L’annessione alla Russia delle regioni ucraine minaccia la stabilità russa?
Difficile rimanere indifferenti in giornate nelle quali si assiste a una nuova pericolosa fase della guerra della Russia in Ucraina con un aumento senza precedenti dei livelli di tensione. USA, Polonia, Bulgaria, Romania invitano i loro cittadini a lasciare la Russia, che potrebbe presto proclamare la legge marziale chiudere completamente le sue frontiere. A seguito della tragica farsa di referendum farlocchi la Russia annette il 15-18% circa del territorio dell’Ucraina dell’est e del sud. È la più grande annessione in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale (oltre 100 mila chilometri quadrati e circa 4 milioni di ucraini). L’Ucraina chiede di entrare a far parte rapidamente della NATO. Mosca dichiara che non si torna indietro: “il popolo ha fatto la sua scelta”, le regioni annesse tornano “alla propria vera casa storica” e i suoi abitanti sono “nostri cittadini per sempre”. Intanto l’avanzata ucraina continua su quegli stessi territori che i russi considerano di loro proprietà ma di cui non dispongono del tutto – (come si fa a proclamare “mio” ciò che non si controlla?). La Russia dice di essere pronta ora a sedersi al tavolo delle trattative, ma non per discutere dei territori annessi. Nel mentre continua a bombardare e uccidere civili e prolunga il conflitto in Ucraina. Putin fa un violento attacco al Grande Nemico e denuncia in diretta TV il “colonialismo” e le mire “sataniche” degli occidentali/anglosassoni, ovvero il “sistema neocoloniale” che consente all’Occidente di “fare il parassita e depredare il mondo”. Ma tace sul fatto che è la Russia stessa a condurre una guerra coloniale spietata in Ucraina. Il Cremlino si propone come leader della rivolta anticoloniale su scala planetaria; invece, la rivolta anticoloniale è quella ucraina contro l’imperialismo russo.
Il Cremlino ha questa pericolosissima capacità di rovesciare frittate capovolgendo la verità. Pericolosissima capacità, perché nel mondo, in Occidente, in Europa, in Italia c’è chi è fin troppo pronto (per ignoranza, conformismo, convenienza, interesse o effettiva scelta di campo dalla parte della Russia) a fare proprie le singolari narrazioni dei vertici della Federazione russa. I quali vertici puntano sulla capitolazione dell’Ucraina e dei suoi alleati in base alla seguente idea-ricatto: “o accetti l’annessione o sei mio nemico”; “se entri nelle regioni annesse d’ora in poi invadi la Russia; quindi, io Cremlino sono legittimato a difendermi contro te-invasore usando ogni possibile arma in mio possesso, anche quella nucleare”; “se continui ad appoggiare l’Ucraina io posso colpire le tue infrastrutture chiave dovunque si trovino” (vedi il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream), eccetera. Un “nuovo” ordine mondiale così fondato è accettabile? auspicabile?
Da approfondire alcuni appunti raccolti in un fine settimana dedicato alla lettura e all’ascolto.
Più che la cerimonia mediatica dell’illegale annessione (vedi), la scenografia imperiale, lo stile “totalitario”, le folle inneggianti fuori dal Palazzo (partecipanti forzati? volenti o nolenti?) contano le conseguenze. Con questo bottino territoriale Putin vuole chiudere (temporaneamente?) la guerra? Darsi una tregua per preparare la prossima offensiva? Con questa annessione Putin ha posto fine a ogni possibilità di negoziato? Come potrebbe a questo punto restituire all’Ucraina quei territori dopo averli annessi alla Russia?
Già al momento della “mobilitazione parziale” (in effetti generale) in Russia si era detto (Vladislav Inozemtsev) che era una decisione spartiacque che segnava “l’inizio del conto alla rovescia finale dell’era di Putin”. L’economista russo ritiene che “la mobilitazione rivela come il potere guarda ai cittadini come animali da fattoria, e più si va in provincia e in campagna, più la leva militare distrugge la realtà sociale, come dimostrano gli esempi dell’Estremo oriente, della Buriazia o della Jacuzia” – e ora?
