Scritti, appunti, schizzi, disegni, tele, acerbità cromatiche e drammi del Novecento
di Giuseppe Caccavale
Immagine di copertina: dipinto intitolato “Donna sotto la lampada” di Józef Czapski ritrovato il 18 settembre 2013 nella soffitta della casa dell’Istituto Letterario, prima del restauro, dettaglio / Sygn. sm00040 / © Instytut Literacki.
Ho conosciuto l’opera di Józef Czapski grazie al poeta polacco Adam Zagajewski: in un suo scritto ne parla come uno dei giusti. Józef Czapski è nato nel 1896 a Praga nella famiglia aristocratica polacca dei Conti Hutten-Czapski. È morto a Maisons-Laffitte, fuori Parigi, nel 1993. Possiamo dire che tutte le ferite del Novecento hanno trovato in lui il testimone di cui il «continuare a vivere» è vivere nella gioia, prendendo a prestito parole di Simone Weil, la cui opera accompagnerà Czapski tutta la vita, insieme a quella di Marcel Proust.
Infanzia vissuta tra Minsk e scuole a San Pietroburgo, scuola d’arte a Cracovia. Poliglotta, per due volte si è trovato incaricato nella ricerca di ufficiali polacchi scomparsi: nella Prima Guerra Mondiale le ricerche si indirizzavano solo a cinque ufficiali, nella Seconda Guerra Mondiale erano migliaia gli ufficiali scomparsi nel nulla, di cui Czapski fu incaricato della ricerca dal generale Wladyslaw Anders.
Negli ultimi tempi in Francia sono usciti ben tre libri su Józef Czapski. Il primo è un suo scritto, pubblicato già nel 1947, sulla ricerca degli ufficiali polacchi, oggi riproposto dalle edizioni Noir sur Blanc, dal titolo Terre Inhumaine (pp. 448, e 23,00). Come ben chiarisce il risvolto di copertina: “Nel 1941, quando la Germania si rivoltò contro l’URSS, decine di migliaia di polacchi – uomini, donne e bambini – furono liberati dai campi di prigionia sovietici e autorizzati a unirsi all’esercito polacco formato nel sud del Paese. Il pittore e ufficiale della riserva Józef Czapski fu uno dei sopravvissuti a questo viaggio assassino. Il generale Anders, comandante in capo dell’esercito in formazione, assegnò a Czapski il compito di accogliere i polacchi arruolati e di indagare sulla scomparsa di migliaia di ufficiali. Bloccato a tutti i livelli dalle autorità sovietiche, Czapski non sapeva che nell’aprile del 1940 gli ufficiali erano stati fucilati nella foresta di Katyń. Il resoconto di Czapski sugli anni successivi alla sua liberazione dal campo, sulla formazione dell’esercito polacco e sul suo viaggio verso l’Asia centrale e il Medio Oriente per combattere sul fronte italiano è una testimonianza fondamentale della sofferenza dei polacchi in URSS. L’autore amalgama ritratti dei suoi compagni, riflessioni filosofiche e racconti dei suoi incontri con grandi figure letterarie, tra cui Anna Akhmatova”.
Il secondo libro, per la stessa casa editrice, è una speciale biografia scritta da Eric Karpeles, dal titolo Jósef Czapski L’art et la vie (pp. 569, e 34,00). In breve, l’incontro tra due artisti: “Józef Czapski (1896-1993) ha vissuto molte vite nei suoi novantasei anni. Fu studente a San Pietroburgo durante la Rivoluzione russa e pittore a Parigi durante i ruggenti anni Venti (…) Czapski non tornò mai in Polonia dopo la guerra. Vivendo nella regione parigina con la sorella e gli intellettuali della rivista polacca «Kultura» lavorò instancabilmente per far conoscere la situazione della sua patria sotto il totalitarismo. Czapski fu un personaggio pubblico di primo piano, ma fu la pittura a dare un senso alla sua vita. Eric Karpeles, anch’egli pittore, rivela la complessità di Czapski, unendo tutti i fili di questa vita straordinaria. Nato nel 1953 nello Stato di New York, Eric Karpeles è pittore, scrittore e traduttore (…) è stato mentre faceva ricerche su Proust che ha scoperto il nome, e poi l’opera, di Józef Czapski, per il quale ha sviluppato una singolare passione. Pubblicato nel 2018 negli Stati Uniti, Almost Nothing – The Art and Life of Joseph Czapski (vedi la video presentazione in inglese di Karpeles) è stato accolto magnificamente dalla critica americana, scatenando un interesse senza precedenti per la figura di Czapski all’estero. Sulla base di questo successo, Eric Karpeles ha appena pubblicato con Thames & Hudson una monografia di dipinti e disegni di Józef Czapski, Apprenticeship of Looking, 2019”. Vedi la video presentazione (durata 1ora 39’) nel dialogo in inglese tra Eric Karpeles e Michael (Lerner TNS Host).
