Ricordare brevemente come fu
di Paolo Morawski
Immagine di copertina Jacek Malczewski, “Powrót Sybiraka”, 1912, dettaglio, kolekcja prywatna, depozyt w Muzeum im. Jacka Malczewskiego w Radomiu.
Quante volte la Polonia è entrata nell’Unione Europea? Non è una forzatura affermare che la Polonia è definitivamente e saldamente entrata nell’immaginario di tutti gli europei il 16 ottobre 1978 con l’elezione al soglio pontificio del cardinale polacco Karol Wojtyła. Al suo primo affacciarsi al balcone, subito disse in italiano alla piazza gremita davanti alla basilica di San Pietro: “ecco gli eminentissimi cardinali hanno chiamato un nuovo vescovo di Roma. Lo hanno chiamato di un paese lontano… Lontano, ma sempre così vicino per la comunione nella fede e nella tradizione cristiana”. A partire da quel momento, “lontano” divenne sempre più “vicino”. In Polonia Giovanni Paolo II si recò per la prima volta da Papa nel giugno 1979. Assistemmo a bagni di folla stupefacenti (si calcolò un milione di persone in piazza a Varsavia). Immagini forti moltiplicate dai televisori in tutto il mondo.
Il radicarsi della Polonia nelle mappe mentali degli europei si approfondì nuovamente nell’agosto del 1980, quando nei cantieri navali sul Baltico, il movimento di Solidarność capeggiato da un semplice elettricista, Lech Wałęsa, riuscì a tenere testa alle autorità comuniste dell’allora Repubblica popolare di Polonia, nella sfera di dominio del regime sovietico dal 1945. I potenti del Partito e i governanti di Varsavia dovettero arrendersi agli operai scesi in sciopero prima a Danzica (per il licenziamento per motivi politici di un’operaia addetta alle gru, Anna Walentynowicz), poi in tutto il Paese. Chiedevano il riconoscimento dei loro diritti lavorativi e civili (un elenco di 21 “postulati” condivisi da tutte le fabbriche in sciopero), tra cui il diritto a costituire un sindacato libero, indipendente e solidale; e il diritto a professare apertamente la propria fede cristiana. Diritti che ottennero il 31 agosto 1980, grazie anche alle pressioni della Chiesa cattolica, in diretta televisiva con la firma di un accordo – pietra miliare nella storia contemporanea della Polonia – tra governo e scioperanti.
Immagine: quadro di Jacek Malczewski, dettaglio, fonte.
La terza grande ondata di emozione collettiva percorse l’intera Europa (e non solo) il 13 dicembre 1981, quando il generale comunista Wojciech Jaruzelski proclamò lo “stato di guerra” e formò un Consiglio militare di salvezza nazionale. Venne sospeso ogni diritto costituzionale, dichiarato il coprifuoco, migliaia di persone finirono arrestate in una Polonia isolata da se stessa e dal resto del mondo. A Roma Giovanni Paolo II, angosciato, si affacciò alla finestra del suo studio con voce preoccupata: “Gli avvenimenti delle ultime ore mi inducono a chiedere ancora una volta a tutti di pregare per la nostra Patria. Ricordo quello che ho detto a settembre: non può essere versato altro sangue polacco perché già troppo ne è stato versato specialmente durante la Seconda guerra mondiale. Si deve fare tutto il possibile per costruire pacificamente l’avvenire della Patria”. Poi, la sera della vigilia di Natale, accese nella finestra del Palazzo Apostolico una candela in segno di solidarietà e di vicinanza alla Polonia. Il gesto fu ripetuto migliaia di volte alle finestre dei quattro continenti.
Se gli anni 1978-1981 rappresentano uno snodo fondamentale della storia polacco-europea, le relazioni diplomatiche della Varsavia comunista con la Comunità Economica Europea furono per contrasto tardive: risalgono al 1988.
Immagine: Malczewski, Tobiasz i Parski, dettaglio, fonte.
A partire dalla cesura del 1989, tutto però cambia. La prima richiesta formale di adesione alle Comunità europee è presentata nel maggio 1990 dal ministro degli Esteri polacco Krzysztof Skubiszewski. Il 16 dicembre 1991 si istituisce l’Accordo europeo di associazione tra la Repubblica di Polonia e le Comunità europee e i loro Stati membri, accordo entrato in vigore il 1° febbraio 1994 (tre mesi dopo l’entrata in vigore del Trattato sull’Unione Europea). L’effettiva richiesta formale di adesione della Polonia all’UE la consegna il Ministro degli Affari Esteri della Repubblica di Polonia, Andrzej Olechowski, l’8 aprile 1994 ad Atene (la Grecia presiedeva allora l’Unione). La possibilità di adesione per la Polonia (e di quella di altri candidati) viene confermata da tutti gli Stati membri nella conferenza tenutasi a Essen il 9-10 dicembre 1994. Da questo primo ingresso nelle strutture europee si dipana un processo di adesione durato un decennio, con avvio dei negoziati nel 1998.
Alla fine del 2000 la Polonia è riuscita a concludere il recepimento dell’acquis communautaire in 25 delle 30 aree negoziali; per 9 di esse si concordano periodi transitori. Le restanti 5 aree saranno affrontate all’inizio del terzo millennio, con particolare attenzione tra l’altro a temi quali: accesso dei polacchi ai mercati del lavoro europei e sussidi per la produzione agricola. La chiusura dei negoziati è comunicata durante il vertice dell’UE a Copenaghen il 13 dicembre 2002, dove i polacchi “lottarono a lungo e fino all’ultimo minuto” sulle questioni agricole e sul budget per gli investimenti strutturali, con grande irritazione della presidenza danese (che considerava le trattative già terminate) e la contrarietà di altri paesi candidati dell’Europa centrale e orientale che non avevano aderito alla proposta polacca di trattare “insieme”, su posizioni congiunte. Raggiunto infine l’accordo con i polacchi, il Consiglio dell’UE di Copenaghen approva l’adesione di dieci nuovi membri.
Il 16 aprile 2003 ad Atene viene firmata la base giuridica dell’adesione ovvero il Trattato di adesione. A sottoscriverlo a nome della Polonia sono l’allora primo ministro Leszek Miller, il ministro degli Esteri Włodzimierz Cimoszewicz e il ministro degli Affari europei Danuta Hübner, presente anche il presidente della Repubblica Aleksander Kwaśniewski. Per diventare membro a pieno titolo dell’Unione Europea manca ancora qualche passaggio.
Immagine: quadro di Jacek Malczewski, fonte.
Il 7 e 8 giugno 2003 – al termine di una non facile campagna elettorale tormentata dallo spettro dell’astensione e tesa a convincere i più scettici tra i polacchi, tra cui quelli più duramente colpiti dall’urto della grande trasformazione polacca post-1989, il referendum nazionale “sull’adesione della Polonia all’Unione Europea e sulla ratifica del Trattato di Atene”, con un’affluenza alle urne del 58,85% sancisce che la stragrande maggioranza degli elettori polacchi (77,45%) è a favore dell’adesione del proprio Paese all’UE.
Dal 1 maggio 2004 è storia recente, in corso.
Immagine: Jacek Malczewski, Przebudzenie (1920), fonte.