Papa Bergoglio – che ha definito “l’invasione dell’Ucraina una aggressione inaccettabile, ripugnante, insensata, barbara, sacrilega” – da tempo sostiene che è “un errore pensare che questa è una guerra tra Russia e Ucraina. No: questa è una guerra mondiale (…) stiamo già vivendo la Terza guerra mondiale”. E aggiunge: “io vedo imperialismi in conflitto. E, quando si sentono minacciati e in decadenza, gli imperialismi reagiscono pensando che la soluzione sia scatenare una guerra per rifarsi, e anche per vendere e provare le armi”.
Marco Tarquinio su Avvenire: “fa tremare di dolore e d’indignazione, dà letteralmente i brividi soprattutto ai cristiani, ma non solo a loro, che il Patriarca ortodosso di Mosca, come un qualunque propagandista del terrorismo islamico, abbia fatto addirittura riecheggiare la “promessa del paradiso” per gli «eroi» che cadranno in battaglia”.
La Russia usa le annessioni e la mobilitazione per “tappare i buchi” e “tenere la linea”, dice l’analista russo Ivan Preobrazhensky intervistato da Radio Free Europe. Secondo Preobrazhensky: “Vladimir Putin stesso aveva già piazzato una bomba sotto la Federazione Russa unificata durante la pandemia COVID-19, scaricando tutte le responsabilità sulle autorità regionali. Ora le autorità regionali stanno iniziando a usare questi poteri in una situazione di instabilità politica, che si sta realmente verificando in Russia, nonostante l’apparenza di brutalità della polizia (…) Il Paese si è in un certo senso risvegliato e le proteste cresceranno nelle aree in cui incontrano il tacito sostegno delle autorità, soprattutto nelle regioni non russe. In queste aree, ci saranno negoziati con il centro federale e si raggiungerà una sorta di accordo informale sulla riduzione del carico di mobilitazione di queste regioni”. Anche l’analista politico ucraino Roman Rukomeda scriveva qualche giorno fa che “Osserviamo un crescente risentimento interno nella società russa a causa della mobilitazione. La disobbedienza è già iniziata nel Caucaso e aumenterà gradualmente in altre regioni russe (…) ciò complicherà la situazione per Putin e il regime al potere”.
Da uno studioso russo emigrato di recente in Italia, raccolgo questa descrizione: “bisogna pensare alla Russia come a uno spazio immenso, poco popolato fuori dai grandi centri, per molti versi terribilmente centralizzato ma al contempo è in realtà un aggregato molto lasco, le cui diverse comunità si sentono anzitutto ‘del luogo’ nel quale vivono, ‘di qui’, distanti dal centro”.
Abbas Galljamov, analista russo, già speechwriter di Putin, oggi in esilio, sostiene che Putin “è in balia degli eventi e delle persone. Non ha più il controllo (…) i leader separatisti hanno agito in maniera autonoma. Dopo il ritiro delle truppe russe da Kharkiv hanno capito di non poter più contare sul Cremlino e di doversi salvare da soli. Hanno forzato la mano e Putin non si è potuto tirare indietro (…) hanno detto di voler entrare immediatamente a far parte della Russia (…) Ci sono profonde crepe. I leader separatisti, per esempio, hanno forzato i referendum”. Vedi qui e qui.