Da segnalare, per inciso, con lo stesso titolo gli scritti sull’arte di Czapski raccolti dallo scrittore e critico letterario Wojciech Karpiński nel 2002 per le Edizioni L’Age d’Homme.
Il terzo libro che voglio segnalare è una collettanea di saggi per Eur’ORBEM Editions del 2021, dal titolo Józef Czapski Itinéraires de verité (pp. 362, e 22,75): una monografia ben illustrata che da una parte segue le testimonianze di Czapski sulle vittime dello stalinismo e dall’altra le sue riflessioni sull’arte e la letteratura.
Le parole che seguono vogliono sensibilizzare l’editoria italiana – che nel 2015 produsse già, per merito di Adelphi, Proust a Grjazovec – dell’urgenza di far conoscere più a fondo la personalità di quest’uomo che ha percorso la sua vita al servizio della verità. Anche perché ci appartiene un po’: ufficiale nell’armata polacca del generale Anders nel 1944 a Monte Cassino, che vince il nemico tedesco, liberando quelle che erano diventate le macerie di un monastero tra i più importanti d’Italia. Tutto ciò prima attraversare nella stessa armata l’Iran, l’Iraq, la Siria, la Palestina, l’Egitto.
Nel 1947 a Roma veniva pubblicato il primo numero di quella che è stata la più importante rivista culturale polacca in Europa: «Kultura». I numeri seguenti saranno tutti pubblicati nella sede di Maisons-Laffitte vicino Parigi, fondata da Jerzy Giedroyc e Gustaw Herling-Grudzinski. Czapski scrive un saggio sul pittore Pierre Bonnard, morto da pochi mesi. Intanto, dal 1942, era impegnato con Na nieludzkiej ziemi (poi tradotto in inglese The Inhuman Land, e in francese Terre Inhumaine), la descrizione precisa della sua ricerca dei cinquemila ufficiali polacchi scomparsi nel nulla in Russia. Professori fra i migliori, medici, intellettuali, professionisti… tutti massacrati. Czapski è uno dei pochissimi non gettato nelle fosse comuni con un colpo alla nuca. Il massacro delle fosse di Katyń) è diventato anche uno dei più strazianti film di Andrej Wajda (guardalo qui): i russi informavano le famiglie degli scomparsi di raggiungerli. La stessa sorte spettava ai familiari, mogli, bambini, genitori. Queste le guerre, questo l’orrore dell’uomo contro l’uomo. Solo negli anni Novanta la Russia ha fatto conoscere ufficialmente gli archivi del massacro, riconoscendo la colpevolezza delle fosse di Katyń).
Czapski ha visto tutto questo. Lui stesso imprigionato per circa due anni nei campi di detenzione di Starobielsk, Pawliszczew Bor, Grjazovec e proprio in questo campo a meno 40 gradi dava conferenze su Proust e l’arte ai suoi compagni di sorte. La fotografia del secolo scorso è quella della conferenza di Jalta in Crimea nel 1945, detta anche degli Argonauti, presenti Iosif Stalin, Franklin Roosevelt, Winston Churchill. Un nuovo totalitarismo sotto forma di spartizione «democratica» prendeva potere.
Józef Czapski è artista, scrittore, saggista, animatore e sostenitore della rivista «Kultura». Dal 1947, con sua sorella, si installa nella casa di Maisons-Laffitte, questo fino alla sua morte. La casa diventa sede della rivista «Kultura» e punto d’incontro degli intellettuali polacchi. Dal suo diario: «Aspetto l’autobus in una strada grigia. La mia gioia di vivere? Questa parola senza dubbio significa: la volontà di vivere, di lavorare, nella solitudine ritrovata, essa si esprime in quello che respiro di nuovo col mio ritmo, di nuovo vedo, respiro dagli occhi». Per le cause che conosciamo per anni aveva smesso di dipingere, il suo più grande desiderio. Vedere il mondo attraverso il proprio lavoro o vedere il lavoro attraverso il mondo? Che meraviglia aver cambiato mondo, che meraviglia vivere in un mondo non più come quello di prima, che meraviglia vivere nel dolore di questo nuovo mondo, dove tutti i valori del mondo di prima si sono vertiginosamente annientati di fronte alla realtà. Che meraviglia grammaticare i suoni di un linguaggio per un’altra realtà. Che meraviglia sapere di non essere più fratelli. Che meraviglia decifrare i germogli di questa realtà e cercare di essere di nuovo fratelli nel mondo cambiato. Per ritrovarsi fratelli occorre amare la vita. Józef Czapski ha amato la vita fino alla fine.
