L’impatto della guerra sul mondo dell’arte e il ruolo degli artisti oggi in Ucraina
di Laura Ragone
Immagine di copertina: Volodymyr Kuznetsov, Seizure of the cabinet of ministers, 2022.
Il 14 marzo scorso l’Auditorium del Goethe-Institut di Roma ha ospitato un incontro dedicato all’arte contemporanea ucraina, dal titolo Radically different society: Ukrainian art in the light of revolution, in the shadow of war.
Il titolo Radically different society, è mutuato dal film-documentario Landslide (2016) del regista ucraino Oleksiy Radynski, che descrive le vicende di una comunità di artisti, musicisti, graffitari di Kyïv che si è costituita “intorno a un luogo molto particolare nel centro di Kiev, noto come Khashchi, parola che può essere tradotta come boschetto urbano”. Guarda il documentario qui (durata 28’21, con sottotitoli in inglese).
L’evento Una società radicalmente diversa è stato organizzato dal Goethe-Institut con la collaborazione dell’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania a Roma e della media company Inside Art (e con la Biblioteca Hertziana e l’Istituto Svizzero). L’incontro si è aperto con un intervento della curatrice e ricercatrice di studi visuali ucraina Lesia Kulchynska, cui è seguito un dialogo con Gioia Dal Molin, responsabile artistica dell’Istituto Svizzero di Roma, sul ruolo dell’arte e della cultura in contesti di guerra. A moderare il dibattito Guido Talarico, editore della rivista Inside Art. Da segnalare che la serata si sarebbe dovuta concludere con la performance Painting on Nails, di Borys Kashapov, che però non ha avuto luogo perché ragioni di salute hanno impedito all’ultimo all’artista di partecipare. Della performance non-avvenuta rimane l’annuncio riassunto in questa foto:
“Painting on nails” | Foto: © Severina Venckutė, fonte.
Dalla scheda di presentazione di Radically different society: “Dalla rivoluzione arancione del 2004 all’invasione russa dello scorso 24 febbraio la società in Ucraina ha attraversato cambiamenti radicali. Cambiamenti che le artiste e gli artisti di questo Paese hanno cercato di interpretare sperimentando non solo nuove forme di produzione artistica, ma anche nuove forme di lavoro collettivo. Le artiste e gli artisti, racconta la curatrice Lesia Kulchynska «erano consapevoli che i modelli che avevano funzionato per le generazioni precedenti non erano più applicabili e che bisognava inventarne di nuovi radicalmente diversi. Un tratto distintivo dell’arte ucraina di questo periodo è il desiderio di creare non solo opere d’arte, ma di costruire lo stesso tessuto sociale in modo diverso». Ciò che è stato prezioso nell’esperienza della rivoluzione arancione sono state le pratiche. Pratiche di solidarietà, di sostegno reciproco, di azione collettiva e, ultimo ma non meno importante, dell’«attuazione pratica del diritto alla città e ai suoi spazi pubblici come spazi che appartengono ai cittadini e possono fungere da arena della lotta politica».”
Lesia Kulchynska nella sua esposizione si è concentrata in particolare sull’arte ucraina tra il periodo della rivoluzione arancione del 2004 e l’invasione russa di poco più di un anno fa. Il testo del suo intervento, originariamente in inglese, è ora disponibile per intero in traduzione italiana sul sito di Inside Art.
Riferendosi al film-documentario del regista Oleksiy Radynski, Lesia Kulchynska ha tra l’altro spiegato: «La narrazione principale del film riguarda proprio questo: costruire qualcosa. Ciò che costruiscono sono le scale che collegano i biglietti a una delle piazze principali della città e un palco che ricorda un UFO, un oggetto architettonico progettato dall’artista e architetto ucraino Dana Kosmina, che è stato anche l’architetto della piazza ucraina alla Biennale di Venezia di quest’anno. Quello che vediamo in questo filmato è in realtà l’emergere di un nuovo spazio pubblico in città. Questo spazio pubblico è stato creato senza denaro, senza sostegno istituzionale o comunale, solo per il desiderio comune di crearlo. Per me [Lesia Kulchynska] questa storia è una metafora perfetta dell’arte ucraina tra le rivoluzioni e la guerra, che era un tentativo continuo di creare qualcosa, uno spazio comune, dal nulla, affidandosi agli sforzi collettivi».
«Uno dei risultati artistici più brillanti della rivoluzione arancione – ha sottolineato Lesia Kulchynska – è stato l’emergere del gruppo R.E.P. Il titolo è l’abbreviazione di 3 parole in ucraino: Spazio Sperimentale Rivoluzionario (революційний експериментальний простір)». Il gruppo R.E.P. diede vita a una serie di azioni nello spazio pubblico note con il titolo “Intervention”. L’obiettivo era esprimersi e raggiungere il pubblico fuori da gallerie e istituzioni: «La strada era un palcoscenico perfetto che permetteva loro di rivolgersi non al “pubblico degli eventi artistici”, ma ai loro concittadini, una modalità completamente diversa dell’attività artistica». Non per caso il Goethe-Institut ha illustrato sul suo sito l’annuncio dell’incontro con la seguente foto:
La foto si riferisce al video We will R.E.P. You! che documenta un’azione creativa degli artisti del R.E.P. Group a Kyïv nel 2005. L’azione si svolse sul terreno di collisione tra due manifestazioni, una comunista l’altra nazionalista. Gli artisti si misero in scena (e in mezzo) in quanto organizzazione politica indipendente. L’azione portò a un conflitto tra artisti e nazionalisti. Guarda il video qui (durata 11’, con sottotitoli in inglese).
Tra i passaggi chiave della conversazione con Lesia Kulchynska vale la penna di citare il fatto che «Tra la Rivoluzione arancione e la Rivoluzione di Maidan, l’intera gamma di mostre d’arte o specifiche opere d’arte sono state vietate o censurate, e un artista, Olexandr Wolodarsky, è stato addirittura messo in prigione per la sua performance di fronte al Consiglio di Stato dell’Ucraina. Tutti questi casi di censura o di scontro con l’arte hanno una cosa in comune: si sono verificati quando l’arte ha osato andare oltre la sua “zona autonoma” protetta da istituzioni artistiche indipendenti e ha cercato di intervenire in diversi ambiti della vita politica e culturale, entrando nello spazio pubblico urbano o nello spazio di diverse istituzioni controllate dallo Stato».
Un altro momento-cesura è accaduto «subito dopo il Maidan [novembre 2013-febbraio 2014] e il rovesciamento del corrotto presidente filo-russo Yanukovysh e del suo governo, la Russia si è annessa la Crimea e ha iniziato un’invasione nell’Est dell’Ucraina cercando di mantenere la sua influenza in Ucraina con una forza brutale. L’arte emersa dopo il Maidan, quindi, è molto meno ottimista e ambiziosa di quella emersa dopo la Rivoluzione arancione. La zattera di Crimea dell’artista crimeana Maria Kulikovska è una di quelle opere d’arte che per me [Lesia Kulchynska] è diventata un simbolo dello stato d’animo post-maidano. Dopo aver perso la sua casa in Crimea, Maria ha creato la sua Crimea personale, con una zattera di gomma».
Immagine: Maria Kulikovska, Raft CrimeA.
Immagine: Maria Kulikovska, July 23, 2018, Challenges and opportunities following Raft Crimea