Per Alexei Navalny, leader dell’opposizione russa, in carcere, la Russia di Putin non deve vincere questa guerra e l’Ucraina deve rimanere uno Stato democratico indipendente. Quindi la strategia “dovrebbe essere quella di fare in modo che la Russia e il suo governo, in modo naturale e non coercitivo, non vogliano più iniziare guerre e non le trovino attraenti”. Infatti, in questo momento “l’impulso all’aggressione proviene da una minoranza della società russa”, ossia da “tutti i russi con una visione imperiale, dai funzionari alla gente comune”. La buona notizia è che “l’ossessione sanguinaria per l’Ucraina non è affatto diffusa al di fuori delle élite di potere”. Certo, “la guerra aumenta l’indice di gradimento di Putin super-mobilitando la parte della società che ha una mentalità imperiale (.,.) Ma il vero partito della guerra è l’intera élite e il sistema di potere stesso, che è un autoritarismo russo di tipo imperiale che si autoriproduce all’infinito. L’aggressione esterna in qualsiasi forma, dalla retorica diplomatica alla guerra vera e propria, è la sua modalità operativa preferita e l’Ucraina è il suo bersaglio preferito. Questo autoritarismo imperiale autogenerato è la vera maledizione della Russia e la causa di tutti i suoi problemi”. Da aggiungere il fatto che per Putin e i suoi la guerra non viene vista “come una catastrofe ma come un mezzo straordinario per risolvere tutti i problemi”. E ciò “non è solo una filosofia dei vertici di Putin, ma una pratica confermata dalla vita e dall’evoluzione. Dalla seconda guerra cecena, che ha reso il poco conosciuto Putin il politico più popolare del Paese, passando per la guerra in Georgia, l’annessione della Crimea, la guerra nel Donbas e la guerra in Siria, l’élite russa negli ultimi 23 anni ha imparato regole che non hanno mai fallito: la guerra non è poi così costosa, risolve tutti i problemi di politica interna, fa salire alle stelle il gradimento dell’opinione pubblica, non danneggia particolarmente l’economia e, soprattutto, i vincitori non devono rispondere di nulla”. Pertanto “la questione della Russia postbellica dovrebbe diventare il tema centrale – e non solo un elemento tra altri – di coloro che si battono per la pace. Nessun obiettivo a lungo termine può essere raggiunto senza un piano per garantire che la fonte dei problemi smetta di crearli. La Russia deve smettere di essere un istigatore di aggressioni e instabilità. Questo è possibile, ed è ciò che dovrebbe essere visto come una vittoria strategica in questa guerra”. In sintesi, secondo Navalny le cause fondamentali della guerra non vanno perse di vista. “La minaccia alla pace e alla stabilità in Europa è l’autoritarismo imperiale aggressivo, che la Russia ha inflitto a se stessa senza sosta. La Russia del dopoguerra, come quella del dopo Putin, sarà destinata a tornare bellicosa e putiniana. Questo è inevitabile finché si manterrà l’attuale forma di sviluppo del Paese. Solo una repubblica parlamentare può impedirlo. È il primo passo per trasformare la Russia in un buon vicino che aiuta a risolvere i problemi anziché crearli”. La soluzione non è l’uomo forte al comando, “Il modello futuro per la Russia non è il «potere forte» né la «mano ferma», ma l’armonia, l’accordo e la considerazione degli interessi dell’intera società. La Russia ha bisogno di una repubblica parlamentare. Questo è l’unico modo per fermare il ciclo infinito dell’autoritarismo imperiale. (…) Il popolo russo è ovviamente libero di scegliere il proprio percorso di sviluppo. (…) Il popolo e l’élite russa non hanno bisogno di essere forzati [in questo senso dall’Occidente]”. (vedi Alexei Navalny: This is what a post-Putin Russia should look like, 30 settembre 2022, Washington Post).
Sul futuro della Russia: “bisogna andare oltre le personalità, e dialogare con la Russia, perché qui è in discussione il suo ruolo come paese. Ossia se in futuro sarà la parte più orientale dell’Occidente, oppure l’avamposto dell’Oriente in Europa” (Henry Kissinger, Lessons From History Series: A Conversation With Henry Kissinger, September 30, 2022, Council on Foreign Relations). Bella formula, ma… La Russia è un paese-continente euroasiatico che prima o poi – ma a che prezzo? – troverà la sua originale strada tra Occidente e Oriente.
