unione Sovietica nel Dopoguerra e oltre – e in particolare sulla costruzione di figure simboliche come quella del “milite ignoto” ideale, immagine generica volta a esaltare il soldato come vincitore senza rievocare i veri orrori della guerra – e sulle forme di “riappropriazione” di quest’ultima messe in atto in Ucraina, specialmente dopo la legge sulla decomunizzazione del 2015. La ricercatrice e curatrice Oleksandra Osadcha, invece, in Landscape as a Symptom: From the post-Soviet Visuality to the War-Torn Cityscapes of Ukraine ha disegnato una “geografia” dei vari movimenti fotografici, più o meno organizzati, dell’Ucraina nei decenni successivi alla caduta dell’Unione Sovietica e fino ai giorni nostri.
La conclusione della conferenza è stata affidata ad Alexander Sushinsky che, in Phantasmeme: Suspicious Unit of Truth si è dedicato all’analisi di un tipo di immagine molto particolare: il meme, veicolo di comunicazione informale assai diffuso nell’era dei social. Mettendo in correlazione i meme con il concetto lacaniano di fantasma (come si evince già dal titolo dell’intervento, che vede una crasi tra i due termini), Sushinky ne ha esaminato il ruolo nell’elaborazione del trauma della guerra.
Per chi volesse approfondire, la conferenza è disponibile per intero (in inglese) sul canale Vimeo della Biblioteca Hertziana.
2 Commenti. Nuovo commento
Grazie per questo prezioso report dal vivo della conferenza! Molto interessante dal punto di vista politico culturale e teorico
Mi sembra molto appropriato essersi soffermati all’interno di questi dialoghi sul valore in più che lo studio delle immagini in un contesto di guerra può dare. Grazie di questo contributo