La guerra della Russia in Ucraina vista da Berlino-Danzica
di Laura Ragone
Immagine di copertina.
Sul sito di Biber, rivista austriaca presentata come “il primo magazine transculturale per nuovi austriaci (viennesi con o senza un background di migrazione)”, è stata pubblicata il 20 ottobre scorso un’intervista al giornalista e politologo polacco-tedesco Basil Kerski.
Dal sommario di Biber: “Quanto durerà la guerra in Ucraina? E quant’è probabile che sia il suo stesso popolo a rovesciare il presidente Putin? Biber incontra il politologo Basil Kerski nella cornice dell’Humanities Festival, per parlare delle questioni più urgenti di questo conflitto”.
Caporedattore della rivista Dialog, Basil Kerski è anche il direttore del Centro europeo di Solidarność di Danzica, dedicato alla storia dell’omonimo sindacato polacco ma anche alla promozione attualizzata dei valori di dialogo e solidarietà. Intervistato della giornalista Nada El-Azar-Chekh in occasione del Vienna Humanities Festival, lo studioso discute degli ultimi sviluppi del conflitto in Ucraina. Putin, sostiene, sta giocando un gioco cinico col diritto internazionale — e Putin betreibt ein zynisches Spiel mit dem Völkerrecht è peraltro il titolo dell’intervista. Si fa qui riferimento alla recente dichiarazione di annessione alla Russia di quattro aree dell’Ucraina da parte di Putin: una mossa, spiega Kerski, con cui il presidente russo vuole garantirsi un pretesto per sostenere, nel caso in cui l’Ucraina cercasse di recuperare i suoi territori, che ad essere sotto attacco sia la Russia.
Il dialogo tocca anche aspetti del conflitto, tra i quali l’eventualità di rivolte interne in Russia e il ruolo – secondo Kerski limitato, considerata la probabile risposta violenta di Putin – che tali rivolte potrebbero avere nel destabilizzare il regime. Tra gli altri temi: i legami del potere putiniano con la chiesa ortodossa russa e gli errori commessi dall’Europa nel rapporto con la Russia negli ultimi decenni – segnatamente, la mancata riflessione sul colonialismo intraeuropeo da parte dell’Occidente, che porta gli Stati dell’Unione a pensare l’Europa centro-orientale unicamente come area di influenza russa. Naturale conseguenza di questo, spiega Kerski, è ad esempio l’atteggiamento della Germania, che spesso ha discusso solo con la Russia di questioni economiche o militari di fatto di interesse ucraino, bielorusso o polacco, adottando così inconsapevolmente la narrativa imperiale russa.
L’intervista per intero, in tedesco, è disponibile qui.
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Di Basil Kerski si può leggere il saggio Europäische Lektionen.
Dalla presentazione. “Siamo testimoni di un processo di globalizzazione che non solo arricchisce le culture e livella le differenze tra le civiltà, ma che, attraverso la sua diversità, fa sprofondare le persone nell’insicurezza, promuove richieste eccessive e favorisce così l’emergere di tendenze alla separazione. La risposta appropriata a questo incontro di culture non è quella di rinchiudersi nel cerchio più ristretto della propria comunità e di limitarsi alle sue anguste prospettive, ma piuttosto il percorso meno spettacolare e pietroso della comprensione dello straniero, del mettersi al posto dell’altro, dell’atteggiamento scomodo dell’apertura: in altre parole, lo sforzo individuale e arduo dell’apprendimento nello spirito di una cultura del dialogo”.
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Di seguito la traduzione del manifesto programma del Vienna Humanities Festival che affronta le “domande fondamentali del nostro tempo” collegate alle “sfide globali in questa nuova era di incertezza”:
“Ancora una volta un’epoca era giunta al termine, ma ancora una volta un’epoca nuova era iniziata”, scrive Stefan Zweig ne Il mondo di ieri a proposito della sua esperienza del 1° settembre 1939. Oggi siamo di nuovo a un punto simile, che divide la storia in un prima e un dopo. Si parla di una svolta. Il mondo sembra andare in frantumi.
L’invasione russa dell’Ucraina ha riportato la guerra in Europa. Il terrore delle bombe, i crimini di guerra, le deportazioni sembravano capitoli del passato – e sono improvvisamente la realtà dei nostri giorni. Un mondo ancora alle prese con le conseguenze sociali ed economiche della pandemia si trova ad affrontare nuove domande e incertezze fondamentali. I prezzi dell’energia e dei generi alimentari sono alle stelle, il tessuto sociale è minacciato. Cresce anche l’incertezza politica: l’euforia della ‘fine della storia’ si è spenta, il liberalismo e la democrazia sono messi fondamentalmente in discussione in alcuni luoghi.
Quali saranno le conseguenze a lungo termine di questa svolta? La democrazia, il progresso sociale, l’architettura della sicurezza globale: tutto sembra essere in gioco. L’unità dell’Occidente comincia a mostrare delle crepe. Anche il Sud globale è interessato: lo squilibrio di potere politico ed economico minaccia nuovi flussi migratori, carestie e disordini. Anche le conseguenze del cambiamento climatico colpiscono maggiormente le persone più povere. Abbiamo bisogno di nuovi pensieri e nuove idee per essere in grado di affrontare le sfide globali anche dal punto di vista tecnologico”.