Disegni di Józef Czapski pubblicati su «Kultura», fonte.
Taccuini di Józef Czapski, fonte.
Taccuini di Józef Czapski, fonte.
Nei suoi ultimi anni una degenerazione della vista gli provocò molti problemi, continuò il lavoro, le sue mani guidate dalla vista malferma ci hanno donato luminosità visive: ogni segno su una superficie dipinta è un germe di fratellanza, voler parlare soprattutto nella disperazione, cercando speranza nell’uomo non facendoci mai dimenticare che siamo scolari di fronte alla vita. I colori scelti da Czapski sembrano una liquida escrescenza umorale, calpestata nel cammino dell’esistenza di un destino. Ogni rosso, ogni verde, ogni giallo, ogni acerbità cromatica, un condensato di carne viva. Il drammatico sanguinare degli occhi che hanno visto, portò al nostro sguardo: Czapski squarcia le tele con la lama affilata del dolore fattosi colore. Ha lavorato per i giorni di sempre, i nostri di ora, quella dei nipoti di dopodomani. Nella sua stanza «tutto» di Maisons-Laffitte ha lasciato 268 quaderni della lunghezza di sette metri, la lunghezza di un muro della stanza: la scrittura di questi quaderni ci indica il suo vivere sismografico per rilevare le placche oscure del quotidiano. Torna tutto agli occhi, a quelle due pozzanghere incastonate nel volto. Quei due zerbini che chiedono pietà di ciò che hanno visto e vedono. Vorrebbero guidarci verso altri orizzonti ma non hanno mani per spingerci su altri cammini.
Józef Czapski, Pociąg podmiejski (Train de banlieue), 1967, olej, płótno, zbiory MNK-Muzeum Narodowe w Krakowie.
Ed ecco lo sguardo, ecco gli occhi di Czapski, attraversando per circa un secolo il fango unito al sangue lasciato dai lupi contro l’umanità: quello sguardo e quelle mani possono ora curarci, indicarci altri cammini. Inserendo la nostra sensibilità nelle sue parole, nei suoi tagli di pitture, composizioni che possono indicare ai nostri occhi di riprendere il dialogo civile con le cose. Decifrare da questa testimonianza umana, e portare alla luce i sentimenti calpestati è compito della ragione, di quel sentimento che ci rende tutti simili.
Józef Czapski ci ha donato le sue giornate, scintille di ragione che possiamo inserire nel nostro quotidiano. Il lavoro di Czapski insemina la vitalità del pensiero, l’alba di cui ora abbiamo bisogno.
Józef Czapski. Dzieła z kolekcji prywatnych, Kordegarda. Galeria NCK (Warsaw, Thu 28 April-Sun 5 June 2022), Copyright by Weronika Orkisz.
Giuseppe Caccavale nasce ad Afragola (Napoli) nel 1960, vive e lavora tra Parigi e Bari. Professore di Art Mural Dessin et Poetique des Espaces all’Ecole Nationale Superieure des Arts Decoratifs di Parigi, lasciata l’Italia dopo il percorso accademico, nel corso dei suoi vari spostamenti in Europa apprende e sperimenta tecniche diverse di origine antica, quali l’affresco, la miniatura, l’incisione su vetro, riportando nelle sue opere le suggestioni provenienti dall’incontro con culture diverse, dall’arte fiamminga agli affreschi bizantini. Elemento centrale della sua poetica è la forza del segno, che funziona da trait d’union tra le cosiddette arti “maggiori” e “minori” e permette la traduzione visiva di brani poetici, dando corpo e immagine alle parole. L’artista realizza disegni, opere su vetro ed affreschi su muro. Tutto il suo lavoro è arte del segno sulla materia che nasce da un medesimo gesto: quello della punta sulla superficie. Le opere di Caccavale sono state oggetto di esposizioni personali in Italia presso la Fondazione Querini Stampalia di Venezia e l’Opificio Arte Contemporanea di Benevento e all’estero presso il Musée Grobet-Labadié di Marsiglia e il Vereninging voor het Museum van Hedendaagse Kunst di Gand, oltre ad essere state inserite in diverse mostre collettive. L’artista nel 2015 ha rappresentato l’Italia alla 65ma Biennale di Venezia.
Una prima versione di questo testo è stata pubblicata il 15 gennaio 2023 su “il manifesto” con il titolo Czapski, gli occhi feriti di uno dei giusti.
Due foto scattate da Giuseppe Caccavale nella stanza di Czapski a Maisons-Laffitte, 29 settembre 2021.