Fuga dei cittadini russi. Verso occidente, verso l’Europa (Stati baltici, Finlandia, Norvegia, Polonia, Germania, Repubblica Ceca). Tema delle porte aperte/chiuse, dell’accoglienza/respingimento. Verso l’Asia centrale ex-sovietica che gravita nell’orbita politico-economica russa (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Georgia). I russi che per i più svariati motivi (interesse famigliare o economico, affari, obiettori di coscienza, renitenti alla leva, fuggiaschi, dissidenti, persone stufe di vivere male, impaurite dalla prospettiva di una guerra nucleare) lasciano la Russia vanno ospitati? A favore di “accoglienza e adeguata protezione” per i cittadini russi, per “una vigile e attiva solidarietà disarmata” nei loro confronti da parte dell’Unione Europea è soprattutto la stampa cattolica. Aiutare fuggiaschi e disertori russi, concordo. Vedi i dibattiti sul tema qui e qui.
Quali paesi stanno prendendo le distanze dal presidente russo Vladimir Putin? La Turchia, la Corea del Nord, l’India, l’Asia centrale? Putin, pare, farebbe oggi fatica a mantenere sia il sostegno cinese sia la neutralità turca e indiana. Inoltre “l’Azerbaigian sfrutta la debolezza russa in Ucraina per intervenire in Armenia e la partenza dei soldati russi dalla Siria potrebbe comportare nuove tensioni”, vedi.
Secondo lo storico britannico Timothy Garton Ash (Financial Times, 30-09-2022) nella Russia di Vladimir Putin “si ritrovano molte delle caratteristiche storiche del fascismo. Il culto organizzato dallo Stato di un unico leader. La coltivazione di un profondo senso di risentimento storico. L’indottrinamento dei giovani e la demonizzazione del nemico. La propaganda della grande menzogna – nel caso di Putin, che gli ucraini sono fascisti. Un’ideologia di dominio di un popolo sugli altri: per Putin, gli ucraini non esistono davvero, sono solo una variante dei russi. Un’estetica del machismo marziale e del massacro eroico – ricordiamo l’elogio del presidente russo alla brigata responsabile delle atrocità di Bucha. Soprattutto, la pratica di una feroce repressione in patria e di una violenza genocida all’estero”. Certamente il putinismo ha una dimensione post-sovietica nuova, ma “nessun fenomeno storico si ripete esattamente nella stessa forma. Se ci vietiamo di parlare di fascismo, perdiamo qualcosa di importante nella comprensione dell’intera varietà della politica contemporanea di destra, come faremmo se rinunciassimo a qualsiasi riferimento al comunismo quando discutiamo di politica di sinistra. Con le dovute cautele, possiamo parlare di fascismo russo”.
Il Ministero degli esteri italiano e Giorgia Meloni stessa hanno condannato l’annessione: “La dichiarazione di annessione alla Federazione Russa di quattro regioni ucraine dopo i referendum farsa svoltisi sotto violenta occupazione militare non hanno alcun valore giuridico o politico. Putin dimostra ancora una volta la sua visione neo imperialista di stampo sovietico che minaccia la sicurezza dell’intero continente europeo. Questa ulteriore violazione delle regole di convivenza tra Nazioni da parte della Russia conferma la necessità di compattezza e unità delle democrazie occidentali”. Fonte Ansa. Agostino Giovagnoli ragiona su Avvenire: “Non basta la ‘scelta atlantica’, se poi si indebolisce l’Europa”.
Lucio Caracciolo, direttore di Limes, diceva il 29/04/2022: “… tenere conto dei dati di realtà così come sono. Noi non possiamo incidere oggi sulla volontà dei russi in alcun modo”. Vedi. Sei mesi dopo continuiamo a non poter incidere. Anche perché, osserva Myroslav Marynovych, vice-rettore dell’Università cattolica di Leopoli: “Putin potrebbe fermare le armi in un attimo, ma ogni volta alza l’asticella per costringere il mondo ad accettare le sue regole del gioco. Come ha detto il segretario di Stato americano, Antony Blinken, «se la Russia cessasse di bombardare, la guerra finirebbe; se l’Ucraina smettesse di sparare, verrebbe cancellata». In un simile contesto gli spazi di mediazione del Papa [e non solo del Papa] si riducono”. Vedi.